4 giugno 2015

musica – ALL’ASCOLTO DELLA FELICITÀ


ALL’ASCOLTO DELLA FELICITÀ

È abbastanza raro per un appassionato non professionista trovarsi di fronte a tanta musica e tanto diversa nel breve spazio di una settimana (ma credo che sia raro anche nel caso di musicisti professionisti, i quali normalmente non sono dei grandi ascoltatori perché devono ascoltare soprattutto se stessi!), tanto curioso che mi sembra interessante raccontarlo.

musica21FBSi comincia lunedì con un pessimo concerto al Conservatorio della strombazzata orchestra dei Wiener Symphoniker, diretti dall’ungherese Adam Fischer, che ha eseguito le tre penultime Sinfonie di Mozart e cioè la Haffner (K. 385) la Linzer (K. 425) e la Prager (K. 504) che precedono le tre assai più famose con le quali si conclude il ciclo delle 41 Sinfonie mozartiane: la K. 543 detta Canto del cigno o Viennese o Romantica, la K. 550 senza alcuna denominazione (ma talvolta impropriamente chiamata l‘Orrida non certo in termini spregiativi essendo fra le più belle e amate), e la celeberrima K. 551 detta Jupiter.

Dicevo pessimo concerto sia perché modesta è l’orchestra, sorella “minore” da ogni punto di vista dei grandi Wiener Philharmoniker, nati sessant’anni prima e con una storia e un percorso totalmente diversi, sia perché Adam Fischer appartiene a quella folta schiera di direttori che quando si muovono recano più danni che benefici e lo fanno più per far mostra di sé alla platea che per dare utili indicazioni al palcoscenico. Povero Mozart, appiattito e omogeneizzato, senz’anima, solo con l’aspro gusto del contrasto continuo e banalizzato fra i forte (sempre fortissimi) e i piano (sempre pianissimi). Ma il pubblico, che in massima parte immaginava di essere al cospetto dei grandi “Wiener” tout-court, è andato letteralmente in visibilio. Così è.

Per fortuna il giorno dopo, nello stesso Conservatorio, la Società del Quartetto ha invitato un Murray Perahia in grandissima forma, concentrato, sicuro, profondo e smagliante, con un programma che – confesso – sembrava una “marchetta” per un pubblico di provincia: Bach, Haydn, Beethoven, Franck, Chopin (e poi ancora Chopin e Schumann nei due bis). In analoga occasione, nel 2011, scrivevo che – sempre al Conservatorio e sempre per la Società del Quartetto – ci sarebbe stato “il grande Murray Perahia con un programma omnibus che comprende Bach, Beethoven, Brahms, Schumann e Chopin. Non è un pasticcio?“. L’ho pensato anche questa volta, ovviamente, ma devo dire che ho dovuto ricredermi. La passeggiata di un secolo e mezzo (1720 – 1884) sul pianoforte riesce a esprimere un fascino straordinario se, come lui, si è capaci di tenerla sullo stesso tono amabile e discorsivo, intimo e dialogante pur registrando ovviamente tutti i cambiamenti di atmosfera e di umore che nel frattempo sconvolgevano il mondo intero. Come a dire che la musica può o deve restare un’oasi di riflessione e di pace a prescindere da ciò che accade intorno a lei. Unico vezzo imperdonabile di Perahia la forsennata velocità con cui – ma ormai lo fanno tutti – ha eseguito il “Presto agitato” del Chiaro di luna. Che rabbia!

Passano tre giorni ed eccoci approdare all’Auditorium dove la Verdi, diretta egregiamente e assai meglio del solito da Zhang Xian (si vede che le è proprio congeniale), ha proposto un incantevole tutto Šostakovič: nella prima parte il Concerto n. 1 opera 35 in do minore per pianoforte (Mariangela Vacatello), tromba (Alessandro Caruana) e orchestra d’archi, in cui lo strumento a tastiera la fa da padrone (e a dire il vero richiede più virtuosismo che profondità di pensiero) e la giovane Vacatello ha strappato un meritatissimo successo, purtroppo amministrato molto male al momento dei bis eseguendo due pezzi di mera esibizione tecnica (la Campanella di Liszt da Paganini e lo Studio più funambolesco di Chopin) fino a crollare (per incapacità o per stanchezza?) su una pagina di Schumann priva di qualsiasi contenuto; non si è più resa conto di che cosa stesse suonando. Peccato.

Nella seconda parte del concerto la grandiosa Sinfonia numero 10 opera 93 in mi minore famosa in quanto segna la liberazione del musicista russo dall’incubo dell’obbedienza al realismo socialista; qui, come dicevo, l’interpretazione offerta dalla Xian non ha fatto rimpiangere quelle peraltro già ottime di Caetani, Fedoseyev e D’Espinosa eseguite rispettivamente nel 2002, nel 2009 e nel 2013, sempre all’Auditorium milanese. Un bell’esempio di approfondimento di un testo difficile e complesso nel quale si condensano una gran quantità di sentimenti e di impressioni, non solo musicali, ma storiche, politiche, sociali.

Infine un weekend musicale d’eccezione fra Mantova, per la terza edizione del Festival di musica da camera, chiamato anche “Trame sonore“, e Cremona per una “audizione speciale” al nuovissimo Museo del violino.

Difficile dire l’emozione che si può provare ad ascoltare il Trio in la minore opera 114 per clarinetto, violoncello e pianoforte di Brahms eseguito da tre grandi professionisti come Stefano Bartoli, Gianluca Giganti e Monica Leone nella sala del Teatro Scientifico dell’Accademia, detto anche teatro Bibiena, il teatro che ospitò nel 1770, appena inaugurato, una esibizione al pianoforte di Mozart quattordicenne durante il suo primo viaggio in Italia e che fece scrivere al padre Leopold – in una lettera alla moglie – di aver visto “il teatro più bello del mondo“.

Un’emozione del tutto diversa ma non meno forte è stata quella provata poche ore dopo a Cremona, nel magnifico auditorium “Giovanni Arvedi” (magnifico per il disegno e per l’acustica), dove Anastasiya Petryshak – una ventunenne ucraina di cui sentiremo parlare moltissimo nei prossimi anni grazie alla straordinaria musicalità e anche, perché no, alla grande e sobria avvenenza – accompagnata al pianoforte da Lorenzo Meo, ha suonato parti scelte delle Sonate per violino e pianoforte di Brahms sul violino più famoso del mondo, il cosiddetto “Cremonese” di Stradivari, che quest’anno compie esattamente trecento anni!

Ho esordito dicendo che è raro ascoltare tanta musica e tanto diversa in così breve tempo; devo aggiungere che è meraviglioso e non posso non incoraggiare i miei quattro lettori a provarci ogni tanto, perché i risultati sul proprio umore e sulla propria serenità sono sbalorditivi.

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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