24 giugno 2015

la posta dei lettori_24.06.2015


Scrive Valeria Corbella a favore della riapertura dei Navigli – Gentile e stimato Direttore, sono cittadina qualunque, ma attenta al sentire della città. E vorrei dire qualcosa che forse nel suo pragmatismo razionalista le sfugge. Milano ha una tremenda nostalgia dell’acqua perduta. Tutte le capitali piccole o grandi sono aiutate a vivere dall’acqua, tranne la nostra che chiudendo i suoi canali ha perduto l’anima. Si è mai chiesto perché dal bar di Affori a quello di Brera così in tanti espongono le malinconiche “vedute navigliesche del secolo scorso”? Come mai tra gli oscuri referendum del 2011, negletti e osteggiati dalla politica, tra i più votati c’era proprio questo?

È stato a passeggiare in quel luogo -architettonicamente mediocre- che è la nuova Darsena? Io non ho mai visto un uso così massiccio e soddisfatto di uno spazio pubblico. È perché è tornata l’acqua. È perché puoi dimenticarti una giornata faticosa socchiudendo gli occhi, coi piedi a penzolo sulle papere e sulle ondine. I milanesi che hanno subìto e causato ben più di un “sacco”, evidentemente oggi sono avidi di un bello che stentano a trovare e lo riconoscono nel fluire dell’acqua. Dentro città l’acqua porta energia, toglie lo stress, l’acqua ci manca da morire. Lei sa meglio di me che Milano rappresenta nella mappa dell’acqua di Lombardia una strozzatura, un nodo, un tombino chiuso.

Con soli otto km di canali e una cifra contenuta (e i ritorni ci sono, ho letto) si potrebbe ricollegare una rete idrica meravigliosamente vasta, anche solo simbolicamente. Il progetto è moderno e ben fatto pare, tiene in considerazione tutti i temi, dalla mobilità ai servizi. E non si tratta di una ricostruzione fanè o biecamente nostalgica, con ponti e lavandaie “finto vecchio”.Questo progetto sì che sarebbe un super rammendo sociale dalla Martesana al Ticino, passando per il centro della città, davvero riunificante in spirito e materia. Anche i cantieri avrebbero un senso: i bisnonni hanno guardato interrare i canali, i pronipoti li guarderanno riaprire Dobbiamo rassegnarci a subire – perché “consolidati e metabolizzati” – solo i cantieri dei padroni della città, la tirannia omnipervasiva delle auto, le speculazioni private sui beni comuni (come l’imminente spartizione degli ex scali ferroviari o dei terreni ex militari, di cui nessuno dice)?

Quanto alla sua visione di un centro città roccaforte di riccastri che si scavano il fossato difensivo: Veramente io dentro la prima cerchia più che sedi di banche e uffici frequentati da cittadini periferici non vedo. Se poi vi risiedono le famiglie altolocate meno male, sono loro i custodi del bello che è poi fruito dagli occhi di tutti noi. I centri storici come scrigni preziosi di tutti, vigiliamo che restino di libero accesso, facciamoli pedonali (magari …), impediamo che si chiudano cortili e pàssages. Occasione di passeggio e … sciabordìo per tutti nella storia alta della città, al posto di stare in coda la domenica all’ingresso del Fiordaliso.

A me pare che qui lei cada addirittura nell’Errore Ideologico: allertandoci su un pericolo (il creare confini territoriali di classe), lei lo sostanzia e lo invera … . Insomma, per me è un coraggioso progetto simbolo, di lunga vita, con radici storiche, concreto e fruibile per tutti, dal costo contenuto, di cui abbiamo davvero bisogno. Un po’ come Expo … no?

 

Scrive Marco Vitale contrario alla riapertura dei Navigli – Caro direttore, sottoscrivo totalmente il tuo giudizio sulla ipotesi di riapertura della fossa interna dei Navigli “è un’idea vecchia, assolutamente sbagliata, disallineata rispetto ai problemi milanesi, il relativo referendum è ipocrita e per finire è un’idea classista”. Meglio non si poteva dire. È demoralizzante doversi sempre battere contro queste autentiche follie.

 

Scrive Walter Monici contrario alla riapertura dei Navigli – Caro Direttore, sostanzialmente d’accordo con l’inopportunità di riaprire i Navigli senza una considerazione sui costi e sulle priorità. E sulla incongruenza rispetto al panorama attuale. A maggior ragione vendendo i gioielli di famiglia come propongono i referendum. Forse, se una amministrazione sparagnina, dopo aver ridotto al minimo le tasse sugli immobili si ritrovasse a fine anno con qualche decina di milioni che avanzano, bene, forse solo a quel punto, si potrebbe ipotizzare di riaprire le due conche superstiti e il tratto fino alla chiesa di San Marco, e collegandole con un tubo sotterraneo si avrebbe un piccolo scolmatore delle piene. Oltre che un ambiente quasi simile ai quadri dell’ottocento se non fosse per la sagoma del grattacielo Unicredit sullo sfondo.

Peccato che gli architetti abbiano dimenticato nei rendering di mettere una curva sotto i ponti e di rialzarli un poco. Quei ponti a raso sono veramente brutti e non dialogano con il canale sotto. Ma si sa che la sensibilità degli architetti di regime, e dei cosiddetti archistar è sensibile solo alla valorizzazione del proprio ego smisurato. Ho letto di una cosa che non avrei mai voluto leggere: intendono costruire grattacieli anche a Roma, Tor vergata, e così ci giochiamo 2000 anni di storia e di paesaggio col beneplacito di tutti gli architetti distruttori e sovrintendenti che non proteggono le belle arti che popolano il nostro disastrato paese.

 



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