1 aprile 2015

OPERAZIONE EXPOST: AREE A PERDERE?


Il dopo Expo era stato pensato come un’operazione immobiliare che avrebbe dovuto garantire ai proprietari delle aree, privati e pubblici, una plusvalenza di centinaia di milioni. Il fallimento della gara pubblica per la prevendita delle aree edificabili (in attesa che si concludesse l’esposizione) chiusa nel dicembre del 2014, ha sancito la fine della prospettiva immobiliare per gli enti pubblici. Non per i privati che avendo venduto al “pubblico” le aree di loro proprietà, dopo la variante urbanistica, hanno già realizzato una plusvalenza di decine di milioni. Anche la fondazione Fiera Milano ha lucrato una cospicua rendita avendo venduto ad Arexpo parte delle sue aree, comprate per 15 milioni, a 66 milioni (dati desunti da fonti giornalistiche). Ma la Fiera presenta una natura alterna tra pubblica e privata, secondo le situazioni. Tali plusvalenze gravano ora sugli altri enti pubblici che si sono indebitati per comprare le aree edificabili.

03targetti13FBLa situazione finanziaria che emerge dai dati riportati dalla stampa è la seguente. Arexpo è indebitata con le banche per 160 milioni. Quasi 120 sono serviti per pagare le aree; 49,6 alla famiglia Cabassi e 66 alla Fondazione Fiera Milano. Arexpo poi ha l’impegno di pagare a Expo 2015 Spa 75 milioni per l’attrezzatura dell’area (con i quali si supererebbe la disponibilità ottenuta con il prestito di 160 milioni).

Le questioni di fondo che vanno a tutt’oggi poste sono le seguenti. Che ruolo territoriale assegnare al polo di Expo e che funzioni insediare. Quali sono le strategie e le condizioni di fattibilità economica: vendere le aree o governare il nuovo polo metropolitano come bene pubblico e fattore di sviluppo. A chi affidare la regia politica dell’operazione. A chi affidare la conduzione imprenditoriale dell’operazione. Si è riaperto dunque il dibattito sul che fare dopo Expo. L’associazione “Vivi e progetta un’altra Milano” ha organizzato un convegno sul tema: “EXPOST aree dopo Expo 2015, quale destinazione?” (Palazzo Marino, Sala Alessi, 17 marzo 2015). Al convegno non erano presenti gli attori ovvero i rappresentanti di Arexpo, del Comune di Milano, della Regione, del Comune di Rho, e della Provincia – Città metropolitana di Milano (?).

Le note che seguono sono dunque un tentativo di fare il punto e delineare strategie alternative prendendo spunto dal convegno. Riprenderò alcune considerazioni già sviluppate nel n. 40 di ArcipelagoMilano del 19 novembre 2014, aggiornando la situazione di Arexpo come risulta dalle notizie di stampa.

Che sta facendo Arexpo – Arexpo mantiene l’obbiettivo di alienare le aree, pagare i debiti alle banche e garantire una se pur ridotta plusvalenza ai soci pubblici, senza modificare l’Accordo di programma che lega i diversi soggetti e chiudere così la propria missione. A tale fine sta predisponendo un bando per individuare l’ “advisor” che dovrebbe a sua volta predisporre un nuovo masterplan per bandire una nuova gara prima dell’estate. Nel frattempo sta raccogliendo le manifestazioni di interesse. Quelle note già presentate sono di insediare nel sito: la Città della scienza; gli Uffici dell’Agenzia del territorio, le strutture della Statale di Città studi su proposta del Rettore. Un Parco tecnologico – Nexpo – su proposta di Assolombarda. A questo nucleo forte si sono aggiunte le proposte della Lega Coop e di Confcooperative di un Centro di ricerca sull’alimentazione e le proposte dalle associazioni degli artigiani e della Coldiretti per strutture di sostegno alle piccole imprese.

Il prezzo di cessione delle aree sarà stabilito dal bando ma se l’obbiettivo finanziario resta lo stesso (restituzione immediata del debito e valorizzazione immobiliare delle aree) l’ordine di grandezza dovrà essere lo stesso del primo bando, cioè circa 300 milioni di euro. Ma chi tra i manifestanti di interesse suddetti può e intenderà pagare quelle aree come aree edificabili a valori di mercato pre-crisi? Il rischio è un nuovo fallimento del bando. L’alternativa è una strategia a guida pubblica.

Che ruolo assegnare al polo Expo e che funzioni insediare – Le idee del convegno. Su questi temi i relatori, dopo la critica alla scelta del sito e all’impostazione immobiliare di Expo, hanno sviluppato diverse considerazioni sulle funzioni da insediare. Alcuni interventi hanno delineato temi strategici. Mantenere e sviluppare il tema di Expo, “Nutrire il pianeta, energie per la vita” (Basilio Rizzo). Creare un polo per la ricerca e lo sviluppo di imprese innovative. Costruire relazioni tra il polo Expo e il territorio metropolitano tali da contrastare il processo di periferizzazione (Vittorio Gregotti). Altri interventi hanno o commentato le proposte in campo o fatto nuove proposte precise. Stefano Boeri ha proposto tra l’altro, di trasferire l’Ortomercato e dare una prospettiva di rinnovo urbanistico all’area liberata.

È stata poi rilevata l’urgenza di decidere un uso transitorio dell’area per non ritrovarsi, al termine dell’esposizione, un’enorme area ad altissima accessibilità ma abbandonata per molti mesi o anni (Luca Beltrami Gadola). A tale proposito si deve ricordare la proposta del presidente della Triennale Claudio De Albertis di usare i padiglioni Expo per una mostra straordinaria di architettura. È stato quindi proposto di conservare i padiglioni adatti al riuso anziché abbatterli (a spese delle Nazioni assegnatarie) chiedendo al BIE di modificare la clausola del contratto che ne impone assurdamente la demolizione.

Un’alternativa strategica e condizioni di fattibilità economica – Venuta meno la prospettiva immobiliare con il fallimento del primo bando la parte pubblica, intesa come insieme degli enti pubblici responsabili dell’operazione, compresa la Fondazione Fiera Milano che è società di capitali pubblici, potrebbe decidere di giocare diversamente il patrimonio di aree e opere messe in campo; dovrebbe rinunciare al rientro a breve dei capitali investiti e alla valorizzazione immobiliare delle proprie aree e considerare l’operazione non come prestazione di servizi a carico del bilancio pubblico, ma come investimento a lungo termine per lo sviluppo e la crescita economica del Paese. Università, ricerca, imprese “innovative”, possibilmente nel campo dell’alimentazione e dell’energia, costituiscono fattori di sviluppo. Arexpo dovrebbe diventare ente di gestione dell’operazione che potremmo definire Polo per l’innovazione e lo sviluppo.
Perché l’operazione sia fattibile è necessario l’intervento dello Stato attraverso il sostegno all’innovazione (Piano Operativo Nazionale), l’istituzione di speciali condizioni fiscali (free tax area ?), l’investimento diretto in termini di opere per l’attrezzatura dell’area.

Expo 2015 Spa, società di capitale pubblico finanziata dallo Stato potrebbe infatti rinunciare al pagamento dei costi di costruzione delle attrezzature dell’area (piastra centrale, canale, Palazzo Italia ecc.) e il ministero competente potrebbe entrare nel capitale di Arexpo. Sarebbe inoltre necessario attivare da subito i rapporti con l’Unione Europea per costruire un progetto che trovi riscontro nei criteri fissati dalla Comunità per l’uso dei fondi comunitari 2014 – 2020 per l’innovazione, dedicati alle città – metropolitane. Da queste scelte e azioni derivano le condizioni di fattibilità economica della conversione dell’area.

Resta il problema del debito e del suo finanziamento: con la “restituzione” dei capitali da parte della Fondazione Fiera, la rinuncia di Expo 2015 ai costi di urbanizzazione, il debito si ridurrebbe molto. Lascio le soluzioni finanziarie agli esperti ma si possono prospettare alcune ipotesi. Le banche potrebbero tramutare il finanziamento a breve concesso per l’acquisto delle aree (la restituzione del prestito era prevista con la vendita dell’area) in un prestito a lungo termine (mutui fondiari trentennali, obbligazioni, ecc) operazione che non dovrebbe presentare difficoltà nella raccolta del denaro (QE della BCE) e che dovrebbe essere comunque garantita dallo Stato.

Naturalmente va programmato il ripiano del debito se pure a lungo termine. Alcuni servizi di complemento alle funzioni primarie come residenze speciali, alberghi, impianti per lo sport, la cultura e il tempo libero, spazi di lavoro in affitto, ecc. possono produrre un reddito utilizzabile per ripianare il debito, mentre una parte delle aree – destinate a residenza connessa alle funzioni guida, sedi di imprese, uffici – potrebbero anche essere messe in vendita sul mercato immobiliare per ridurre il debito.

A chi affidare la regia politica dell’operazione – Le strategie di riuso dell’area Expo, le funzioni da collocare, il riuso delle aree urbane liberate sono temi propri di un piano strategico metropolitano, ma poco o nulla è stato detto sulla direzione politica dell’operazione di riconversione dell’area, dando forse per scontato che Regione e comune di Milano siano gli unici possibili protagonisti.
Nessuno ha accennato al fatto che a dicembre 2014 è stata istituita la Città-Metropolitana e che sarebbe logico che la nuova istituzione assumesse la direzione politica dell’operazione. Il ruolo territoriale di centralità metropolitana prospettato, richiederebbe appunto che quell’istituzione ne dirigesse l’attuazione.
È pur vero che Pisapia ha denunciato come la neonata Città-Metropolitana sia in tali difficoltà economiche da metterne in forse la reale sopravvivenza, ma se non si coglie questa occasione per dare forza alla nuova istituzione vuol dire che la si considera già fallita: un cambio di carta intestata della moribonda provincia.

Certo affidare EXPOST alla Città-Metropolitana è una scommessa perché la gestione della riconversione dell’area richiede una forte direzione politica che vuol dire sancire la nuova strategia, scegliere le funzioni da insediare, attivare i rapporti con lo Stato, l’Unione Europea e la Regione, pronunciarsi sul destino delle aree liberate dalle funzioni trasferite. Vuol dire ancora coinvolgere i comuni nel contesto del Piano strategico metropolitano a partire dal comune di Rho che è interessato territorialmente, ha una partecipazione in Arexpo ed esprime, nella figura del sindaco, l’assessore al bilancio della Città-Metropolitana. Vuol dire riprendere in mano la gestione urbanistica, dall’Accordo di programma, al Masterplan, alla formazione del Piano attuativo intercomunale o metropolitano (?). Tempi lunghi che chiedono di iniziare subito a occuparsene e di trovare usi provvisori per i padiglioni.

A chi affidare la conduzione imprenditoriale – Per raggiungere le finalità pubbliche e nello stesso tempo garantire il rientro del debito è necessaria una gestione manageriale dell’operazione EXPOST, ovvero è necessario istituire un ente di gestione del patrimonio immobiliare e delle operazioni economiche, consolidato e dedicato, capace di mettere insieme la strategia pubblica, il piano di gestione economica, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e di gestire contratti, appalti e progetti edilizi.
I responsabili politici devono valutare se la società Arexpo, proprietaria delle aree e concepita per una funzione di breve termine che si sarebbe conclusa con la vendita dell’area, sia adatta o debba esserne mutata la missione e la natura e dunque lo Statuto e se gli attuali organi direttivi non debbano essere rinforzati con competenze specifiche d’alto profilo, individuate magari attraverso una selezione di evidenza pubblica.

C’è molto da fare e sei mesi sono un tempo breve.

 

Ugo Targetti

 



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