27 ottobre 2009

Scrivono Vari 261009


Scrive Enrica Torretta – Sono un’insegnante di un liceo classico di Milano e ho letto con attenzione il vostro articolo inerente all’accesso all’Università. A mio parere l’analisi andrebbe ampliata alle scuole superiori perché, come i dati dimostrano, esiste una correlazione diretta tra tipo di scuole e successo universitario. Sarebbe interessante creare un dibattito intorno a questo tema ma pare che alle istituzioni interessate non piaccia, forse a causa di un disegno sulla scuola che va verso una dequalificazione dell’istruzione soprattutto quella pubblica.

Scrive Martino Liva –  Caro Direttore, sull’ultimo numero di “Arcipelago Milano”, ho letto con interesse l’articolo di Sara Valmaggi relativo alle primarie del Pd. Non entro nel merito dell’articolo in sostegno della candidatura di Franceschini, ma vorrei soffermarmi da un lato sull’importanza delle primarie e dall’altro sui problemi che il discutibile Statuto del Pd potrebbe generare, nonostante le primarie stesse.

E’ innegabile, come scrive Sara Valmaggi, che le primarie di domenica siano un atto di coraggio di un partito che “ ha la forza e il coraggio di pesare idee e leadership con una base più ampia di quella del proprio corpo d’iscritti.” Ed è innegabile che ci si trovi di fronte ad una novità per la politica italiana: la guida di un partito è contendibile da parte di diversi candidati. Per la prima volta poi, queste primarie sono vere, nel senso che non è già scontato l’esito, come in quelle del 2006 e 2007 ( relative però al candidato alla guida della coalizione). Ma nell’apprezzare il coraggio con cui il partito si apre alla società per l’elezione del suo leader non si può non osservare i bizantinismi dello Statuto che, così come si presenta oggi, prevede la possibilità di rovesciare il risultato voluto dal tanto enfatizzato “popolo delle primarie”.

Questo è ciò che si legge nello Statuto.  L’art. 9 dice espressamente che, per l’elezione del Segretario “il procedimento elettorale è articolato in due fasi”. La prima fase vede il voto degli iscritti e la convocazione della Convenzione Nazionale. Nella seconda fase, invece, i tre candidati più votati dagli iscritti si sottopongono alle primarie aperte. Sembrerebbe tutto chiaro, ma non finisce qui.

Uno dei tre candidati, per ottenere la Segreteria, deve avere la maggioranza assoluta (50%+1) alle primarie.

Ma qualora questo non avvenisse, alla prima Assemblea Nazionale (composta da mille iscritti) è previsto il ballottaggio (a scrutinio segreto) tra i due più votati alle primarie.

Insomma,  per assurdo, potrebbe capitare che nella prima fase, sia in testa Tizio (seguito da Caio e Mevio), alle primarie ottenga una maggioranza (solo relativa) Caio, con Mevio secondo e l’eliminazione di Tizio, il preferito degli iscritti, e al ballottaggio finale tra i mille dell’Assemblea vinca poi Mevio, che alle primarie aveva avuto meno voti di Caio.

Il vero rischio dunque, è che questo Statuto possa creare un contrasto tra le diverse votazioni, generando, credo, un’immagine un po’ frammentata e confusionaria di un partito già fragile per alcuni aspetti.

Bene le primarie dunque, che potremmo definire, come diceva Churchill della democrazia “ un pessimo meccanismo di selezione migliore però di tutti gli altri”, ma converrebbe che la nuova Assemblea Nazionale eliminasse le incongruenze statutarie. Due sono le vie: rafforzare le primarie eliminando la necessità di una maggioranza assoluta, oppure abolirle facendo scegliere il Segretario a tutti i tesserati.

Non è tanto importante quale via si percorra, ma ciò che conta è una sfida vera, con un confronto serrato su proposte e idee.

Scrivono VariS



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