17 giugno 2015

MILANO, IL MUNICIPIO CHE VERRÀ


La lunga saga dei Municipi sta forse arrivando ad una conclusione. Che non sarà, sperabilmente, una conclusione vera. In breve: le modifiche allo Statuto del Comune di Milano sono in dirittura di arrivo; il parere delle Zone è stato dato (per quel che conta) e la discussione in Consiglio è stata messa in calendario. Sarà ovviamente possibile dare un giudizio completo solo dopo l’approvazione finale sia dello Statuto (in discussione) che del nuovo Regolamento, indispensabile per completare il percorso, ma si può già ora provare a fornire una opinione più o meno informata su quanto si sta per realizzare.

05selmi23FBLa proposta che verrà discussa, dovrebbe ormai essere cosa nota, prevede di realizzare (effettivamente) il decentramento trasformando le attuali Zone in Municipi (non cito il modello romano perché oggigiorno non pare di buon auspicio), e ricalca quanto già scritto nel programma della coalizione del 2011 e i temi sui quali si discute ormai da anni. Pur essendo perfettibile, questa versione del decentramento sembra interessante, soprattutto per i risultati e gli sviluppi a cui potrebbe portare. Anche se alcune domande restano.

La prima riguarda l’evoluzione di questo ente in relazione alla Città Metropolitana, che ormai è una realtà. Di fatto, con introduzione di un presidente eletto direttamente dai cittadini e di una giunta nominata dal presidente, e la cessione di deleghe amministrative dotate di bilancio (torneremo dopo sul punto), i Municipi diventano degli enti con potere effettivo, riproponendo in piccolo lo stesso schema istituzionale del Comune.

La domanda che sorge a questo punto (e non solo me, pare) è se esiste una volontà effettiva di superare il Comune; se esiste cioè, almeno in nuce, l’idea che un giorno – complice la Città Metropolitana – i Municipi diverranno Comuni e il Comune solo un ente di rappresentanza? Auspicabile, dal mio punto di vista, ma non certamente condiviso e molto probabilmente neanche voluto.

Se questo non accadesse però, un cittadino milanese avrebbe di fonte a se una lunga linea di enti amministrativi (Regione, Città Metropolitana, Comune, Municipio) con cui interagire in caso di bisogno. Bene forse per la rappresentatività e la democrazia, male certamente per l’onere della burocrazia che i cittadini si sobbarcherebbero. Oltretutto si creerebbe con alta probabilità una sovrapposizione di competenze e volontà politiche che sul lungo periodo inficerebbe l’attività amministrativa

La seconda domanda, o meglio dubbio, riguarda il sistema con cui sarebbero concesse le deleghe amministrative. È sicuramente ottimo il fatto che venga allargato il numero delle deleghe date ai Municipi, deleghe che coprono alcuni temi di certa pertinenza territoriale e che sarebbero sicuramente un ampliamento rispetto a quelle minimali in vigore oggi. In questo caso il nodo sarebbe però quello del bilancio.

Nella proposta – che prevede però richieste di emendamenti migliorativi da parte di alcuni Consigli di Zona – il bilancio concesso ai Municipi per l’esercizio delle deleghe viene assegnato, “con risorse […] coerenti alle funzioni effettivamente attribuite o delegate”, nell’ambito del bilancio comunale (approvato dal Consiglio) includendo anche un meccanismo di premialità rispetto a risultati conseguiti. Non proprio un indicatore di indipendenza dei Municipi.

Senza un bilancio certo diventa più difficile esercitare le deleghe in modo adeguato; meglio, molto meglio, sarebbe stata l’assegnazione di un bilancio certo, magari stabilito su base percentuale fissa rispetto a quello comunale, o tarato sul numero di cittadini residenti. Ecco, diciamo che sembra quasi che si vogliano testare la capacità amministrativa dei Municipi prima di completare il trasferimento di deleghe ed effettiva autonomia amministrativa. O come se non si volesse concederla davvero, questa autonomia.

Non parlerò qui sul tema delle capacità e competenza del personale politico, ma mi permetto solo di notare che non mi pare questa la strada più consona per la responsabilizzazione e la crescita dei Municipi (e del loro personale politico).

Un ulteriore argomento da affrontare – che potrebbe sembrare collaterale ma secondo me non lo è, anche se non direttamente collegato allo Statuto – è poi il grado di riconoscibilità dei Municipi. Le Zone oggi non si può dire che spopolino tra i cittadini, e non tanto perché facciano cose sbagliate (anche se capita); in realtà in pochi sono a conoscenza del loro lavoro o addirittura della loro esistenza (in parte esagero, ma solo in parte); e la grande difficoltà nel risolvere problemi (non a causa delle Zone ma proprio per la mancanza di deleghe chiare) non è certo motivo di avvicinamento da parte dei cittadini.

Se la trasformazione in Municipi non dovesse coincidere con una maggiore riconoscibilità degli stessi da parte dei cittadini, l’aumento delle deleghe diverrebbe pressoché inutile, forse quasi controproducente, perché trasformerebbe i Municipi in perfetti capri espiatori.

Ma se (o quando) i cittadini iniziassero a riconoscere i Municipi, fidarsi di loro e “collaborare” con loro, sfruttando la maggiore vicinanza e conoscenza ai problemi del territorio, un domani unita anche a effettivi poteri amministrativi, per sviluppare – quasi forzare – la partecipazione di cui tanto si parla, quale destino si riserverebbe per il Comune, che nel frattempo avrà dovuto cedere alcune deleghe anche alla Città Metropolitana? A pensar male si potrebbe spiegare così questa timidezza nel dare fiducia ai Municipi. A pensar male.

Insomma, la Città Metropolitana è una occasione, che pare però affrontata con paura, al punto da impostare la struttura del decentramento in un moda tale da rendere tangibile il rischio – ed è anche questo già stato detto da molti – di depotenziamento del nuovo ente metropolitano, trasformandolo (di nuovo) in una versione, forse anche più scialba, della vecchia Provincia.

 

Giacomo Selmi

 



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