24 giugno 2015

ADOLESCENTI: RACCOGLIAMO LA SFIDA DEL LORO COCCIUTO OTTIMISMO


Oggi a Milano (Palazzo Marino, Sala Alessi ore 17,00), nell’ambito del convegno “La professione delle donne, immaginata e reale:un confronto intergenerazionale“, organizzato da MOPI Italia, saranno presentati i primi risultati dell’indagine “Generi a confronto nell’oggi sociale” – realizzata dalla associazione Laboratorio Adolescenza e dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza su un campione di 800 studenti frequentanti il triennio di licei e istituti tecnici cittadini.

In particolare una sezione dell’indagine – realizzata in collaborazione con MOPI Italia – ha riguardato due importanti scenari quali la famiglia e il lavoro e ha fatto emergere risultati che offrono interessanti spunti di riflessione. Riferendoci inizialmente alle risposte del solo campione femminile, troviamo un progetto di famiglia che nel 74% dei casi prevede certamente un figlio (che nel 50% dei casi le ragazze contano di avere tra i 25 e i 30 anni), la cui nascita nel 57% dei casi le porterà, secondo i loro progetti, a ridurre il lavoro, chiedere il part-time o, se le condizioni economiche familiari lo consentiranno, a lasciarlo del tutto.

08tucci24FBNaturalmente il ménage familiare secondo il 45% delle intervistate sarà equamente gestito con il partner mentre, se proprio uno sbilanciamento dovrà esserci, sarà del tutto svincolato dall’appartenenza di genere, ma regolato – secondo il 42,8% – dall’aurea regola del “fa di più chi ha più tempo”. Il restante 12% divide le risposte equamente tra chi pensa che sarà comunque prevalentemente in capo alla donna e chi pensa che sarà in gran parte gestito da nonni, colf
e baby sitter.

E per quanto riguarda il lavoro, se da un lato le ragazze intervistate affermano in larga maggioranza (76,7%) che in Italia la parità di trattamento e opportunità tra uomini e donne sia molto più formale che sostanziale – pensando al loro futuro contano di avere un lavoro che soddisfi essenzialmente le proprie passioni e i propri interessi (54,6%), e che le porti a viaggiare e conoscere gente (14%). Solo residuale la percentuale di chi considera elemento essenziale per il lavoro un buona retribuzione (11,8%) o la sicurezza di non perderlo (7,3%).

Per una brillante carriera – il cui apice lo prevedono tra i 30 e i 35 (in perfetto accordo temporale con la gravidanza).- sarebbero disposte a cambiare lavoro (72%), o a trasferirsi anche all’estero (85,2%). Il 90% non crede che il lavoro sia più importante per un uomo che per una donna e circa la metà preferirebbe lavorare “in proprio”. Tutto ciò continuando ad affermare nettamente (93%) che viene sempre prima la famiglia e poi il lavoro e che il “successo” nella vita non è determinato da potere, ricchezza e carriera, ma è essenzialmente identificato dal riuscire a trovare un buon equilibrio tra vita professionale e vita personale (76%).

In definitiva una visione prospettica straordinariamente ottimistica e “politicamente corretta” che – presa a sé stante – farebbe completamente ricredere sulla tanto discussa sfiducia nel futuro da parte degli adolescenti di oggi. E anche il campione maschile (che in alcune risposte dimostra comunque una maggiore realpolitik) non si discosta significativamente da questo quadro idilliaco di parità di genere sia a casa (il 42% vede i lavori domestici equamente divisi col partner e il 40% in carico a chi ha più tempo a disposizione) che sul lavoro (il 78% NON ritiene che la carriera lavorativa sia più importante per un uomo che per una donna e anche i maschi pensano, in prevalenza, che il lavoro debba soddisfare essenzialmente i propri interessi – 48% – piuttosto che garantire buona retribuzione – 20% – e sicurezza – 6%). E ancora, futuri padri amorevoli, pensano in significativa percentuale (45,8%) che la nascita di un figlio li indurrà a ridurre più o meno significativamente il proprio impegno lavorativo per essere più vicini al bebè.

Quando a una bambina o a un bambino di 3 o 4 anni si chiede “cosa vuoi fare da grande?” non ci stupisce se ci rispondono la regina o il re. Già ci preoccupa un po’ di più – in termini di senso della realtà – se a 14 anni (come registriamo nelle nostre indagini annuali nelle scuole medie) oltre il 20% dei maschi conta di diventare un campione sportivo e oltre il 15% delle femmine una modella o, in subordinata, una stilista.

Mi sono chiesto, leggendo i risultati dell’indagine, cosa sia ragionevole pensare di questi tardo-adolescenti così fiduciosi. Ai quali – per raggiungere gli obiettivi che si prefiggono – toccherebbe operare in pochissimi anni una vera e propria rivoluzione culturale (e forse non solo) mettendo effettivamente in pratica ciò che noi vanamente teorizziamo da anni.

In pochissimi anni, perché nelle famiglie di provenienza del campione di studenti intervistati le cose vanno ancora in modo molto diverso, con le incombenze domestiche, ad esempio, essenzialmente a carico della madre (65%) e la equa suddivisione ridotta al 10%. E le giovani professioniste, intervistate nell’ambito di una indagine parallela condotta dal MOPI, descrivono una realtà lavorativa molto più discriminante dal punto di vista sessista (posizioni dirigenziali 70% uomini 30% donne; apice della carriera ipotizzato o raggiunto tra i 35 e i 55 anni) e una conciliazione fra famiglia, maternità e carriera molto meno facile di quella ipotizzata dalle adolescenti (meno del 50% ha un figlio e il primo figlio arriva ben oltre gli ottimali 25-30 anni).

Ciò posto, cosa rispondiamo a questi irriducibili idealisti ai quali, nonostante tutti gli “sforzi” che abbiamo fatto in questi decenni terribili non siamo riusciti a togliere la voglia di credere in un futuro migliore, in una società meno discriminante? Sorridiamo loro con tenerezza come faremmo con la futura regina di tre anni? Spero di no. Spero che riusciremo, per il tempo che ci resta e per le responsabilità che ciascuno di noi ha “nell’oggi sociale” a dare qualche segnale di ravvedimento collettivo. “Primum non nocere“. La nostra generazione ha nuociuto già abbastanza a chi dovrà anagraficamente sostituirci; a questo punto raccogliamo la sfida del loro cocciuto ottimismo e cerchiamo di lasciare loro una società meno a brandelli.

 

Maurizio Tucci

Presidente Laboratorio Adolescenza

 



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