4 giugno 2015

STRATEGIE POLITICHE: IN 11 PER DARE CONSIGLI AI MILANESI


Mamma mia che brutta parola hanno scelto: “Consiglio degli undici”. Se prima di scegliere il nome avessero interpellato uno dei suoi membri esperto in comunicazione, Mario Rodriguez, avrebbero ricevuto il primo buon consiglio: cambiare il nome. “Consiglio” non evoca certo un organismo aperto, un organismo che guardi fuori da sé ma un gruppo chiuso tutto intento a un suo dibattito interno o a sue deliberazioni. Se le parole hanno un significato, quello che i nostri 11 dovrebbero fare non è un “consiglio”, soprattutto in questa era “open”. Ma veniamo alle fonti autorevoli.

01editoriale21FB“Nasce oggi, su impulso delle forze di centro sinistra il consiglio degli 11 per Milano (scelti da chi e con che logica? Ndr): un gruppo di lavoro che riunisce e coinvolge personalità di alcuni dei mondi più rappresentativi della nostra città, dalla scuola alla giustizia, dalla solidarietà alla sharing economy. È il calcio d’inizio del percorso per la Milano del futuro e con la Milano del presente. Il consiglio degli 11 avrà il mandato di dare avvio al percorso trasparente e partecipato verso le elezioni di Milano 2016 e si impegna entro i primi di luglio a costruire un documento condiviso del centro-sinistra che sottoscriveranno i candidati alle primarie e poi tutti i cittadini che vi parteciperanno.”. Questo è il comunicato del Pd di sabato scorso.

Il sindaco uscente, Giuliano Pisapia, benedice l’operazione: “Il «Consiglio degli 11» è costituito da «personalità di grande valore, che svolgeranno un lavoro prezioso per definire il perimetro valoriale alla base dell’impegno comune dei prossimi mesi». «Ho sempre detto che, prima delle candidature, debbono essere condivisi valori, contenuti, regole e obiettivi» sottolinea, «Come ci insegna l’esperienza, è questo il metodo vincente per affrontare una sfida che riguarda il futuro di Milano».

Le mie sinapsi ormai sono lentissime e mi perdo via con i pensieri ma una cosa l’ho capita al volo: Genova per un verso e la Campania per l’altro hanno fatto venir freddo alla schiena ai politici milanesi, renziani o meno. È già qualcosa.

Altra, spero esatta, folgorazione: sembra esistere/resistere a Milano un “centrosinistra” senza se e senza ma, che è quello che ha governato la città sino a oggi e che ha prodotto l’attuale Giunta.

Per il resto non ho capito molto dell’operazione “Consiglio degli 11”. Sembra che il loro compito sia quello di stendere una sorta di decalogo di principi programmatici del centro sinistra per le prossime elezioni che dovrebbe essere sottoscritto dai candidati alle primarie e dai cittadini che vorranno parteciparvi.

Ma se i principi dei candidati e delle candidate sono uguali per tutti, in base a quali considerazioni li sceglieremo con le primarie? Per la capacità di declinarli? Per l’aspetto? Perché sono “presentabili”? Perché popolari? Bucano il video? Se scelgo, come sarebbe ovvio, secondo la capacità di declinazione, a meno che sia un “uscente”, come faccio? Quali saranno gli strumenti di comunicazione? E poi, se come cittadino la tavola dei principi mi piacesse sì, ma non del tutto, m’impegno comunque a sottoscriverla come l’inemendabile polizza dell’assicurazione dell’auto?

Io spero che gli 11 facciano rapidamente un consiglio e ci spieghino in conferenza stampa che cosa hanno in mente perché, se ho capito ancora bene, forse ci solleveranno, nostro malgrado, dall’obbligo/desiderio/dovere civico di partecipare a piccole o grandi “Leopolde” prendendosi il grave fardello di pensare per noi.

Nelle dichiarazioni rese si inciampa solo per caso con la parola “primarie”, il fantasma che si aggira nelle chiuse stanze del Pd. Bisognerà parlarne ancora molto perché anche in questo campo l’incertezza la fa da padrona (primarie di Milano? Primarie delle municipalità? Primarie metropolitane? Con che regole?). Non dimentichiamo mai che abbiamo importato le primarie dagli Stati Uniti nella speranza di far avvicinare i cittadini alla politica. L’astensione invece è in continua crescita: è sbagliato lo strumento? Il modo di gestirlo? O mancano le idee? Non c’è condivisione? Forse questa è la madre di tutte le crisi.

Ho ancora nelle orecchie quello che Emanuele Macaluso (classe 1924), comunista già sotto il fascismo, ha detto a proposito delle primarie in Campania: “Le primarie fatte così diventano guerriglia per le varie cordate di cui è composto il Pd. Da caratteristica fondante del Partito, con tutti i casi in cui ci sono stati dei veleni, queste consultazioni diventano una macchia per il Pd”. Si riesce a rottamare fisicamente i vecchi ma non le loro idee.

“Smacchiamo le primarie” (Bersani/Crozza)?

Luca Beltrami Gadola



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