15 aprile 2015

libri – LE VARIAZIONI REINACH


 

FILIPPO TUENA

LE VARIAZIONI REINACH

Premio Bagutta 2005

Nuova edizione gennaio 2015

BEAT, pp. 384, euro 13,90

 

libri14FBPratica l”Erlebnis” Filippo Tuena, da grande antiquario romano quale è. E cioè la capacità di far riemergere le cose del passato in un tutto organico ma senza trascurare il minimo dettaglio. Attraverso una ricerca certosina di documenti di archivio e foto polverose, fossero anche solo frammenti, ai quali la professionalità, il talento e la passione dell’autore riescono a dare nuova vita. Ed ecco così balzare ai nostri occhi la fatua, lussuosa e spensierata società parigina del primo ‘900, quella descritta da Proust, che verrà inghiottita dall’orrore della guerra e del razzismo più brutale.

 

Questo romanzo-verità prende avvio da un biglietto dattiloscritto per uso interno dell’amministrazione tedesca di occupazione nella Parigi del 1940, reperito nel Centro di documentazione ebraica contemporanea della capitale francese. Lì si fa cenno all’esistenza di un certo Lèon Reinach, compositore musicista, figlio del banchiere-archeologo omonimo, sua moglie Beatrice Camondo Reinach, pure figlia di banchieri, e dei loro figli, Fanny, studentessa e cavallerizza, e Bertrand, ebanista. Quest’ultimo quasi una “pecora nera” della famiglia, che non aveva voluto studiare, ma che sarà colui che con la sua abilità di falegname riuscirà a protrarre di alcuni mesi il soggiorno della famiglia nel campo di concentramento a Drancy, in attesa del tragico convoglio per Auschwitz.

 

Colpisce l’inconsapevolezza di questi aristocratici ebrei, appunto i Reinach-Camondo, che nonostante dal 1940 tutta la società attorno a loro stesse ruinando, con sequestri, confische, stelle gialle sugli abiti, limitazioni delle libertà personali, divieti di alte professioni, non si avvidero della tragedia incombente sulle loro teste. Per superficialità mondana, per supponenza o nella illusione di avere accumulato tali crediti verso la Francia da renderli intoccabili, sia con le loro donazioni di quadri eccelsi al Louvre, come il Renoir di nonna Irène, o delle loro due splendide magioni, il Nissim Camondo a Parigi e villa Keryle in Costa Azzurra, entrambi ora musei, sia per avere dato alla Francia un pilota, Lèon Camondo, caduto eroicamente durante la Grande Guerra nel 1917 a Salonicco.

 

E anche per questo ultimo motivo mi ha colpita ancora di più dalla lettura del romanzo di Tuena, perché anni fa mi è capitato di visitare a Parigi un museo, senz’altro piccolo rispetto ai maggiori, il Nissim Camondo presso il Parc Monceau, e due fatti mi colpirono allora: la camera intatta del figlio Lèon Camondo, perito con il suo biplano, e la targa sulla facciata del palazzo: M.me Beatrice Camondo Reinach, i suoi figli Fanny e Bertrand, con Leon Reinach, deportati nel 1942, e poi spariti nel nulla. Mi sembrava infatti impossibile sostenere l’opinione secondo la quale gli ebrei non avessero patria, come invece dimostra questa tragica vicenda.

 

L’Autore insegue una narrazione, sollecitato da sassi cadenti come stelle mute che gli si muovono dentro, sospinto dal possesso di una collezione di libri appartenuta ai Reinach, acquistata a un’asta, e da lì decide, per raccontare la loro storia, di visitare la loro prima dimora, il Nissim Camondo, appunto. Ed è lì che Tuena inizia e sentire la presenza di fantasmi e il suono di voci, che diventeranno prevaricanti, uscendo poi da sottoterra o fuori dalle crepe dell’intonaco del campo di Drancy, a nord est di Parigi, quello di sosta prima del balzo nel paese di Pitchipoi, nome da favola, quando vi si recò sulle tracce di Lèon Reinach, l’intellettuale sottomesso della foto da bambino della copertina del libro, risultato poi essere un ribelle.

 

Tralascio le descrizioni allucinanti e infernali della vita nei campi, con l’igiene assicurata, per così dire, da una sola putrida fossa comune, dove a volte per il bordo limaccioso, qualcuno cadeva dentro senza più le forze per rialzarsi, privi di acqua corrente, senza riscaldamento nel gelido inverno del nord, senza abiti caldi adeguati, senza scarpe se non di legno ruvido, senza sufficiente cibo per sostenersi, i capelli rasati, senza più un nome, solo un numero, i giacigli infestati dalle cimici .E su tutto aleggiava una puzza nauseabonda.

 

Non mancano riferimenti a Primo Levi, e al suo “Se questo è un uomo” ma nonostante i tanti libri scritti sui campo di concentramento, questo mi ha fatto capire ancora una volta perché, se si è precipitati in quegli abissi di annullamento della dignità umana, nulla si può fare per rimarginare la ferita indelebile. Il che spiega il suicidio di Levi. E se anche hai l’incredibile fortuna di essere un sopravvissuto dai lager,tra quelle poche decine di salvati su migliaia di internati, ti vedrai però ogni mattina stampato sul braccio, come le mandrie del far west, senza più nulla, nemmeno il tuo nome, quel maledetto numero.

 

Un ulteriore pista perseguita dal Tuena è la riscoperta delle Variazioni di Reinach, la sonata per archi in re minore, di cui nessuno aveva più notizie e che si pensava fosse l’unica opera del musicista Lèon Reinach. Dopo una ricerca meticolosa attraverso il ricordo e le testimonianze di lontani parenti incontrati appositamente e il reperimento di vecchi documenti, non a Parigi ma in America!!!, finalmente le Variazioni hanno rivisto la luce,grazie a questo libro, 80 anni dopo la prima esecuzione nel 1932.

 

Quasi una crime story, (dove il crime è uno dei più tragici eventi della storia) questo fondamentale romanzo di Tuena, che non ha esitato a recarsi ovunque la sua indagine lo richiedesse, per delineare l’atmosfera di quei primi cinquanta anni del ‘900, all’insegna delle follia nazista. Un libro di storia dell’Europa tra le due Guerre mondiali, corredato di 18 pagine di riferimenti bibliografici, fotografie, preziosi documenti originali, riprodotti integralmente.

 

Marilena Poletti Pasero

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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