19 maggio 2015

PULIRE MILANO: LA BANALITÀ DEL BENE E L’ELOGIO DELLA MISURA


Primo-sedici maggio, due settimane milanesi che ricorderemo a lungo, in cui – al dà degli eventi – gli spunti di riflessione, anche critici, sulla cittadinanza attiva non sono di certo mancati. Ce ne sono state di ragioni, per intervallare gli stati d’animo, al punto da arrivare a pensarla alternativamente in modo diverso e quasi opposto. Si è partiti dall’indignazione, sicuramente. Proprio nel giorno in cui la città si apriva al mondo con Expo si è sentita quanto mai “violata”, senza protezione: non che non fosse successo altre volte, vero che le vetrine infrante non erano state poi così tante, la devastazione non così estesa.

05poli19FBCerto, come ha scritto Paolo Hutter su queste pagine, “non era la strage di Charlie Hebdo, ma neanche paragonabile agli anni ’70”, eppure ciò riveste ora un’importanza relativa, perché ci sono momenti in cui un accadimento di cronaca come questo ha la capacità di trasformarsi in un simbolo, e sui simboli è difficile controbattere. In molti si sono sentiti, per una volta, toccati nel cuore della propria casa anche se non era propriamente casa loro, come quando vengono i ladri, magari non rubano niente ma mettono tutto sottosopra. La manifestazione, il corteo di due giorni dopo sono stati raccolti quindi come qualcosa che avrebbero potuto organizzare loro stessi, i milanesi, se ne avessero avuto le possibilità tecniche. E tra tante manifestazioni costruite a tavolino, tra tante iniziative in cui si distingue bene una componente di forzatura politica, “Nessuno tocchi Milano” è sembrata invece nascere da un moto del tutto differente.

Sarà per questo che ho trovato, continuo a trovare fuori luogo l’ironia piena di sufficienza che si è fatta – qua e là, da parte di alcuni “intellettuali di sinistra” – sui cittadini armati di spugne e scope, la supponenza di quanti hanno bollato come retorica l’immagine della sfilata di gente dietro al sindaco. Radical chic chi ha indossato la tuta e ha dedicato la domenica a fare pulizia: forse; ma anche chi ha solo criticato non è da meno. L’idea di pulire Milano mi è sembrata bella, autentica. Normale, una dose di retorica l’accompagnava, come spesso accade per le azioni simbolo, ma la differenza è che una volta tanto non appariva indotta, ma nata da un sentire temporaneamente condiviso. Ci si attiva di solito per difendere ciò che è più vicino, con comitati che organizzano mobilitazioni per un giardino, un singolo albero; qui la visione era più ampia.

Polemizzare, un po’ dall’alto in basso su quanto viene promosso da altri è sempre considerato più intelligente che aderire senza obiezioni. Spesso è pure vero, ma ci sono casi in cui forse una banale distinzione tra “bene e male, buoni e cattivi” può bastare nell’analisi dei fatti. Senza essere accusati di “buonismo”. Sì, tanto semplice da apparire banale: i cittadini si attivano per pulire la città dopo una serie di atti vandalici concentrati in un giorno speciale, e a poche settimane dall’inaugurazione della Darsena rinnovata, nel momento in cui Milano cerca di essere al top.

Qualcosa è iniziato a cambiare però, nella percezione di molti, già il giorno successivo. Di chi è la manifestazione, a chi spetta il merito del successo, chi si è mosso per primo? Io direi i cittadini che hanno partecipato, ma la risposta non è così scontata e le puntualizzazioni non si fanno attendere. Dato il successo clamoroso e, diciamocelo, inaspettato, scatta subito il tentativo di incanalarlo, etichettarlo, appropriarsene. Partiti, associazioni e non solo provano a captarne i meccanismi per poterne ripetere le dinamiche, farne un “format“. Immagino che tutti, a cominciare dagli strateghi della partecipazione, si siano chiesti: ma com’è che questo “pulire Milano” è piaciuto tanto? Si organizza di tutto, si manifesta per tutto, perché proprio quest’iniziativa è stata recepita con un entusiasmo che risalta nella differenza?

Nel tentativo di capire, la macchina intanto riparte per non perdere l’accelerazione e rischia di finire fuori controllo. Ancora una volta il gioco continua, perdendo per strada il senso del limite e la genuinità iniziale finisce col trasformarsi in uno strumento come un altro. La campagna elettorale si avvicina, e in mezzo ci saranno vari appuntamenti: perché non cercare di intercettare, attraverso un evento imprevisto ed eccezionale, ciò che per i milanesi può essere importante? Cancellare le scritte dei writer, sistemare gli spazi verdi, essere coinvolti in un fai-da-te per rendere più bella Milano e riparare ai danni di altri? Se è questo che vuoi, ti diamo la possibilità di farlo! Ed è così arrivato, sabato e domenica scorsi, il week- end di “Bella Milano”, nuovo appello lanciato dal Comune per ripulire in ciascuna zona luoghi degradati, dai muri ai giardinetti, su segnalazione degli stessi residenti; ne sono stati individuati oltre 200, di siti da sistemare, molte adesioni e interventi concreti, ottima risposta …

Eppure, perché non sembra più come la prima volta? Conserverebbe comunque un senso e un valore, questa forma ritrovata di impegno civico se non si perdesse la misura: se non la perdesse chi organizza – non più ormai con spirito del tutto disinteressato – le mobilitazioni, ma anche chi vi prende parte in perfetta buona fede. Perché l’ansia di protagonismo si può scatenare anche impugnando una scopa. Non vogliamo parlare dei volontari che hanno “imbiancato” il murales di Pao, mi pare che sui social network si sia infierito fin troppo, già ricorre il leitmotiv che c’è chi non distingue uno scarabocchio dal Cenacolo di Leonardo (reazioni tanto inaudite in rapporto ai fatti da lasciare pensare che nascondano altro, lontani rancori).

Parliamo piuttosto di questo clima generale in cui, risvegliati dall’onda del tre maggio, tutti vogliono pulire, aggiustare, visitare le periferie degradate in cui magari non sono mai stati e che non sanno neppure bene dove stanno. Sia mai che quest’impeto si perda, sia mai però che diventi una macchina a uso dei partiti, di un possibile futuro candidato a qualsiasi carica o di chiunque. I cittadini amano pulire la loro città, ma fino a un certo punto, e quelli “attivi” e impegnati hanno imparato a distinguere bene le intenzioni degli altri, autentiche o strumentali. Adulti e vaccinati!

E per finire, anche il volontariato è una risorsa, ma preferisce non essere considerato un sostituto alle mancanze della politica o delle istituzioni. Solidarietà, condivisione e impegno civico valgono per sempre e sono pronti a rafforzarsi in caso di necessità, come abbiamo visto. Ma non lasciamoci trascinare in un gioco che rischia di svuotarsi di sostanza, facciamo che non si arrivi a odiarlo, questo hashtag #bellamilano che compare ormai ovunque, facciamo di non togliergli il senso che ce lo ha fatto amare.

 

Eleonora Poli

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti