24 giugno 2015

QUALE EDUCAZIONE ANTIMAFIA?


Qualsiasi discorso sull’educazione antimafia deve confrontarsi oggi con due questioni fondamentali, il contesto sociale e istituzionale e il ruolo e la tendenziale crisi della scuola come luogo di apprendimento.

Gli insegnanti sanno benissimo che oggi mantenere un livello di qualità dell’insegnamento si scontra da un lato con un crescente disciplinamento burocratico della struttura e dall’altro con un vissuto di separazione dei ragazzi dal tempo della scuola, che non è visto più come collegabile alle altre parti della loro vita; ciò che avviene a scuola non è, infatti, molto spesso, percepito come un’esperienza di senso e della quale a torto sfugge l’interesse e il valore. Nell’immaginario dei ragazzi il tempo della vita è quello senza futuro del sabato sera e dell’evasione dai tempi “costretti” dai doveri, inoltre per un numero crescente di genitori la formazione è subordinata a regole adatte più che altro all’affermazione dei figli e a far loro raggiungere con meno fatica possibile traguardi e successi.

06teri24FBGli insegnanti hanno la sensazione che, se non usano l’arma del registro, rischiano di trovarsi di fronte a disinteresse e “teste vuote” con cui è difficile praticare una educazione creativa. In realtà, come ci suggerisce Massimo Recalcati nel suo ultimo libro “Un’ora di lezione“, ciò che sembra appartenere ai “vuoti “della mente sono invece tensioni e conflitti non risolti, insicurezze e fragilità miste a superficiali deliri di onnipotenza, stereotipi e appiattimenti passivi al sistema di informazione web; il silenzio e l’indifferenza apparente dei ragazzi è frutto di contenuti non “pensati” e “ricevuti”, come ad esempio l’idea che “non si possa far niente per cambiare”, “la svalorizzazione dell’opinone pubblica”, “l’inutilità della parola e dell’interessarsi, perché tanto non contiamo niente” e altre convinzioni radicatissime come “l’utilità del farsi gli affari propri”, la persecuzione del proprio interesse a ogni costo, la scorciatoia per faticare di meno, … .

Riguardo al contesto culturale e sociale con il quale ci confrontiamo nel definire il ruolo dell’educazione antimafia c’è da ricordare la sostanziale rimozione culturale dalla “grande Storia e dalla grande Letteratura” delle origini delle mafie e del suo indissolubile legame con il sistema della corruzione. Sottovalutando il fenomeno, le aziende del nord per decenni non hanno esitato a fare affari e prendere appalti al sud. Grazie a queste disattenzioni costruite ad arte, le mafie hanno potuto estendersi e radicarsi in tutta Italia e nel nord Italia. Nella seconda repubblica, in particolare, si è fatta strada una nuova schiera di politici, animati da uno spirito predatorio e cinico, il cui scopo fondamentale è quello di impossessarsi di risorse pubbliche per ridurle a interessi e speculazioni private. Si tratta di colletti bianchi che fin dall’inizio si associano per conquistare il seggio politico, il controllo di un assessorato o di un ufficio tecnico.

La Lombardia è la regione che è al quarto posto per gli immobili e al terzo posto per le aziende confiscate alla mafia. Si tratta di un processo di vera e propria colonizzazione che non punta solo a guadagni facili e illeciti, ma anche a “clonare” i contesti ambientali tramite l’illegalità diffusa, la corruzione, le relazioni e i legami di interessi che sostituiscono le regole dello stato. La vera forza delle mafie è questa capacità di relazioni esterne, quella che chiamiamo “zona grigia”. Ciò richiama l’importanza e il senso generale del nostro educare. La riflessione che l’associazione Libera a livello nazionale, la Scuola di formazione politica Antonino Caponnetto e il Coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la cittadinanza attiva a Milano stanno conducendo porta a precise indicazioni e pratiche future che qui vorrei indicare brevemente, riservandomi di riprendere il discorso in ulteriori occasioni:

– l’educazione antimafia e contro la corruzione deve rifiutare di essere collocata nelle “educazioni” extracurriculari affidate ai buoni propositi di insegnanti che “fanno strappi ai programmi”; essa deve collocarsi formalmente e ufficialmente nei contenuti obbligatori dei programmi e rappresentare l’orizzonte formativo e deontologico degli insegnamenti e delle professioni;

– i valori e i principi della Costituzione devono essere la guida per un’attenzione e un’informazione che colloca il suo nucleo fondamentale nella partecipazione attiva, nella trasparenza di istituzioni che operino per il bene comune e la giustizia sociale;

– il contesto della scuola deve diventare il luogo dove si educa a praticare la cittadinanza, nel conflitto, nella condivisione, nella gestione della relazione educativa e istituzionale;

– l’educazione alle regole è educazione in primo luogo a scegliere e prendere parte, a assumersi la responsabilità di condividere percorsi di cittadinanza; di questa educazione fa parte l’alto valore dell’eguaglianza di fronte alla legge al di sopra di tutti i particolarismi e l’invito alla disobbedienza di Don Milani.

In questa direzione l’educazione antimafia può sviluppare a pieno il suo storico contributo a una scuola del tempo del pensare e della qualità, attraverso:

– la pregnanza del valore delle testimonianze e la contemporaneità degli avvenimenti che propone;

– la centralità del raccontare e del promuovere la sollecitazione a diventare tutti narratori;

– il ridare senso e significato a una “parola” che deve portare a pensare e agire consapevolmente;

– l’attenzione a un sapere significativo, profondo che crea interrogativi e ricerca didattica e che costruisce soggettività e superamento di ciò che Kant chiamava superamento dello stato di minorità dell’uomo.

 

Giuseppe Teri

 

Coordinamento delle scuole milanesi per la legalità e la cittadinanza attiva

Libera formazione



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti