27 maggio 2015

cinema – YOUTH


Vi proponiamo una doppia recensione a cura di Nanook e Tootsie di Youth – La Giovinezza di Paolo Sorrentino presentato all’ultimo Festival di Cannes.

 

YOUTH

di Paolo Sorrentino [Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Italia, 2015,119′]

con: Micheal Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane Fonda

 

cinema20FBAlbergo fra le Alpi Svizzere. Sono più di vent’anni che Fred, ex compositore-direttore d’orchestra di fama mondiale, si concede il suo meritato riposo in quest’oasi del benessere. Ma da qualche tempo, ormai pensionato, non ne vuole sapere di fastidiosi giornalisti o insistenti datori di lavoro. Nemmeno se fosse la Regina d’Inghilterra a richiederlo. Al suo fianco Lena (che di lavoro fa “la figlia e l’assistente di suo padre”), Mick, regista alle prese con la stesura del suo ultimo grandioso progetto, e Jimmy, attore in cerca di ispirazione. Fra tiepide passeggiate, vecchi ricordi di amanti passate e clienti miliardari che galleggiano come fantasmi, le giornate passano lente e monotone. Tutti alla ricerca della ricetta per l’eterna gioventù. Ma quale sarà l’ingrediente segreto del tanto bramato elisir? O meglio, il cocktail della giovinezza?Sorrentino conferma nel suo nuovo film l’arte di regista-barman che conosce alla perfezione gli ingredienti da mischiare per offrire al pubblico il lounge drink del momento. Non manca nulla.  Shakerare bene, e servire il tutto con tanto di ombrellino e fettina di lime, che fa pure esotico. Modalità di preparazione: versare una dose massiccia di aspettativa fresca di Oscar, aggiungere qualche vecchio divo in crisi di “quarta” età, riempire con monaci volteggianti bimbe geniali e top model premio Nobel, mixare con qualche hit a tutto volume e servire in un fresco clima montanaro.

L’importante è che il tutto appaia come atto di denuncia. Una denuncia non troppo pronunciata però, cerchiamo pure di immedesimarci in questi fragili signori del denaro: in fondo, siam tutti vittime degli stessi mali, no?

Ma forse non basta fare paragoni con ‘8 ½’, la figlia Lena con Luisa (la moglie di Guido), quel detrito di Maradona coll’intoccabile Papa ammantato di vapore, o le donne oggetto che emergono dalla coscienza turbata di Mick con quelle del castigatore Mastroianni, per capire quanto a Sorrentino ci piace Fellini.

Ed è ‘lodevole’ trovarsi parte di un pubblico italiano che finalmente acclama la sua nuova stella a livello internazionale: “Ma che belle le luci, e che fotografia! Che moderno!” quando purtroppo, qui da noi, restano nell’ombra promotori del genere quali Roy Andersson. Invitiamo, se già non l’aveste fatto, a osservare le particolari somiglianze con “Canicola” o la trilogia “Paradise” dell’austriaco Ulrich Seidl, bastano poche scene.

Comunque, a parte i fastidiosi e inconcludenti paragoni, quel che lascia il film è che resta un buon film. Una cosa che però emerge è questo fatto che Sorrentino voglia fare “il giovane” a tutti i costi. E ci riesce pure bene. Ma come vengono dipinti i giovani autori nel suo film? Nella scena in cui Harvey Keitel cerca di dare una definizione di giovinezza e vecchiaia, futuro passato e altre profonde verità che lasciamo alla sceneggiatura del regista, il personaggio punta il cannocchiale verso la troupe in erba, ma nel verso sbagliato dello strumento.

I ragazzi vengono quindi ripresi piccoli piccoli, lontano lontano … ma lontano da cosa? Da un obiettivo che non sono in grado o che non possono raggiungere? In ogni caso, qualsiasi comparsa di questi piccoli Ejzenštejn viene utilizzata solo per fargli pronunciare frasi inopportune, o al massimo per coronare una tenera storia d’amore puerile. È questa la giovinezza che il regista osserva nelle promesse del domani? Tanto per non essere ripetitivi, viene subito in mente quel simpatico giovane nell’Intervista di Fellini, ugualmente volenteroso ma trattato con più tatto e, soprattutto, con molta più fiducia.

Micheal Caine e l’ex cattivo tenente sono dunque protagonisti di una routine magra e rassegnata, scandita solo da “belle cose da raccontare” e gare a chi sgocciola più la prostata. E Paul Dano, che veste i panni di spettatore sconsolato, schiacciato dal fardello di aver interpretato un robot in qualche vecchio mago di Oz, chissà perché fa venire subito in mente lo Shia Labeouf di Transormers. Per essere chiari: chi fosse rimasto deluso dalla precedente pellicola, non potrebbe che rinnovare quel sentimento. Ma per chi ‘La Grande Bellezza’ l’avesse trovata … una grande bellezza, non avrà che buon pane per i suoi denti.

Certo, mancano quei mega zoom sulle smorfie beffarde di Servillo, italianissime, ma i primi piani in ralenty sui divi hollywoodiani sono quantomeno identici. E abbiamo pure la Ferilli rumena. La si vede di spalle nella locandina. Non scordate i pop-corn e … buon happy hour, c’è Paolino al bancone!

Nanook

 

YOUTH

di Paolo Sorrentino [Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Italia, 2015,119′]

con: Micheal Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane Fonda
cinema20FBNella montagna incantata di Thomas Mann, in un complesso per ricchi e potenti che vogliono rigenerare spirito e corpo, trascorrono un periodo due anziani artisti, un compositore e un regista, amici da sessanta anni e anche consuoceri. Sorrentino affida i pensieri e le parole di questi due uomini a Michael Cane e Harvey Keitel che con i loro sguardi intensi e i volti stropicciati, trascorrono i giorni osservando il mondo che li circonda, gli altri ospiti del resort, i propri figli che stanno divorziando.Mentre Fred Ballinger, il compositore interpretato da Michael Cane, è un uomo apatico, ritirato dal mondo, che rifiuta di scrivere e dirigere ancora la propria musica, Mick Boyle, il regista impersonato da Harvey Keitel, sta ancora scrivendo un film, il suo film testamento e lavora con una equipe di giovani.

Mangiano insieme, passeggiano insieme, si confrontano sui problemi della prostata, parlano di un lontano comune amore che, rimasto non vissuto, suscita in loro ancora il desiderio, o almeno il ricordo del desiderio, o forse il desiderio del desiderio. La vita intorno a loro viene rappresentata in quadri estremamente plastici, uomini e donne silenti, nudi nella sauna, in piscina. Sono corpi appesantiti, senza turgore e sguardi vuoti, forse persi. Le musiche di David Lang accompagnano magistralmente questi quadri.

La figlia segretaria di Ballinger, lasciata dal marito, trascorre col padre questi giorni. Un giovane attore californiano si sta preparando per una parte importante e studia gli ospiti e la vita dell’albergo. Maradona, invecchiato, appesantito, senza fiato sembra un memento per tutti, quasi un Sic transit gloria mundi. Pamela Faith e Sumi Jo interpretano se stesse. Una strepitosa Jane Fonda che non teme di mostrare ogni singola ruga, in una sola scena, col suo pragmatismo che declina il desiderio solo in termini di appagamento dei bisogni, sconvolge i progetti di Boyle, e cambia il destino dei due protagonisti.

Il tema del film è il desiderio. L’assenza di questo,e il suo ritrovamento. Il timore di non riuscire a conseguire quel che si desidera, perché non se ne è capaci, perché non lo si merita, perché ormai è troppo tardi. È questo un film che tiene sospesi, che procede con due cifre parallele: quella del distaccato disincanto sulla vita e quello dei sentimenti che prepotentemente ci legano a questa. Sembra che Sorrentino voglia tenerci a distanza alternando le scene coi dialoghi e le azioni e in cui lo spettatore si sente chiamato in causa, con i quadri viventi in cui solo la musica agisce e procede. Un film che ci fa provare molte emozioni e che nel contempo ci vorrebbe imporre di non provarle. Ma come dice Boyle: “Le emozioni sono tutto quel che abbiamo“.

È un film da vedere, con tante letture e tanti rimandi, citazioni e omaggi ad altri registi e ad altre poetiche, con l’ironia tipica in Sorrentino che ride sì del mondo e degli uomini, ma che continua ad amarli, e la giovinezza evocata nel titolo è il rinnovellarsi continuo di chi sa ancora emozionarsi.

Tootsie

 questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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