1 luglio 2015

la posta dei lettori_01.07.2015


Scrive Gianluca Bozzia a proposito di partecipazione – Cristina Tajani dice, dopo quattro anni, che partecipazione significa partecipazione, cioè prendere parte a elaborare, implementare e condurre le politiche secondo una politica condivisa. Forse in questi anni è stato più “ora ascolto e poi io medio, io conduco e io implemento a modo mio e ogni tanto racconto una storia piacevole a chi mi ha fatto la campagna elettorale e votato”?

Concordo con Patrizia Ciardello: narrare la partecipazione è un’azione di marketing, mentre gestire la partecipazione con la stessa fame che si ha quando si cercano i voti sarebbe il difficile passaggio che questi cittadini milanesi eletti (i consiglieri e gli assessori, nelle Zone e in Comune) non hanno ancora saputo fare, anche perché non ci si sono messi. E hanno perso la credibilità perché iniziare a farlo in questi mesi, in vista delle prossime elezioni di maggio 2016, è per loro l’unica strada possibile, ma non necessariamente ben voluta e ben vista da chi per oltre quattro anni questa partecipazione reale non l’ha proprio vista. Ho ricevuto chiamate a casa ad oltranza, sotto elezioni, come per conquistare una fidanzata, e poi, dopo le elezioni, lunghi, romantici, struggenti silenzi semestrali.

 

Scrive Franco Morganti a proposito della riapertura dei Navigli – Sono fra i promotori del referendum per la riapertura parziale dei Navigli, così come lo ero stato per la precedente versione. Dopo la stroncatura di Luca Beltrami Gadola la settimana scorsa (gli arzilli vecchietti), ho pensato che Giorgio Goggi ci desse stavolta dei rimbambiti. Non è così e glie ne sono grato. Vedo che anche lui potrebbe figurare fra i promotori. Il senso dell’operazione, discutibile sotto il profilo tecnico-economico, risponde però a un’altra esigenza, che da arzilli vecchietti non ancora rimbambiti vorremmo sottolineare. Milano non ha bisogno soltanto di incrementi inerziali, ha bisogno di un cambio di passo. Deve cambiar veste e riacquistare una fisionomia perduta a scapito delle auto private che la soffocano. Parigi ha cambiato veste nell’Ottocento grazie a Haussmann. Forse Milano potrebbe prendere spunto da Lione, che ha cambiato più recentemente. La parziale riapertura dei Navigli la aiuterebbe a forzare la caccia all’auto privata e a spingere al movimento pedestre e ciclistico, liberandoci i polmoni dai miasmi attuali.

 

Scrive Beppe Merlo a proposito della riapertura dei Navigli – Innanzitutto fa piacere che chi voleva fare della Darsena un parcheggio, oggi voglia scoperchiare la cerchia dei Navigli per reintrodurre i canali, evidenzia che per cambiare idee vi è sempre tempo. Debbo ritenere che oltre alla suggestione o alla eventuale speculazione di stampo pre elettorale simulare il ROI di una simile operazione non può che lasciare perplessi, soprattutto perché la stima dei costi, per prassi non trova mai riscontro con il consuntivo, anzi.

Credo che questa come altre iniziative per la Milano di oggi è quella di domani, possano o debbano far parte del l’agenda della Milano del futuro, e che l’elenco delle priorità cui destinare le risorse, non possa che derivare da un percorso di condivisione della realtà economico e sociale di Milano.

Vi è una trasparenza di critiche, tipiche della professione nonché dell’essere un ex amministratore, ma la città in questi ultimi anni, escluse alcune periferie, è diventata più vivibile, giovani in bicicletta socializzano in alcune piazze, la Darsena è un appendice che piace ai milanesi e alla folla che ha trasformato i Navigli in un polo di attrazione che travalica i confini. Parcheggi tollerati? L’ augurio è che diventino tante biciclette o che si arrivi con il trasporto collettivo, perché per fortuna i parcheggi non ci sono e l’accessibilità tutt’altro che complicata.

 

Scrive Roberto Limena a proposito della riapertura dei Navigli – Da cittadino milanese di 72 anni, ho vissuto il declino della città degli ultimi decenni, da quando è sparita la borghesia milanese illuminata che ha innovato e reso grande la nostra cara Milano. Non posso quindi che condividere pienamente l’articolo di Giorgio Goggi del 23 giugno. Milano ha proprio bisogno di ritornare la capitale morale d’Italia e di ritrovare le spinte innovative che l’hanno resa una grande e moderna città. La modernità passa anche attraverso un corretto ritorno alla fruizione degli spazi della città, come altre grandi metropoli c’insegnano (vedi Berlino, Londra, Madrid, Parigi per esempio). Ci sono anche tante piccole cose che possono rendere la vita più gradevole ai cittadini milanesi, oltre alla manutenzione dell’esistente, ora del tutto trascurata. Per esempio. dei vespasiani moderni e puliti, di cui la città è completamente priva. Delle zone d’ombra e di riparo dalla pioggia, con panchine, tipo gazebo, in zone che oggi sono veramente desolate per chi voglia camminare e godere la città. E – soprattutto – una lotta senza quartiere ai vandali incivili, che distruggono quel poco arredo urbano esistente.

 

Scrive. Walter Monici a proposito della riapertura dei Navigli – D’accordo con Goggi. Le granitiche certezze non mi appartengono ma il titolo a una mia precedente risposta era fuorviante. Sono favorevole a riaprire i Navigli come dice Giorgio Goggi a patto che: Non si faccia un referendum che obblighi alla vendite di aziende pubbliche. Siano prima abbassate al minimo le tasse comunali. Siano restaurate le vedute e le piazze storiche di Milano da tutte le costruzioni che le deturpano: parco Sempione dal Burri, via Croce Rossa dal Pertini, Piazza Cadorna dalla Aulenti, piazza S. Babila dai gazebi, piazza Amendola dai tubi gialli, piazza Piemonte dall’edificio delle scale, la Darsena dal mercato e molto altro. Siano abbattuti i 10 peggiori edifici moderni di Milano valutati da un sondaggio pubblico. Sia ripristinata la commissione di ornato. Dirò di più: Se la regione dovesse finanziare come sembra l’opera, inizierei subito.



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