17 giugno 2015

TEMPI DELLE POLITICHE ABITATIVE: 10 ANNI PER AVERE UNA CASA


Ho una trentennale esperienza personale di programmazione delle politiche abitative nell’area metropolitana: Piano intercomunale milanese, Comprensorio, Cimep, Centro studi Pim. Quanto mai frustrante, per la sensazione di inutilità e per la constatazione di totale inefficacia delle politiche chiamate a concretizzare i piani. Periodicamente si elaboravano astratti calcoli dei fabbisogni, con risultati sempre enormi rispetto alle possibilità di soddisfacimento, e di volta in volta di uguale entità o tendenzialmente in crescita, mai in diminuzione. Né poteva (come non può) essere diversamente, visto che di quanto previsto poco giungeva a conclusione e anche questo con tempi biblici.

06dagostini23FBEd è proprio sui tempi che voglio intrattenermi. Quando si stimano dei bisogni e vengono disposti dei finanziamenti – a livello nazionale o regionale – per soddisfarli, sarebbe ragionevole attendersi che nel giro al massimo di un paio d’anni questi si traducessero in case concrete, assegnabili all’utenza in graduatoria: tanto più che spesso questi finanziamenti vengono disposti per l’Emergenza Casa (!).

E invece? Farò un esempio che fotografa però la norma: entro fine anno saranno pronti i 330 alloggi di via Voltri alla Barona, dove la cooperativa Dar Casa gestirà 113 alloggi a canone sociale e moderato, messi a gara con bando del 2008 (“Otto Aree”) e finanziati da Regione Lombardia con un Accordo Quadro (AQST) del 2006 e che dunque potranno essere occupati soltanto a dieci anni di distanza, da famiglie in tutto diverse da quelle allora stimate in Emergenza. E addirittura la politica abitativa poi finanziata da quell’accordo – che a sua volta ripartiva fondi nazionali ancor più vecchi, era partita ancor prima, col Piano Verga del Comune di Milano (giunta 2004, c.c. 2005). Il piano metteva a disposizione per edilizia sociale aree a standard per 40.000 abitazioni (!) ma, rispetto a questo obiettivo, a distanza di dodici anni e con l’ultimazione di Voltri si arriverà si è no a duemila abitazioni assegnate.

Per carità, meglio tardi che mai e certamente 113 alloggi di edilizia sociale oggi a Milano servono come il pane (soprattutto se affidati come in questo caso a un gestore sociale capace di garantire accompagnamento, coesione e qualità abitativa), ma è evidente che l’efficacia di queste politiche, concepite dieci anni fa, si può valutare oggi molto vicina allo zero.

Anche per questo mi sembra un errore continuare, come si fa da più parti, a puntare all’incremento del patrimonio di edilizia sociale con grandi interventi di nuova costruzione, costosissimi e improbabili. Se e quando si svilupperanno le possibilità individuate dal nuovo PGT, ben vengano le quote di edilizia sociale previste, che andranno almeno a compensare gli alloggi pubblici perduti con le vendite. Ma per soddisfare i bisogni sociali, quelli che si dichiarano da almeno 20 anni urgenti e indifferibili, si deve puntare su altro, e sostanzialmente su un rapido recupero dell’enorme sfitto pubblico e, contemporaneamente, su una graduale rimessa in circolo (attraverso l’Agenzia Sociale) dello sfitto privato, con il corollario di accompagnare e stimolare la mobilità fra i due “mercati” puntando così in prospettiva a una più piena, efficiente e socialmente equa occupazione dello stock.

In sostanza, fare il più possibile nel più breve tempo possibile per incrementare il patrimonio disponibile di edilizia sociale. E va detto che su questa strada, anche se tardivamente, diciamo negli ultimi due anni, sembra essersi decisamente avviato il Comune di Milano. Per la nuova giunta non è stato facile né rapido imparare a muoversi in un contesto di incrostazioni e rapporti consolidati fra i gestori della partita, ma le mosse recenti appaiono confortanti.

E dal lato degli esempi virtuosi, propiziati anche da queste nuove politiche del Comune di Milano, mi fa piacere citare il caso del progetto “Ospitalità Solidale”, assegnato lo scorso anno alla nostra cooperativa (Dar Casa) in partenariato con Comunità Progetto e ARCI Milano per la ristrutturazione di 24 mini alloggi sparsi nei quartieri Ca’ Granda e Ponti, destinati a giovani dai 18 a 30 anni da coinvolgere in percorsi di attivazione territoriale.

Una iniziativa molto innovativa e che dimostra appunto l’efficacia incomparabilmente maggiore delle politiche di recupero del patrimonio pubblico dismesso nel rispondere con rapidità e costi contenuti ai bisogni abitativi: in questo caso Dar Casa, responsabile della parte edilizia, ha messo a segno un vero record, concludendo in cinque mesi la ristrutturazione e l’arredo di tutti gli alloggi, che hanno potuto essere occupati dai giovani assegnatari fin dal novembre 2014. In meno di un anno si è passati così dalla presa in carico degli alloggi da parte delle cooperative (in base a un bando dell’anno precedente) alla effettiva utilizzazione da parte degli inquilini. Significativo il confronto con i dieci anni di via Voltri.

Eppure non manca chi si dichiara contrario a queste politiche, che – si dice – sottrarrebbero alloggi pubblici alla assegnazione legittima attraverso le graduatorie. Ma sono gli stessi che, in tal modo, tollerano che migliaia di alloggi pubblici restino (da decine di anni) vuoti (o occupati da abusivi, anche “non meritevoli”), piuttosto che consentire che siano messi a disposizione di soggetti del privato sociale, che li ristrutturano e che li assegnano a utenti ugualmente o anche più bisognosi, ma non col bollino ufficiale della graduatoria.

 

Sergio D’Agostini

Cooperativa Dar Casa



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