15 aprile 2015

ARIA DI EXPO. SICUREZZA ALIMENTARE E QUESTIONE DI GENERE: DIBATTITO A UNA SOLA DIREZIONE


Il dibattito sulla sicurezza alimentare è riemerso con forza a seguito del forte aumento dei prezzi dei beni alimentari registrato nella seconda metà degli anni duemila, che ha ulteriormente approfondito le condizioni di povertà e insicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo. Nell’ambito di questa discussione, e anche a seguito della pubblicazione di due documenti chiave da parte della FAO nel 2010 e della Banca Mondiale nel 2012, si è assistito al progressivo collegamento, nelle strategie di sviluppo, della sicurezza alimentare alla questione di genere, con specifica attenzione per il ruolo che le donne ricoprono come principali produttrici del settore agricolo e per i benefici che la maggiore garanzia dei loro diritti apporterebbe alla sicurezza alimentare e alla crescita economica, oltre che per l’importanza della parità di genere in quanto diritto umano fondamentale.

05frascona14FBIl dibattito ha quindi assunto rilievo a livello globale, impegnando i principali attori internazionali nella revisione di analisi e politiche a favore della promozione del mainstreaming di genere per rendere le organizzazioni stesse maggiormente sensibili a questo tema, e nell’implementazione di programmi e progetti ad hoc. La questione di genere è un tema trasversale di cui è necessario tenere conto nell’implementazione degli interventi tesi all’eliminazione di povertà e insicurezza alimentare. Mettere in evidenza l’importanza della questione non ne ha però impedito in molti casi la strumentalizzazione.

Ciò risulta evidente nei numerosi documenti di attori chiave dello sviluppo che promuovono l’uguaglianza di genere in quanto funzionale allo sviluppo economico. Investire sulle donne è considerato economicamente efficiente, perché, si presume, maggiori redditi e risorse nelle loro mani producono effetti positivi in termini di aumento del benessere dell’unità familiare e dell’intera società.

Nonostante le diverse dimensioni che compongono la sicurezza alimentare (disponibilità, accesso, utilizzo, stabilità) e la complessità delle catene produttive, gli interventi di sviluppo e cooperazione si concentrano sulla dimensione dell’accesso alle risorse e della produzione. Migliorare l’accesso delle donne alle risorse produttive diventa funzionale all’aumento della produzione e quindi della disponibilità di cibo, con conseguente diminuzione di povertà e fame. Tuttavia, diversi studi evidenziano l’ambiguità di questa “ricetta” universale: il semplice aumento della disponibilità di cibo non si traduce di per sé in aumento del reddito o diminuzione dell’insicurezza alimentare, soprattutto in un mondo globalizzato in cui i prezzi e la disponibilità dei beni sono definiti fuori dai contesti locali e in cui le strutture sociali e potere negano alle donne spazi, voce, partecipazione nei processi decisionali.

In questa rinnovata attenzione verso l’accesso alle risorse è riemerso l’interesse per la terra e la sua proprietà, per la sua potenzialità come merce di scambio a livello globale, in un sistema produttivo che ne ha sempre più necessità. Terra che è fondamentale anche nei nuovi modelli d’inclusione nei mercati internazionali dei piccoli produttori locali, categoria di cui spesso le donne fanno parte, e insieme a esse considerata la chiave per l’eliminazione della fame nel mondo. Tali modelli sono visti come un’opportunità per il loro coinvolgimento nelle catene di alto valore, sempre nella logica di aumento del reddito come elemento principale per la diminuzione della povertà, nonostante non ne sia stata dimostrata l’efficacia, soprattutto in assenza di riforme strutturali.

L’aumento del reddito è considerato basilare per l’aumento dell’empowerment economico delle donne. Empowerment che, svuotato del suo significato originario legato alla trasformazione delle strutture che producono e riproducono i ruoli di genere e la subordinazione delle donne, muta di significato e viene legato alla capacità di esercitare il controllo sulle risorse produttive e sui redditi che ne derivano come base per l’accesso a un maggiore potere decisionale e quindi a una maggiore parità di genere.

A livello internazionale i concetti di parità di genere e diritti delle donne sono diventati mutuabili, nonostante non significhino la stessa cosa. Ciò è evidenziato dall’assenza degli uomini nelle analisi e negli interventi volti all’aumento dell’uguaglianza di genere, che proprio perché escludono gli uomini, spesso risultano inefficaci nel diminuire le disparità esistenti.

L’importanza della parità di genere è rilevata e celebrata, ma in modo retorico, e sempre più spesso al solo fine di promuovere interventi che la considerano niente più che un mezzo per l’aumento della produttività agricola, principalmente di quei beni che hanno grande rilevanza nel commercio globale. Questo tipo di discorso, divenuto ormai uno standard dal quale nessuna grande organizzazione internazionale ha il coraggio (o l’interesse) a discostarsi, non solo contribuisce alla persistenza delle strutture sociali che relegano le donne ad uno status inferiore e alimenta falsi miti sul ruolo di cura e il potenziale salvifico di cui le donne sarebbero custodi, ma rafforzano l’idea che la parità di genere, così come la povertà e l’insicurezza alimentare siano questioni di carattere meramente economico e risolvibili con le leggi del mercato, e non piuttosto una profonda questione politica.

 

Serena Frasconà

 

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