27 ottobre 2009

LA COPERTA DI PIOMBO E I GIOVANI


Prendendo la parola in Consiglio comunale per difendere il sindaco Moratti che aveva appena concluso il suo scialbo intervento, il capogruppo del PdL Gallera ha detto che Milano è una città difficile da capire: per lui, per loro. La conoscono sempre meno, un po’ come tutta la classe politica milanese, perché il suo scarso ricambio la rende sempre più autoreferenziale e chiusa nelle stanze del potere. L’effetto di coperta di piombo che sedici anni di Giunte tra Lega e centro destra hanno steso sulla città si sta esaurendo: la paura come strumento di pressione e ammansimento o l’indignazione per i graffiti sono armi che con l’andar del tempo si logorano.

Questa pesante coperta, come tutte le coperte, è inesorabilmente corta e ha tenuto al caldo le generazioni più anziane ma fortunatamente sta lasciando fuori un po’ di giovani. E si vedono. Non sono i giovani delle ronde, non sono i giovani del volontariato che il peso della coperta non l’hanno proprio sentito ma sono quelli della cultura e del nuovo. Giovani pittori, giovani teatranti, giovani architetti, giovani musicisti, giovani grafici, giovani fotografi, giovani esperti di media e per finire giovani scrittori. Da un po’di tempo li si vede in giro, alle inaugurazioni, nei teatri, per strada, nei luoghi che amano di più come la Triennale. Si ha la curiosa sensazione di una sottile nuova presenza come se il “fuori salone” del Salone del mobile ogni volta lasciasse dietro di sé una benefica piccola eredità di cultura e di voglia di fare.

Questa non è certo la Milano della quale parla il sindaco Moratti nella sua recente relazione in Consiglio comunale perché è un mondo che si muove assolutamente al di fuori delle istituzioni, che probabilmente ha capito quanto sia rischiosa la contiguità con le istituzioni stesse e colla politica ma non vi si muove nemmeno contro se non con quel tanto o poco di spirito critico che ha da sempre animato la cultura e l’innovazione, nemiche organiche delle posizioni conservatrici. Milano ha allora un problema: come lasciar crescere questa giovane città senza soffocarla con un eccesso di attenzione e senza che le istituzioni e i partiti cerchino di uccelli in gabbia, decretandone la morte culturale.

È un problema che riguarda soprattutto la parte meno giovane della società civile, quella che ha arretrato di fonte al berlusconismo, disillusa dai propri partiti di storica appartenenza, quella che comunque ha ancora un bagaglio culturale e di esperienza. Tra lei e i giovani può saldarsi una sorta di nuova alleanza ma le si richiede una leggerezza e una dose di autoironia tutte da trovare. Son solo segnali quelli che avvertiamo? Sono solo più desideri che realtà? Penso di no, anche solo a guardare due realtà diverse e mille miglia lontane: le code ai gazebo per la scelta dei segretari del PD e la platea presente una settimana fa al convegno dell’Ordine degli architetti sul problema di Expo 2015. I giovani c’erano sia qui che là: ai gazebo facilitati dalla bella giornata, all’Ordine degli architetti forse spinti dalla curiosità ma c’erano.

Quest’atmosfera può essere colta da un PD “provvisoriamente” rassicurato da una partecipazione insperata. Le sue prime mosse milanesi e nazionali saranno determinanti con una cautela rispetto a quelli di cui ho parlato sin’ora: non sono i giovani dirigenti – alcuni solo anagraficamente giovani – ma quelli di fuori, gli altri. Sono come gli uccelli migratori: un gesto sbagliato e se ne vanno altrove, magari passando il confine. Quanto ai meno giovani, perchè anche di loro bisogna parlare, domenica hanno dimostrato una tenacia miracolosa dietro la quale non c’è tanto l’adesione ad una forza politica quanto il terrore di un passato che potrebbe tornare, anzi che è già qui. Se ne tenga conto.

LBG



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