27 maggio 2015

DOPO EXPO. PER IL MINISTRO MARTINA BASTAVA UN TWEET


Troppe idee, troppe parti in commedia, questo lo avevamo capito, il Pd forse no. Chi sabato scorso è andato all’Elfo Puccini, attratto dal titolo dell’iniziativa del Pd “EXPOI? Contenuto e futuro del dopo Expo a Milano”, non ha sentito quasi nulla di nuovo ma una novità c’è stata – le parole di Maurizio Martina – e ne parleremo. Tutti i convenuti hanno ripetuto quello che già in altre occasioni avevano detto: “Non lasciamo disperdere i contenuti di Expo”, “Expo ha mobilitato saperi, intelligenze e creatività”, “Expo malgrado tutte le difficoltà è un successo”, “Expo è un successo sì ma … “, “Expo è anche Expo dei popoli (meno male! N.d.R.) ”, “Pensiamo alle aree tra la fine della manifestazione e il nuovo utilizzo”, “La declinazione del tema è stata scarsa eppure era l’occasione per un ruolo dell’Italia”, “Expo …”.

01editoriale20FBDopo le lievi fantasticherie del breve filmato del Pd, qualcuno sul futuro delle aree ha detto cose interessanti: è stato Giorgio Rossi *, docente di fisica della materia dell’Università degli Studi di Milano, illustrando il progetto dell’acceleratore di particelle che potrebbe sviluppare il suo tunnel lungo tutto l’attuale decumano di Expo. Ma importante a mio avviso non è stata tanto l’illustrazione del progetto quanto le parole sul mondo della ricerca, sui suoi tempi incompatibili con la lentezza delle decisioni e della realizzazione degli impianti nel nostro Paese: chi pensa a un progetto, in genere, finisce ad andare in pensione prima del suo avvio e comunque quando il progetto parte e si realizza ha perso il treno della ricerca europea e mondiale. Dunque i tempi: la malattia del Paese e di Expo.

Di altre proposte non si è parlato, anche se sul tappeto ce ne sono moltissime tra serie, facete e inconsistenti ed è a questo proposito che bisogna parlare di Maurizio Martina Ministro delle politiche agricole con delega all’Expo perché il suo intervento lo avrebbe potuto condensare in un semplice tweet: “Non sono interessato al dibattito su chi deve decidere del futuro delle aree Expo; se ci chiamano ci saremo con la Cassa Deposi e Prestiti”. Centotrentotto caratteri, sufficienti.

Il sospetto è che questo defilarsi sia strategico per non essere accusato di scarso rispetto delle autonomie locali: rispetto invece colpevolmente assente soprattutto quando il suo governo sottrae risorse agli enti territoriali. Oppure l’ha detto perché sa che la contesa tra le parti in commedia è una patata bollente, meglio che la pelino gli altri: un’abdicazione alle responsabilità politiche e di governo.

Eppure Maurizio Martina dovrebbe sapere come sono andate le cose per Expo2015, perché dal 2007 la sua carriera politica è stata tutta in Lombardia, da segretario regionale del Pd a consigliere in Regione, e dovrebbe aver capito che la tragedia di Expo si è consumata per mancanza di una chiara catena di comando, ricorrendo alla nomina di commissari più o meno straordinari incardinati assurdamente su di una legge che riguardava la Protezione Civile, con provvedimenti che hanno rappresentato una specie di falso ideologico di Stato. Si è spalancata così la porta a chi voleva travolgere le norme urbanistiche e il Codice degli appalti – già debole di suo – e fare strame del controllo democratico.

Vogliamo ripercorre lo stesso cammino per le aree di Expo? Il Governo sta a guardare? Lasciamo il campo alla “sussidiarietà”? Questa operazione ha qualcosa a che fare con la politica economica del Paese o vogliamo ridurla a una questione territoriale del nord Italia? Regionale? Magari solo della città metropolitana o, visto che quest’ultima sta annaspando nel disastro della legge Delrio, ancora più giù, a un fatto tra Rho e Milano?

Credo che prima di tutto, nazionale o comunale che sia il problema, qualcuno dovrà porsi degli obbiettivi finali anche solo per scegliere tra le molte proposte che saranno fatte, ordinarle in funzione della congruenza agli obbiettivi, quelli che sinteticamente possiamo chiamare “ bene comune” e non fare scelte come derivata seconda degli interessi economici più forti o della banale spartizione del potere politico.

Il governo dunque dovrà per primo fare le scelte e confrontarle con le amministrazioni locali, condividerle con queste ultime, individuare il percorso nel labirinto legislativo-normativo del nostro Paese per capire i tempi e facendolo in fretta per non offrire di nuovo lo spettacolo delle “cercate” emergenze e delle relative oggi improponibili scorciatoie.

Ancora a margine della mattinata di sabato scorso. Ho sentito parlare di “competizione” tra aree, città e territori (Alessandro Alfieri segretario regionale Pd). Pensavo fosse un linguaggio di fine secolo scorso ma mi sbagliavo. Allora, se proprio vogliamo dare un ulteriore senso alle nostre future politiche industriali e al mondo della nostra ricerca – visto il punto nel quale ci troviamo – forse è meglio parlare di “collaborazione” piuttosto che di competizione e l’obbiettivo relativo è quello di collaborare tra pari: per arrivare alla parità abbiamo comunque da correre. Le premesse forse ci sono a una condizione: non guardare solo al proprio ombelico.

 

Luca Beltrami Gadola

 

*  docente di Fisica della materia all’Università degli Studi di Milano e il vice presidente di ESFRI (European Strategy Forum on Research Infrastructures)

 



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