24 giugno 2015

RIAPRIRE I NAVIGLI: VECCHIAIA SAGGIA O RIMBAMBITA?


Quand’ero giovane pensavo che fosse inutile riaprire i Navigli perché il paesaggio che li circondava, quando erano aperti, ora non c’è più. Oggi che sono vecchio, e ho visto la città trasformarsi continuamente, la penso diversamente: è utile riaprire i Navigli perché intorno a essi si formi nuovo e migliore paesaggio per la Milano di domani. Lascio ai lettori decidere se questa mia è la vecchiaia che rende saggi o quella che rende rimbambiti.

03goggi24FBDalle righe dell’editoriale della settimana scorsa mi sembra traspaia il concetto pessimistico di una città statica, in gran parte irreparabilmente rovinata, che è possibile solo “rammendare”. Ove ogni volontà di cambiare il paesaggio diventa un guardare indietro e dove ai guasti del “tardo modernismo/futurista” non si può più porre rimedio. Madrid ha riaperto il Manzanarre e Tokio sta riaprendo i suoi canali, ma a noi non importa come va il mondo. Saranno anche quelli casi di senilità o di vista lunga?

È la stessa concezione che sta negando a Milano gli strumenti per evolversi nel futuro come grande area urbana moderna e sostenibile (espungendo dal PUMS rami di metropolitana già incardinati al CIPE, confinando nel dimenticatoio il secondo passante, spendendo retorica per una Darsena “restituita” alla città senza l’accessibilità consentita dai parcheggi e istituzionalizzando di fatto lo scandalo della sosta serale e notturna irregolare). Ma la città è un organismo in continuo mutamento: va progettata – con la necessaria visione – trasformata e ricostruita incessantemente, se la si vuol mantenere viva. È questo l’unico modo per “preservarla”.

Veniamo alla democrazia: la si misura sul fatto che interventi di miglioramento si facciano in centro piuttosto che altrove, o sul fatto che la più grande quantità di cittadini di ogni classe possa godere anche del centro? È più democratico enfatizzare le biciclette, che interessano tanto chi sta in centro (tagliando fuori i cittadini della città metropolitana che non pendolano a distanza ciclabile – si sa che oggi sono i meno abbienti che vanno in auto) o organizzare ferrovie e metropolitane in modo che da tutta la Lombardia si abbia facile ed economico accesso al centro di Milano?

Eliminare la funzione di circonvallazione della cerchia dei Navigli (un’inaccettabile situazione antistorica che porta il suo carico di congestione nell’area più delicata di Milano) vuol dire aumentare l’accessibilità con i mezzi pubblici, ferrovie e metropolitane (la M4 ha anche questa precisa funzione: scambia con il Passante e distribuisce lungo i Navigli), a piedi e in bicicletta, per una massa di cittadini ben più grande e non necessariamente abbiente come chi risiede in Milano. Inoltre, questo conferirà al centro di Milano una qualità ambientale nuova, degna del suo livello artistico e culturale, anche se l’edificato intorno ai canali non cambierà a breve termine.

Tuttavia, pensare alla riapertura della fossa interna come a un intervento o a un problema esclusivamente “milanese” è un errore in cui non dobbiamo cadere. La rete canalizia della Lombardia è lunga 150 chilometri. Con la riapertura della fossa interna tornerebbe a essere di nuovo tutta connessa e percorribile (con minori aggiustamenti in alcuni punti ove la navigazione è impedita – come certi ponti a raso – e con gl’interventi più importanti già previsti dalla Regione). Non lo sarebbe certo per il trasporto merci, come un tempo, ma per la navigazione da diporto e per l’uso turistico delle alzaie, certamente. La Darsena tornerebbe ad essere il vero porto di Milano e non solo un bacino ornamentale.

Tutto questo produce reddito e occupazione, che va ad aggiungersi a quello calcolato dagli economisti che hanno lavorato per lo studio di fattibilità del Politecnico (coordinati dai professori Boscacci e Camagni), ovvero che la riapertura della fossa interna restituirà alla città, in termini di redditi, più del doppio del costo delle opere. Ricordiamoci che la più frequentata pista ciclabile d’Europa, che attira migliaia di turisti, è quella che corre lungo il Danubio in Austria. Soprattutto, cambierà l’immagine di Milano nel mondo: tutti noi sappiamo che oggi la competizione internazionale si fa tra grandi città e che la qualità ambientale è uno dei fattori chiave per competere.

Su una cosa sono d’accordo: oggi sono assolutamente contrario ad un altro referendum, perché i grandi mutamenti nella città devono maturare conquistando il consenso dei più nel dibattito, e in questo l’editoriale di ArcipelagoMilano ci aiuta. Non escludo che, in futuro, se ne possa indire un altro, ma solo dopo che tutti siano stati ampiamente informati e se ne siano dibattuti tutti gli aspetti.

 

Giorgio Goggi



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