1 aprile 2015

“IL GIOCO DEL RISPETTO” E IL CONSERVATORE COL PROBLEMA DEI FIGLI


Che cos’è davvero “Il Gioco del Rispetto” che ha scatenato nelle scorse settimane tanto sdegno, riportato dalla stampa nazionale prima e milanese poi, nel timore che tale ‘pericolosa’ iniziativa si possa diffondere rapidamente anche da noi? È un kit ludico-didattico, per i bambini e le bambine delle scuole dell’infanzia, un percorso formativo serio, sperimentato e adottato dall’Amministrazione di Trieste nelle sue scuole, che ha l’obiettivo di trasmettere attraverso il gioco il principio di uguaglianza e parità tra uomini e donne. È uno degli strumenti formativi che faticosamente, in un clima spesso ostile, iniziano a diffondersi in Italia, grazie alla collaborazione tra associazioni e istituzioni che hanno compreso che l’educazione alle differenze e al rispetto è fondamentale fin dalla prima infanzia.

10bocci13FBIl ‘Gioco del Rispetto’ è un progetto nella sua semplicità straordinario, realizzato da formatrici e esperte di comunicazione competenti che da tempo lavorano su progetti di formazione sul tema della violenza sulle donne, supportato dal Dipartimento di Studi Umanistici e Scienze della Vita dell’Università di Trieste e condiviso con educatori ed educatrici, per promuovere il rispetto reciproco tra i generi e il superamento degli stereotipi che sono alla base di molte discriminazioni. Progetto articolato che propone un ventaglio di percorsi attraverso laboratori che mettono in evidenza la varietà delle possibili inclinazioni di ciascun bambino o bambina e, senza sminuire le possibili differenze, trasmettono il valore delle pari opportunità di realizzazione delle loro aspirazioni sia che siano maschi, sia che siano femmine.

La scatola di giochi prodotta per le scuole contiene linee guida e strumenti propedeutici per gli insegnanti utili all’analisi del contesto, all’ascolto e all’osservazione, per comprendere quale sia l’immaginario dei bambini sul maschile e femminile, quale il loro universo di riferimento. A corredo degli strumenti didattici ci sono diverse proposte di gioco, dal simbolico alla narrazione, che mettono in discussione stereotipi diffusi, come quello del papà che è quello che lavora e basta mentre la mamma si occupa della casa e dei figli, o delle professioni che sembrano essere solo per maschi e altre solo per femmine utilizzate per realizzare un memory che le declina sia al maschile sia al femminile.

La disinformazione e la strumentalizzazione che ha caratterizzato il dibattito sui media intorno al ‘Gioco del Rispetto’, è una spia di quanto siano forti le resistenze all’introduzione nelle scuole di un nuovo repertorio di conoscenze che consenta di superare idee stereotipate sul maschile e femminile. Spostare il dibattito verso contenuti che nel Gioco non sono presenti, come l’educazione sessuale, evitando accuratamente di approfondire il progetto, oltre alla mistificazione, rivela la paura verso una educazione improntata ad una visione plurale e di parità tra i generi.

Ma questa è la strada: cominciare dai più piccoli studiando strumenti a loro congeniali e garantendo formazione agli insegnanti, che spesso si sentono impreparati e senza mezzi adeguati per aiutare i bambini a comprendere e affrontare i cambiamenti che attraversano la società. Perché nella prima infanzia si forma il sistema di riferimenti attraverso il quale si costruiscono relazioni e comportamenti, e quanto più saranno rigidi e univoci i modelli proposti, tanto più sarà difficile discostarsi da essi anche in futuro.

Se un bambino conoscerà come unico modello possibile di relazioni familiari ad esempio il padre che lavora e fa carriera e la mamma che resta a casa per crescere i figli e avere cura dei nonni, difficilmente sarà portato a comprendere che anche a ruoli invertiti tutto funzionerebbe lo stesso bene. Proporre ai bambini un ventaglio di possibilità è determinante per contrastare e decostruire stereotipi dominanti, ampiamente diffusi, che semplificano e irrigidiscono la realtà nella contrapposizione tra cose da femmine e cose da maschi.

La distorsione del dibattito mediatico su altri contenuti, la dice poi lunga sul fatto che il superamento della dicotomia tra maschile e femminile, e quindi l’educazione alla parità e al rispetto, venga considerato un obiettivo educativo e sociale secondario. E questo è particolarmente scoraggiante, considerato il tasso di occupazione femminile del Paese, il divario di remunerazione, il maggiore carico di cura per le donne e una tradizionale distinzione delle professioni per genere (con un’eccessiva femminilizzazione di alcune soprattutto in ambito umanistico e formativo, e predominio maschile in campo scientifico sia per studi/impiego/opportunità di carriera), che richiederebbero azioni mirate a colmare il gap.

Le Istituzioni rimangono indifferenti, a volte ostili – sono dell’Assessore alla Cultura della Regione Lombardia le più dure e meno documentate critiche al Gioco del Rispetto – ignorando i richiami della Convenzione di Istanbul (art.14) e dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità a introdurre azioni formative a partire dalla scuola dell’infanzia, ripresi anche nelle linee di indirizzo nazionali (nel D.M. 254 del 16 novembre 2012, e nelle Misure di accompagnamento delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione).

Spesso si cade nell’errore di mettere in contrapposizione interventi educativi e interventi sanzionatori sugli adulti, visti come miglior deterrente alla violenza di genere, ignorando quanto la prevenzione sia strumento efficace. Purtroppo ricerche autorevoli dimostrano che già nell’adolescenza, il rapporto tra giovanissimi è caratterizzato da relazioni segnate da violenze, psicologiche e fisiche, così come l’omofobia è tratto dominante del bullismo adolescenziale.

E mentre la violenza cresce, qualcuno sotto lo slogan “Giù le mani dai bambini” propone di bruciare nelle pubbliche piazze libri per l’infanzia che raccontano che di famiglia non ne esiste una sola, e che tutte hanno pari dignità e pari diritto alla felicità e al rispetto degli altri.

Dobbiamo colmare il ritardo e cominciare presto e dai bambini a proporre dinamiche di relazione sane tra i generi, perché un’educazione alla non-discriminazione nei suoi molteplici risvolti, è il migliore punto di partenza per crescere adulti migliori. Attraverso i Comuni, enti gestori dei servizi educativi all’Infanzia, può diffondersi una capacità di intervenire in rete con progetti educativi e formativi nella fascia dei più piccoli, condividendo e adottando esperienze che già funzionano, come il Gioco del Rispetto.

Questo il significato della presentazione del ‘Gioco del Rispetto‘ all’Assessore all’Educazione e alla Delegata del Sindaco alle Pari Opportunità, a molte coordinatrici delle scuole d’Infanzia di Milano, e della mia sollecitazione a considerarlo utile strumento da adottare nelle nostre scuole d’Infanzia. Milano, che ha storicamente sempre sostenuto lo sviluppo dei suoi servizi educativi di fascia 0-6 con la formazione, non può non cogliere questa opportunità, condividendo quanto già in uso a Trieste, e scegliendo di mettere a disposizione delle sue scuole e dei suoi insegnanti uno strumento valido e già sperimentato.

 

Paola Bocci



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