4 giugno 2015

NUOVI MUNICIPI, LA POLITICA E L’ORBO VEGGENTE


“Un uomo solo ha due occhi ma il Partito ha mille occhi” fu un tempo l’ammonimento brechtiano. Poi c’è il Consiglio comunale di Milano che di occhio aperto ne ha uno solo. Dovrebbe decidere per la costituzione dei Municipi nella città e pertanto nelle rituali premesse alla delibera consiliare annuncia: “visti … la Legge 56 e in particolare l’art. 1 comma 22, e lo Statuto Metropolitano e in particolare l’art. 61“, ma in realtà ha visto solo un pezzo degli articoli citati. Quello delle “zone dotate di autonomia amministrativa” mentre non ha visto l’altra parte ovvero l’alternativa di “articolare il territorio del capoluogo in più comuni“.

08ballabio21FBAlternativa che, per carità, potrebbe certamente essere scartata ma – in democrazia – solo dopo una pubblica discussione in contraddittorio e – nel diritto amministrativo – solo mediante formale motivazione. Entrambe circostanze purtroppo negate da un organo politico che, malgrado le premesse di grande partecipazione e ascolto verso la cittadinanza, in realtà non solo chiude un occhio ma tappa entrambe le orecchie alle obiezioni riguardo all’attuazione acritica di una legge che ogni giorno di più si rivela ambigua e contraddittoria, nonché alle proposte di ragionevole e funzionale diversa via d’uscita. Il che non è antagonismo preconcetto ma solo richiamo al buon senso (una qualità oggigiorno e in questo paese rivoluzionaria) e alla conformazione con altre simili pacifiche e consolidate realtà europee.

Vedi la risposta del consigliere Pd Andrea Fanzago alla richiesta di confronto del Forum civico metropolitano al riguardo: “Buonasera, ringrazio per il vostro parere, le zone stanno già deliberando i loro pareri (positivi) sulla riforma che porteremo in Consiglio. Mi dispiace che ci sia una distanza così profonda tra il lavoro svolto e la vostra idea di riforma. Buon lavoro. Andrea Fanzago“. Ma giova parlare solo con i vicini e i sottoposti pensando di gratificarli con il cambio di nome (da Zone a Municipi!) ed evitare la discussione sull’obiezione fondamentale, forse visibile solo da un punto di vista “distante”, e che tuttavia potrebbe far evitare errori immediati e pentimenti postumi? Ignorare il segnale senza verificare se si tratti effettivamente di un falso allarme?

Proviamo allora a riproporre l’alternativa (primo scenario) alla scelta unilaterale del blocco politico-burocratico di Palazzo Marino (secondo scenario), già proposta su queste colonne il 15 aprile e tuttora priva di confutazione o smentita:

primo scenario: si realizzerebbe una chiara e trasparente ripartizione dei poteri secondo i principi costituzionali di “sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”. Dunque riservare alla città metropolitana i compiti di governo nelle materie attinenti territorio, mobilità, ambiente, alta cultura e innovazione nella dimensione della “area vasta” e pertanto semplificare la presenza di un solo ente intermedio elettivo tra regione e comuni. A questi ultimi, fatta salva l’esigenza di unire e fondere i piccoli specularmente alla scomposizione di Milano, riservare tutte le competenze attinenti la “comunità locale”.

secondo scenario: in alternativa si realizzerebbero invece entrambe le seguenti condizioni negative. Sul punto del diritto: un inammissibile vulnus all’elementare diritto di cittadinanza in quanto l’elettorato attivo sarebbe discriminato a seconda della residenza anagrafica in Milano, nei restanti comuni metropolitani, nelle rimanenti province! Sul punto di fatto in quanto si moltiplicherebbero pericolose sovrapposizioni fra tre livelli politico-amministrativi con conseguenti inevitabili conflitti di competenza, rimpalli di responsabilità, concorrenza di funzioni (riproducendo in piccolo il pasticcio del rapporto stato-regioni di cui alla modifica costituzionale del 2001).

Ripetere l’errore della “devolution” nella ridotta milanese e metropolitana – salvo ripensamenti e fino a prova contraria – sembra il destino di un centrosinistra abulico e acefalo, prigioniero di “bozze predisposte dagli Uffici” non certo interessati alla semplificazione burocratica e alla qualificazione democratica. Il rischio è di cadere dalla padella alla brace. Passare da una troppo lunga fase d’immobilismo e inerzia al passo falso dell’improvvisazione e simulazione.

Possibile che tra il fare niente e il fare male non esista una terza soluzione possibile? (Il riferimento al termine tornato all’attualità politica è del tutto casuale). Eppure, come notava un simpatico personaggio di Renzo Arbore, le opzioni sono tre: o è possibile o non è possibile o è impossibile!

Valentino Ballabio



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