27 ottobre 2009

MILANO FA SCHIFO? RETORICA E REALTÀ


Nel 1977 è uscito un libro che s’intitolava Milano No. Curato da Gigi Moncalvo, che sarebbe diventato (molti anni dopo) direttore della Padania. Il libro raccoglieva interventi su Milano vari aspetti e vari punti di vista. Avevano una cosa in comune: erano tutti commenti negativi. Questa tendenza – parlare male di Milano – ha una lunga tradizione. Il suo punto più alto era il feroce ritratto di Luciano Bianciardi della città in La Vita Agra. Ma la critica anti-Milano è continuata quasi senza sosta (stranamente con una’aggiunta che faceva diventare il boom come un periodo d’oro, guardando indietro). Milano come centro del terrorismo e gli anni di piombo, Milano come capitale del Craxismo e della corruzione organizzata, Milano come Tangentopoli (la capitale immorale) e poi Milano come centro della moda, come una città di individui e, negli anni Ottanta e Novanta come cuore del progetto Berlusconiano, prima come rivoluzione culturale e poi come progetto politico. Ed è tutto vero.

Per molte ragioni è stato difficile amare questa città negli ultimi anni. La città ha dei problemi strutturali profondissimi che nessuno si è preso la briga di risolvere: il traffico, l’inquinamento, la violenza urbana, la totale mancanza di pianificazione al livello micro e macro, una politica fatta contro gli immigrati che invece di risolvere questioni legate all’integrazione e alla povertà sposta continuamente gruppi di cittadini disperati da campo a campo, una città incapace di mettersi d’accordo sulla costruzione di un luogo di culto per la religione più importante del mondo, l’Islam. E poi è una città dura, difficile, stancante. Tutti sono arrabbiati, sempre, comunque, senza ragione. Sparita la classe operaia, nessun gruppo è stato capace di imporre una politica nell’interesse di tutti. Ognuno fa quello che vuole, e il risultato è una città scontenta e senza spazi pubblici, gestita da anni da un sindaco che la vedeva “come un condominio”. Il simbolo di questa Milano è la zona dei navigli, abbandonati da anni nel tentativo di costruire un delirante parcheggio sotto la darsena.

Ma come con qualsiasi questione storica, la litania Milano fa schifo non ci aiuta a capire la realtà. C’è l’altra faccia della medaglia, le minoranze virtuose, il dinamismo che ha sempre fatto sì che questa città sia sempre stata capace di reinventarsi, time and time again. C’è la Milano del design, molto più interessante e flessibile e molto meno chiusa della Milano della moda (dove i big sono sempre gli stessi, da anni). La settimana del design è un momento dell’anno – magari l’unico momento – nel quale l’Italia è veramente al centro di un mondo d’innovazione e modernità, e la città si apre a tutti. È una settimana in cui i giovani sono i veri protagonisti, ma è solo una settimana all’anno.

Ci sono i progetti nuovi che stanno ri-immaginando il centro di Milano che, anche per quelli che sono contro, sono indubbiamente un tentativo di fare qualcosa di nuovo. C’è l’opportunità dell’EXPO che potrebbe essere sfrutatta, la massicia attività della Fiera, istituzioni di eccellenza internazionale come il Politecnico, la Triennale, La Scala, la casa editrice e i negozi Feltrinelli. E ci sono esempi di spazi pubblici straordinari (anche se fuori città) come il Parco Nord, un fantastico mix di terreni agricoli, paesaggi umani ed ex – industriali, periferie classiche, strade e autostrade, palazzi di una bellezza inaspettata. E poi ci sono, piccoli, ma incoraggianti, segni che ci dicono che non tutto è perduto – il successo di BikeMi, il progetto per le bici gratis in città che sta diventando un vero e proprio caso contro tutte le aspettative, ci dice che non tutti i milanesi sono ossessionati dalle loro macchine, e la possibilità di parcheggiare dove e quando vogliono.

E finalmente sembra (ma sarà vero?) che Milano smetterà di costruire alcuni inutili parcheggi sottoterra che nessuno vuole più. Non basta, quindi, ripetere i vecchi detti – Milano No o Milano fa schifo, Capitale
Immorale, Milano
da
Morire. Sopratutto, è solo retorica, è troppo facile, non ci aiuta a capire questa zona urbana grande e complicata. Bisogna agire dove le cose non vanno, e appoggiare i cambiamenti positivi che sono già in atto. Non tutto è perduto, anche se spesso sembra cosi.

 

John Foot



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