27 ottobre 2009

PER UN GOVERNO DELLE TERRITORIALITÀ METROPOLITANE


La questione del governo metropolitano si pone ogniqualvolta un tema di rilevanza pubblica – dall’integrazione delle reti della mobilità alla gestione dei servizi ambientali, dalla pianificazione dei parchi di cintura alla programmazione dei servizi di welfare – evidenzia dimensioni e dinamiche territoriali che entrano in tensione con la partizione dei confini amministrativi, impedendo un soddisfacente trattamento di un problema collettivo all’interno di un singolo territorio comunale. Il caso dell’area milanese è in questo senso esemplare, essendo il comune dominante spazialmente costretto, ma partecipe di una vasta formazione urbana regionale caratterizzata da una fitta rete di comuni minori, alcuni dei quali rilevanti per storia, peso demografico e tradizione civica.

Nel corso del Novecento, questa dimensione orizzontale delle relazioni politiche nello spazio ha prodotto conflitti anche aspri, mostrando in diverse occasioni la tendenza della città centrale a “pensarsi” in proprio, scaricando le contraddizioni della propria crescita all’esterno sul più ampio contesto territoriale: si pensi alla fase di più intensa urbanizzazione del secondo dopoguerra, nella quale la dilatazione progressiva della città si scontra con la crescita urbana dei comuni di corona e le dinamiche urbanistiche valicano i confini delle singole amministrazioni imponendo il tema di una pianificazione intercomunale (si ricordino i vari progetti e tentativi di collaborazione territoriale all’interno del Pim, piano intercomunale milanese, durante gli anni sessanta ma anche la perenne riottosità del comune di Milano nel mettersi in gioco); si pensi alla fase del decentramento suburbano di certe funzioni, la stagione dei cosiddetti comprensori tra gli anni settanta e ottanta, e al dibattito apertosi sulla “nobiltà” – vera o presunta – delle attività da insediare oltre i confini della città centrale (non solo carceri e inceneritori, infatti, ma anche scuole, ospedali, centri direzionali…).

Malgrado alcune sporadiche conquiste, la storia del governo delle territorialità metropolitane è assai problematica, riproponendo nel tempo quella dialettica “cooperazione/competizione” che pervade sia i rapporti tra città centrale e comuni dell’area milanese, sia quelli esistenti tra le varie località della regione urbana (si pensi alla recente stagione dello sviluppo locale e ai vari tentativi di progettazione integrata del territorio) e, per certi versi, anche i rapporti tra i governi locali e il variegato mondo degli enti che gestiscono specifiche funzioni settoriali, da cui il nome di “autonomie funzionali”: dagli enti fieristici a quelli universitari, alle diverse agenzie preposte alla gestione di servizi in rete quali i trasporti pubblici, ferroviari e aeroportuali, o le reti energetiche e dell’acqua, solo per citarne alcuni.

Il tema delle autonomie, del loro profilo e rafforzamento, è stato a lungo centrale nel dibattito dell’Italia repubblicana, portando il legislatore a individuare e normare un ulteriore livello di governo: le “città metropolitane”, appunto, tardivamente introdotte con la legge 142 del 1990 e, in seguito, improvvidamente costituzionalizzate con la riforma del Titolo V. Tale riduzione amministrativa della complessità geografica, parafrasando una felice definizione di Bruno Dente, ha mostrato tutta l’astrazione di provvedimenti legislativi apparentemente validi sulla carta, ma del tutto inefficaci rispetto all’effettivo funzionamento delle reti decisionali e ai processi che s’intendeva regolare. Una volta emancipato il tema del governo metropolitano dall’illusoria introduzione di nuove istituzioni di livello superiore, esso ripresenta tutte le sue urgenze: e ciò essendo la frammentazione dei poteri un tema reale e un vero rompicapo per ogni tentativo concreto di governo dei processi territoriali.

Tali considerazioni sono ampiamente confermate dall’esperienza nel campo delle politiche urbanistiche. Si pensi al nuovo progetto di Piano di governo del territorio (Pgt) presentato in queste settimane dal comune di Milano: da un lato esso avanza un’insolita tematizzazione della città attraverso una significativa apertura territoriale (si parla di metropoli a rete e di popolazioni al plurale, di città multicentrica e di rottura del radiocentrismo); d’altro lato, una serie di obiettivi dirimenti – ad esempio quello della densificazione urbana e dell’inversione dei processi di consumo di suolo – sono giocati a una scala del tutto inadeguata e tale da comprometterne seriamente ogni credibilità pubblica. In questo senso, la reputazione di uno strumento di governo fa tutt’uno con la reputazione della classe dirigente che lo ha partorito e che deve interpretarlo concretamente nelle scelte politiche e amministrative quotidiane. Nella realtà milanese, questo
aspetto riporta con forza al tema del governo metropolitano e alla necessità di rilanciare una stagione d’impegno e sperimentazione affinché la regione urbana milanese non rimanga un’evocazione retorica e descrittiva ma si qualifichi in termini di cooperazione territoriale alle diverse scale: Pgt ed Expo 2015 sono in tale prospettiva occasioni da non perdere.

 

Matteo Bolocan Goldstein



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