10 giugno 2015

UNA SINDACA PER MILANO. IL MODELLO SPAGNOLO


Le elezioni municipali che hanno segnato una svolta nel governo di Barcellona e Madrid hanno forse qualcosa da dire a Milano in vista dalla prossima tornata elettorale? Probabilmente sì, almeno se si vuole seguire il consiglio del Premio Nobel Paul Krugman, che al Festival dell’Economia di Trento ha suggerito di partire dalle metropoli e dagli agglomerati urbani per risolvere il problema delle disuguaglianze. Nei programmi di Barcelona en Comú e di Ahora Madrid la sfida ambiziosa – probabilmente la ragione del maggiore afflusso alle urne rispetto ad altre elezioni – è una politica municipale che contrasti le disuguaglianze attraverso un’idea di città in cui lo spazio pubblico sia al servizio dei cittadini, venga migliorata la vivibilità dell’ambiente urbano e l’accessibilità dei servizi di base, dove i quartieri tornino a essere il centro dell’azione di governo, anche stimolando la partecipazione dei cittadini.

04barzi22FBIl cambiamento nelle due metropoli spagnole ha i volti femminili di Ada Colau e Manuela Carmena. La prima è la nuova alcaldesa (parola che indica il genere femminile di chi svolge la funzione di sindaco evitando le storpiature) di Barcellona, mentre la seconda potrebbe ricoprire la stessa carica a Madrid, se la coalizione che l’ha sostenuta riuscirà a dare corpo a un accordo di maggioranza con il PSOE. Sono donne molto diverse per età e percorso esistenziale ma accomunate dall’aver proposto una piattaforma elettorale segnata da una forte idea di governo municipale come alternativa alle politiche nazionali, soprattutto riguardo a una materia decisiva come il diritto alla casa.

La questione ha a che fare con le conseguenze dell’esplosione della bolla immobiliare in Spagna: chi non riesce più pagare il mutuo viene buttato fuori casa dalla banca che poi la lascia vuota ma continua a chiedere il pagamento delle rate. Numerosissimi sono stati i cittadini che dopo aver perso l’abitazione hanno in fine deciso di rinunciare alla vita. Il contrasto delle espulsioni attuate dalle banche è l’aspetto che ha caratterizzato in particolare la campagna elettorale della lista civica Barcelona en Comú, scaturita dalla fusione della rete di comitati e associazioni Guanyem Barcelona con una serie di partiti. Non è un caso che Ada Colau sia fondatrice del movimento Plataforma de Afectados por la Hipoteca (PAH), che dal 2009 si batte per una diversa legislazione sull’insolvenza dei mutui ipotecari.

Tornando a Milano, Francesco Spadaro su questa testata a ragione si è felicitato per la straordinaria misura civile della restituzione ai cittadini della Darsena – il waterfront che finalmente Milano ha così come altre città affacciate o attraversate dall’acqua – uno spazio pubblico fruibile all’interno un importante contesto ambientale. A suo parere si tratta del miglior risultato dei quattro anni di governo della giunta Pisapia e, a un mese dalla sua inaugurazione visto il gradimento che sta suscitando, non si può che concordare. Tuttavia – aggiunge – Milano ha anche bisogno di recuperare le periferie, di assicurare un’offerta di abitazioni a costi ragionevoli senza dimenticarsi del patrimonio edilizio invenduto, sfitto e sottoutilizzato che sta soprattutto nella sua area metropolitana. È un ragionamento che, partendo da quel luogo adeguato, sembra suggerire per la prossima tornata elettorale una reinterpretazione del municipalismo ambrosiano, nel frattempo in qualche modo resuscitato dalle mobilitazioni No Tag .

A questo riguardo i temi dai quali partire possono trovare qualche spunto dai suggerimenti di Krugman: una politica della casa che si confronti con il mercato immobiliare mettendo al centro i redditi che non riescono ad accedervi, interventi che favoriscano l’utenza del trasporto pubblico per attenuare le disuguaglianze tra centro e periferia e che stabiliscano salari minimi a livello locale come soluzione per far crescere le retribuzioni. Un’ottima base per una piattaforma elettorale sulla quale avviare un confronto con la cittadinanza. Però manca un punto – fondamentale se si guarda alla svolta spagnola – il protagonismo delle donne nella vita pubblica; e non basta aver avuto una donna nel ruolo di sindaco, oltre ad alcune assessore in carica, per archiviare la questione. Le ultime elezioni comunali indicano che negli otto comuni della città metropolitana di Milano andati al voto erano solo dieci le donne candidate sindaco, rispetto alle quarantadue candidature complessive, e sono sei gli uomini ogni dieci candidati a consigliere.

Non vi è dubbio invece che in Spagna la svolta municipalista si sia fatta rappresentare dalle donne. A Barcellona la squadra della sindaca Colau è femminile per oltre la metà e nel suo programma elettorale l’equità di genere guiderà il bilancio comunale, la pianificazione urbana e l’organizzazione dei servizi. Si tratta, insomma, di andare molto oltre la figura, di fatto ininfluente, della consigliera di parità e anche di abbandonare la speranza che dai partiti si decida che il sindaco possa farlo una donna. A Madrid il cambiamento rappresentato da Manuela Carmena – avvocata del lavoro attiva sul fronte dei diritti umani – si è confrontato con l’alcaldesa in carica Ana Botella, che rappresenta, insieme alla sfidante Esperanza Aguirre, la continuità del Partido Popular nel governo della capitale.

Lo slogan che Pisapia aveva adottato all’indomani della sua elezione era adesso si cambia davvero. Dato che non sarà più lui a continuare l’opera, potremmo in tanto chiederci se per individuare chi dovrà completarla possa essere utile un cambio di genere, almeno per indicare, a cominciare dal linguaggio, il segno di ciò che dovrebbe cambiare. Milano ha già avuto un sindaco donna, ma una sindaca potrebbe essere una novità. A Barcellona e a Madrid il cambiamento non è emerso dai partiti o dalle istituzioni ma dall’insieme della cittadinanza attiva e dalla sua leadership femminile. Geografia a parte, la distanza con Milano resta considerevole.

 

Michela Barzi



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