1 luglio 2015

NAVIGLI E DINTORNI. DALLA GEOGRAFIA ALLA SCENOGRAFIA URBANA


Il “discorso” e la comunicazione politica, si sa, divorano e consumano tutto. Se un tema urbano, anche in modo indiretto e traverso vi entra, finisce per esserne metabolizzato secondo i suoi criteri, linguaggi, opportunismi. La conseguenza è che i contenuti (tecnici, culturali, operativi, ecc.) stanno sempre più sullo sfondo mentre “lo specifico” viene caricato di eccessi di ideologismo e relativo uso delle categorie bene / male, nuovo / vecchio, conservatore / innovativo, ecologista / cementificatore. Il conseguente dibattito, rigorosamente in superficie e per sentito dire, viene quindi veicolato e alimentato da una buona dose di surplus di furore.

08monte25FBNon mancano gli esempi che restituiscono questa tendenza, a partire dalle discussioni sulla M4 fino alla vicenda del progetto “Vie d’acqua sud” di Expo di cui conosciamo gli esiti.

A questo proposito, fortunatamente Expo ha aperto i battenti nei tempi previsti e, tra i vari problemi organizzativi emersi a oggi, non sembra esserci quello dello smaltimento delle acque. En passant, non mi risulta che uno solo tra coloro che avevano trattato i cittadini e comitati avversi al progetto, alla stregua di facinorosi black bloc, abbia successivamente fatto ammenda e chiesto scusa.

Tutto questo per raccontare, arrivando al tema principale dell’intervento, quanto sia faticoso spiegare anche ad esempio ai miei amici e alle molte persone con cui condivido significative sintonie dal punto di vista della sensibilità rispetto ai temi della città e della politica, che non sono convinto che l’operazione “apertura dei navigli” sia cosa sensata. Anzi, la considero un episodio di cinico e pericoloso avventurismo; un episodio nato da un eccesso di demagogia che è “scappato di mano” e che rischia di fare danni straordinari.

Lo studio del Politecnico ha dimostrato che il progetto è fattibile. Bene! Anche il Ponte sullo Stretto di Messina lo è. Tutto, o quasi tutto si può fare; basta avere un senso, tanto tempo, una gran quantità di denaro e la capacità di gestire lo stress del sistema urbano. In sintesi 1) uno scenario di riferimento, 2) obiettivi e relativo sistema di priorità, 3) strumenti tecnici, economici e finanziari.

Rispetto ai temi di scenario e contesto non aggiungo altro alle considerazioni dei precedenti interventi di Luca Beltrami Gadola, Fabrizio Bottini e altri. È ovvio che le perturbazioni sullo spazio urbano derivanti dalla realizzazione del progetto hanno un tale impatto che non possono non essere relazionate a un disegno e una strategia urbana e metropolitana di nuovo conio rispetto all’oggi.

Un’ulteriore considerazione. Nel corso della plurisecolare vita dei navigli, il ruolo dell’acqua ha generato e condizionato economie e modi di produzione, rapporti di proprietà, organizzazione degli insediamenti, riti e identità comunitarie; in poche parole ha determinato il paesaggio che abbiamo ereditato. Vedere questo ruolo banalizzato a mero aspetto di “scenografia urbana” con la conseguente di ri-semantizzazione a supporto di funzioni “di consumo”, rappresenta uno scivolamento preoccupante rispetto al modo in cui la cultura contemporanea approccia il tema della città e del paesaggio storico.

Le reazione da parte dell’Amministrazione comunale fino a ora sono state quelle di una presa d’atto degli esiti dello studio del Politecnico. Come dire: abbiamo un’opzione, valuteremo il da farsi nel contesto delle linee generali e delle politiche di mandato. Approccio condivisibile e corretto che spero abbia un seguito anche dal punto di vista degli approfondimenti tecnici, considerando alcune questioni che nello studio di fattibilità rappresentano domande inevase.

Alcune tra queste rappresentano delle vere e proprie milestone in merito all’esito. La più importante è la questione realizzativa. È stato completamente inevaso il processo di cantierizzazione che costituisce, in questo caso, “il tema” per eccellenza dello studio di fattibilità. Operare in un contesto che è il cuore di un sistema urbano denso e complesso, con uno scavo a cielo aperto che occupa alcune delle linee di forza del traffico, senza porsi il problema di come gestirne gli effetti e la fase transitoria, costituisce un errore grave e pone un pesante pregiudizio rispetto agli esiti. Si pensi ad esempio agli enormi impatti sulla densità di servizi, attività economiche, funzioni rilevanti che rischiano di essere compromesse. Grave l’omissione della verifica della possibilità di gestire, minimizzare e pianificare il disagio.

Ad esempio, quanto incideranno sulla mobilità urbana le migliaia di transiti di mezzi pesanti che dovranno smaltire le terre da scavo e approvvigionare i cantieri e che dovranno utilizzare itinerari la cui capacità sarà ridotta dalla presenza degli stessi scavi? Quanto peserà in termini di tempi e di costi la questione della risoluzione delle migliaia di interferenze relative ai sottoservizi presenti nel sottosuolo?

A incrementare le incertezze dal punto di vista dei tempi e dei costi di realizzazione c’è da considerare il fatto che le sabbie, le ghiaie e gli altri materiali utilizzati per il riempimento dei navigli saranno con grande probabilità contaminati in relazione ai processi attivati dalle acque inquinate del Seveso che già a partire dagli anni ’50 avevano ammalorato le strutture di copertura. Di conseguenza gran parte di questi materiali sarà da processare e bonificare come “rifiuto”.

In merito agli aspetti “di esercizio” del sistema dei navigli, una volta recuperato, i temi irrisolti riguardano fondamentalmente:

* Mobilità e trasporto pubblico che per stessa ammissione degli estensori non individua la ricollocazione di itinerari e linee importanti,rimandata a successivi approfondimenti, elevando gli aspetti di incertezza del progetto.

* Viabilità: analogamente, anche per la viabilità l’impostazione sembra debole e irrisolta. Si parte da simulazione effettuate nel 2004 confrontate successivamente con gli scenari del PUMS. Di fatto non c’è una trattazione organica del tema, soprattutto riferibile ad eventuali scenari urbani di tipo diverso dall’oggi (intesi con prospettiva generale). I mutamenti della circolazione e i relativi livelli di accessibilità non danno una risposta rispetto alla cancellazione di quelle che ancora oggi costituiscono itinerari con grandi pressioni del traffico come Melchiorre Gioia e la Cerchia interna. C’è ancora tanto da verificare.

* Navigazione: già nella relazione del P.R.G. di Beruto veniva citato il declino del trasporto e del barcheggio rispetto al sistema dei navigli. Oggi se ne propone il ripristino. La navigazione sui navigli è un esercizio molto costoso e a meno di non creare la solita società di gestione che verrà chiusa dopo qualche anno per l’insostenibilità economica dell’iniziativa, sarebbe opportuno ragionare preventivamente su alcune questioni: questi battelli chi dovrebbero trasportare? Per andare dove e con quale frequenza? Rispetto a quali itinerari e fruizioni? Chi si farà carico dei costi di gestione delle conche? Questo lo Studio non ce lo dice.

Va da sé che questi aspetti irrisolti pongano una seria ipoteca sulla stessa affidabilità della stima dei costi che manca di alcune voci fondamentali e che questo punto rischia di crescere in modo incontrollato. Tra queste, oltre agli aspetti della realizzazione, della gestione della navigazione, dell’approvvigionamento delle acque, è opportuno evidenziare il “conto negativo” sulle attività che saranno compromesse nella fase del cantiere.

Personalmente ribadisco la necessità e la priorità di intervenire sui Navigli oggi ancora in uso, utilizzando in modo virtuoso i vantaggi del recente ripristino della Darsena. Senza demagogia e a proposito di scelte coraggiose, mi piacerebbe che la futura amministrazione dedicasse energie e risorse agli ampi e desertificati paesaggi di molte periferie milanesi laddove degrado urbanistico edilizio e disagio sociale sono concentrati a livelli ormai incontrollabili e insostenibili.

 

Michele Monte

 

 



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