29 aprile 2015

LA CITTÀ COL FIATO SOSPESO


Milano ha il fiato sospeso, magari anche il fiato grosso: grosso perché sta correndo a più non posso, sospeso perché mancano due giorni all’inaugurazione di Expo2015; che tutto vada bene è ancora una speranza ma non una certezza. Sappiamo che qualcosa non sarà finite ma questo è più o meno normale – soprattutto da noi -, sempre che l’incompleto non sia così visibile e massiccio da sollevare critiche e perplessità da parte dei visitatori: certo i primi tempi vedremo ancora operai al lavoro, magari di notte per non mettere in pericolo i visitatori.

01editoriale16FBSe le cose andranno in modo ragionevole, ne saremo tutti contenti perché salvo alcuni irriducibili del tanto peggio tanto meglio, checché ne dica Diana Bracco, nessuna persona normale sarebbe contenta di un insuccesso, nemmeno nel nostro Paese di auto flagellatori: la pessima figura di Expo sarebbe una pessima figura per il Paese intero e non lascerebbe fuori nessuno.

Anche se quel che succederà il Primo Maggio già sarà un segnale, prima di esprimere un giudizio bisognerà lasciar passare un paio di mesi perché la prova non si fa in un giorno e nemmeno in una settimana. Difficoltà e intoppi ve ne saranno certo ma anche qui si vedrà se la squadra di Expo sarà in grado di reggere il colpo.

E fin qui abbiamo parlato di Expo2015 e di quel che succederà all’interno del suo recinto o nelle sue immediate vicinanze. Resta un’inesorabile riflessione: la vicenda di Expo è stata tutta gestita senza che il pericolo di un insuccesso fosse attentamente evitato, cosa certamente possibile. Ricordo una riunione in via San Tomaso nella sede comunale di Expo quando ancora si parlava di indire i bandi per la famosa piastra e, come membro della Comitato antimafia, partecipavo a qualche riunione: scorrendo i cronoprogrammi di attività non trovavo alcuna previsione che riguardasse fatti imprevisti quali le avversità atmosferiche o di altro tipo, cose che nei cronopragrammi non dovrebbero mancare mai. Sentir dire negli ultimi tempi che tutto sarebbe dipeso dalla pioggia o dal gelo invernale era solo la manifestazione di scarsa o nessuna avvedutezza. Far correre rischi inutili è un reato? Farli correre a una città, a un Paese? Non so, certo val la pena di cambiare chi sta al volante o quanto meno non essere troppo generosi nei giudizi a posteriori.

Per la città, per Milano, il discorso è diverso. Se nell’accoglienza ai visitatori qualcosa non funzionerà, non ci sono scuse. Expo ha avuto i suoi travagli ed è inutile ricordarli ma Milano no. Che questo “Primo Maggio” dovesse arrivare lo sapeva la Giunta Moratti e dal giugno 2011 lo sapeva per certo anche la Giunta Pisapia quando si è insediata: se i lavori programmati non saranno finiti, se i cantieri ancora aperti intralceranno il traffico, se le biglietterie automatiche nei mezzanini della MM avranno code infinite, se le scale mobili saranno ancora in manutenzione, se i visitatori del Cenacolo saranno costretti a fare la coda sotto il sole cocente dell’estate senza il riparo di una tenda, tanto per citare due o tre dei mille possibili punti di crisi ma anche se per eccesso di informatizzazione troppi digitali non nativi resteranno disinformati e persi, se tutto questo accadrà la città farà una vera figuraccia: l’imminenza di nuove elezioni amministrative rischia di far giustizia sommaria, travolgendo tutti per le inadeguatezze di pochi.

A ciascuno il suo e dunque alla gente comune, ai privati quel che loro compete e i relativi meriti: sino a ora l’aver mostrato un’intelligenza e una voglia di fare e una creatività che Expo ha risvegliato al di là di ogni aspettativa. Dal Primo Maggio in avanti i cittadini dovranno mostrare una serena pazienza per gli inevitabili disagi e confermare lo spirito di accoglienza che ha sempre distinto i milanesi, pacati, parsimoniosi ma disponibili. Il vero bilancio si farà a partire da ottobre e da quel momento potremo valutare il lascito di Expo, i suoi costi e i suoi ricavi.

Luca Beltrami Gadola



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