17 giugno 2015

musica – ZEFIRO AL CASTELLO


ZEFIRO AL CASTELLO

Due mesi fa in questa rubrica avevo riferito di un concerto tutto mozartiano, eseguito da un Ensemble di strumenti a fiato denominato Zefiro, che si è svolto al Conservatorio per la Società del Quartetto: “… sembrava di essere alla Corte dell’Imperatore – dicevo – nell’Hofburg di Vienna …“. Neanche due mesi dopo eccoli di nuovo a Milano, i tre creatori di Zefiro (l’oboista romano Alfredo Bernardini e i gemelli ferraresi Paolo ed Alberto Grazzi, rispettivamente all’oboe e al fagotto) con un Ensemble quattro volte più imponente, costituito da quasi sessanta strumenti, tutti rigorosamente a fiato tranne i timpani, messi insieme raccogliendo i migliori elementi di ben sei Conservatori europei: tre italiani (Milano, Novara, Vicenza) e tre stranieri (Amsterdam, Basilea e il Mozarteum di Salisburgo).

musica23FBUno spettacolo maestoso, allestito sotto un tendone-palco nel cortile principale del Castello Sforzesco per il ciclo di concerti denominato “Conservatorio in EXPO”, organizzato dallo stesso Conservatorio di Milano che – come si vede – sta facendo un ottimo lavoro di collaborazione con le scuole gemelle di mezz’Europa; uno spettacolo riuscito tanto bene che è stato ripetuto con lo stesso programma il giorno dopo in Francia, al Castello di Versailles, e nei giorni successivi in Olanda.

Immaginate dunque un’orchestra composta da 24 oboi, 12 fagotti e un controfagotto, 9 trombe e altrettanti corni, con l’aggiunta di tre timpani, con esecutori tutti giovanissimi tranne i tre “maestri” (a loro volta tutt’altro che anziani) che all’ora del tramonto e nella magica cornice del Castello, davanti a un pubblico molto attento che riempiva le file della platea all’aperto, ha eseguito un programma di musiche cosiddette “barocche”, di autori nati tutti nella seconda metà del seicento – dunque appartenenti quasi a un’unica generazione – impegnati ad allietare, grazie ai piccoli complessi musicali chiamati “Harmonienmusiken“, le Corti di Francia, Italia, Germania e Inghilterra fino a quella di San Pietroburgo. La “Ouverture Royale” di Nicolò Porpora (1686-1766), l’Ouverture di “Le journal du printemps” di Johann Caspar Ferdinand Fischer (1656-1746), la “Suite de Simphonies” di Jean Joseph Muret (1682-1738), il portentoso “Concerto a tre cori” di Johann Friedrich Fasch (1683-1758) e la celeberrima “Musik for the Royal Fireworks” di Georg Friedrich Händel (1685-1757) hanno risuonato fra le mura del Castello Sforzesco come in una di quelle Corti, rievocandone l’atmosfera senza alcuna forzatura, solo attraverso timbri e ritmi inconfondibili.

Delizioso l’aneddoto raccontato dal direttore Bernardini: pare che re Giorgio II di Inghilterra, che aveva commissionato ad Händel la musica per i fuochi d’artificio allo scopo di celebrare fastosamente il primo anniversario della Pace di Aquisgrana (firmata il 7 ottobre del 1748), non ne volesse sapere degli archi che il musicista aveva previsto insieme ai legni e agli ottoni; Händel imperturbabile in quattro e quattr’otto cambiò i nomi degli strumenti all’inizio di ogni pentagramma e, senza modificare neanche una nota, ripresentò al Re la sua musica tale e quale. Interessante sapere che l’organico, da lui espressamente richiesto per quella occasione, era identico a quello dell’altra sera al Castello.

Un momento di brivido è stato vissuto dagli spettatori – e forse anche dai musicisti – quando Bernardini ha raccontato che alla prima esecuzione della “Musik for the Royal Fireworks” il palco allestito per l’occasione nel parco di St. James di Londra di fronte a Buckingam Palace, progettato e realizzato da un noto scenografo francese (mentre i fuochi d’artificio erano gestiti da esperti bolognesi!), andò a fuoco davanti a 12.000 spettatori poco prima dell’inizio dello spettacolo (che conseguentemente dovette essere rinviato!); il brivido è corso perché nello stesso momento in cui il direttore raccontava questa vicenda la platea del Castello è stata avvolta da un nugolo di calabroni (o insetti simili) che per fortuna si è rapidamente allontanato senza lasciare danni evidenti: potenza delle evocazioni!

Non posso non aggiungere, però, ascoltando queste bellissime musiche celebrative, accattivanti, palesemente scritte per compiacere i potenti, come fosse impossibile non fare paragoni con quanto negli stessi identici anni accadeva in Turingia e in Sassonia, fra gli epicentri del calvinismo, dove il Kantor della chiesa di San Tommaso di Lipsia – benché anch’egli incipriato e imparruccato – scriveva il Clavicembalo ben temperato, l’Offerta Musicale e le Variazioni Goldberg, le Passioni secondo Matteo e Giovanni, vale a dire un immenso corpo di composizioni, sacre e profane, tutte orientate alla spiritualità e aliene dalla mera ricerca del piacere.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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