19 ottobre 2009

PGT E SISTEMA MOBILITÀ: QUESTIONE APERTA


Con una scarna relazione e sommari elaborati grafici, la parte dedicata al “sistema della mobilità a rete” della bozza del PGT (Piano di Governo del Territorio) di Milano suscita interrogativi, anche a chi avrebbe le migliori intenzioni per guardare con favore alla pianificazione del Comune.

Il primo interrogativo riguarda la strategia di grande scala. Il dibattito urbanistico milanese, pur nella contrapposizione – anche dura – tra le varie scuole, è stato sempre consapevole che Milano non finisce con i suoi confini, ma è il centro di un grande bacino insediativo e di mobilità: Da tempo è comune sentire che questo bacino debba diventare una sola città per acquisire la “massa critica” di una città mondiale (in termini funzionali e non istituzionali, a mio parere, ma questa è altra questione).

E’ pur vero che il Comune (e così pure il PGT) agisce ed ha potere solo entro quei confini, ma le possibili strategie macro provocano riflessi ben differenti all’interno della città, e la strategia scelta deve essere quanto meno enunciata. Eppure sarebbe stato il momento per entrare nell’argomento, ora che i limiti del primo passante sono venuti bene in luce; che gli accordi con le Ferrovie dello Stato sono stati riscritti, eliminando la previsione finanziaria del secondo passante; e mentre la valorizzazione delle aree ferroviarie sembra avvenire senza contropartite per lo sviluppo della città.

Naturalmente, il documento tratta il tema delle ferrovie e quello del secondo passante, ma più in termini di razionalizzazione tecnica del nodo ferroviario che con l’obiettivo di costruire una grande rete di livello regionale.

Ne consegue un tracciato che propone il velleitario collegamento interrato Centrale-Garibaldi con una stazione in caverna (asteniamoci dal commentarne i costi, ma la mancata connessione tra servizi passanti e di lunga distanza -errore del passato- può essere ripristinata in modo meno oneroso). Per contro, il secondo passante tralascia inspiegabilmente la connessione tra il ramo N-O di Torino-Sempione e la cintura verso S-E (Venezia, Bologna, Genova).

Il secondo interrogativo riguarda lo sviluppo delle nuove metropolitane (fino a 10 linee) che appare invero piuttosto ridondante.

Le nuove linee, pur facenti sempre capo a stazioni ferroviarie, sono prevalentemente condotte in aree periferiche o di frangia che ben difficilmente potranno generare l’utenza di un sistema metropolitano. Verrebbe da pensare che si tratti di tranvie, se per queste non figurasse un apposito simbolo in legenda.

Inspiegabilmente però, e senza nessuna motivazione, viene eliminata la biforcazione della M4 su via Mecenate, prevista dal PUM (Piano Urbano della Mobilità), benché dotata di sicura domanda.

E’ pur vero che i piani regolatori hanno necessariamente orizzonte illimitato, ma non il Documento di Piano del PGT, che deve esprimere la strategia del quinquennio e, come previsto dalla l.r. 12/2005, dimostrare la “compatibilità con le risorse economiche”. Come sarà possibile acquisire la massa di risorse necessaria per attuare una rete siffatta e con quali tempi?

Il PGT sembrerebbe aver acquisito come dato di fatto le interpretazioni sociologiche della “città infinita” e, come tale, considerandola non più assoggettabile al governo degli insediamenti e della mobilità. Si limita quindi a programmare l’acquisizione di una maggiore quantità di popolazione all’interno dei suoi confini municipali (pur con la riduzione dell’area costruita) invece che puntare a far città di tutto l’insieme degli insediamenti lombardi.

Giorgio Goggi

 

 



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