27 ottobre 2009

ULTIME DA MALPENSA


Malpensa e Linate riceveranno dal recente aumento delle tariffe che le compagnie aeree devono pagare agli aeroporti un’iniezione di risorse. Ma ci sono fondati dubbi che questa non sia l’azione più efficace che lo stato centrale possa fare né per favorire lo sviluppo degli aeroporti milanesi, nè per tutelare i passeggeri lombardi.

Vediamo perché. Innanzitutto gli aumenti appaiono arbitrari: tre euro a passeggero per gli aeroporti grandi, due per quelli medi, uno per quelli piccoli, uguali per tutti, senza verificare quali siano efficienti e quali no, chi fa profitti e chi perde soldi, ma solo al fine di favorire genericamente gli investimenti. Questo aumento mirato solo agli investimenti si colloca, contraddittoriamente, in un quadro di domanda debole, ed è definito un provvedimento-ponte in attesa di piani per gli investimenti stessi, che i gestori dovrebbero presentare a breve, e che tuttavia ENAC si dichiara impreparata a valutare.

Ora, gli aeroporti sono monopoli naturali, e richiederebbero una coerente e autorevole regolazione per tutelare i viaggiatori (e le compagnie) da inefficienze e rendite. Ma lo scenario di questi anni è quanto di più lontano si possa immaginare da una regolazione di alcun tipo: norme contraddette, assenza di gare per le concessioni (più volte censurata in vano dall’Antitrust, che ha solo poteri consultivi in questo settore), blocco arbitrario delle tariffe, ecc.

Il responsabile dei trasporti a Bruxelles, l’italiano on.Tajani, in considerazione della crisi, invece di favorire la concorrenza ha decretato il blocco degli slots, cioè l’impossibilità per le compagnie più efficienti di espandersi a favore dei passeggeri (si badi, solo le compagnie low-cost sono riuscite a crescere nonostante la crisi e nonostante la guerra che le fanno i governi per proteggere quelle monopolistiche e inefficienti).

Ma anche a livello locale non si scherza: la regione Lombardia non ha mai manifestato interesse a una regolazione del settore che protegga l’utenza. Il comune di Milano poi, possedendo la SEA, è in vistoso conflitto d’interessi su questo fronte, (come d’altronde lo è la Provincia per l’autostrada Serravalle, e la regione per le Ferrovie Nord. Ma su questi temi torneremo).

La regione invece a suo tempo si è duramente battuta per salvare il monopolio Alitalia, sperando che la super-decotta compagnia rimanesse a Milano. Poi ha minacciato (e la minaccia ogni tanto ritorna) di danneggiare gli utenti milanesi limitando i voli da Linate, sempre in una visione contraria al mercato, cioè alle libere scelte dei cittadini. In Inghilterra al contrario si costringe la proprietà dei quattro aeroporti londinesi a venderne due, in quanto non si fanno abbastanza concorrenza.

Infine, scappata definitivamente Alitalia da Malpensa, la regione ha promesso che a favore di quell’aeroporto sarebbero stati rinegoziati gli accordi bilaterali per i voli extra-UE, sui quali Alitalia è di fatto monopolista. Ma non ha ottenuto quasi nulla. In compenso si è impegnata a spendere soldi (nostri) per migliorare l’accessibilità a Malpensa, come se questo fosse il problema principale (la spesa pubblica vista come cura di tutto, l’efficienza e la concorrenza sono considerate cose secondarie…).

Occorre invece dire per concludere che il management della SEA è stato capace di andare controcorrente: non ha solo sempre manifestato scarsissimo interesse per il mantenimento a Malpensa di Alitalia (quando tutti gridavano che se questa andava a Roma l’economia lombarda sarebbe collassata…). Ha dichiarato in pubblico che se un aeroporto è ben gestito riesce ad attirare compagnie e passeggeri, in un contesto non protetto. Sembra anche che nonostante la crisi ci sia abbastanza riuscito: Lufthansa vi ha messo solide radici, Easyjet è cresciuta, altre compagnie si sono affacciate. Per vedere i risultati occorrerà certo attendere la fine della crisi presente, ma questa sembra una direzione nella quale ha più senso muoversi, invece che perseverare in atteggiamenti protezionistici (e alla lunga del tutto inefficaci, come d’altronde ha largamente provato la stessa vicenda Alitalia).

 

Marco Ponti



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