25 marzo 2015

POST EXPO: DARE UN SENSO E CAMBIARE SEGNO ALL’EREDITÀ


In queste settimane che precedono l’apertura di Expo2015, la massima priorità nell’attenzione delle élite politiche di livello locale e nazionale nonché della pubblica opinione è quella di capire in che condizioni si arriverà all’appuntamento del primo maggio 2015.

Nel frattempo, la società Expo S.p.A. ha pubblicato un bando per la fornitura di teli e quinte di arredo per il “camufflage” che si presume sarà utilizzato in quelle parti del sito espositivo per le quali si è dato per scontato un ritardo ormai incolmabile nell’approntamento. Probabilmente qualcuno avrà pensato che le intense frequentazioni degli Outlet abbiano in qualche modo abituato il pubblico alle scenografie e al posticcio urbano.

03monte12FBDa ultima, è arrivata la notizia ufficiale della rinuncia dell’attuale Sindaco Pisapia a candidarsi per un ulteriore successivo mandato. Fatto questo che potrebbe non avere grande rilevanza sull’andamento dei lavori ma che probabilmente produrrà una sorta di “parossismo parkinsoniano” sulla programmazione e sulle decisioni della macchina politica e amministrativa, derivante dai rimescolamenti e dal Risiko in vista dell’appuntamento elettorale del 2016.

Nel frattempo, il tema del riutilizzo delle aree, una volta conclusa la manifestazione espositiva, batte in testa ed è oggetto di speculazioni e riflessioni di tipo sporadico, affidate per lo più a volenterose e attente minoranze di tecnici, politici e associazioni interessati a invertire la rotta nella gestione di quello che fino a ora si sta mostrando come un’occasione con un bilancio negativo fra le opportunità colte e quelle sprecate.

Ovviamente dal punto di vista delle proposte, vaghezza ed estemporaneità sembrano farla da padrone e si coglie la fatica di ragionare oltre la lista (quasi un po’ compiaciuta) delle lamentele su quanto avvenuto dal 2008 a oggi (che oggettivamente annovera un numero impressionante e inaudito di misfatti ). Il lungo elenco di misfatti e inefficienze infatti condiziona le scelte future, sia dal punto di vista dell’approccio utilizzato che delle eredità (in senso lato) generate.

Ora, dal punto di vista del successo della manifestazione, mancano circa 40 giorni all’evento e dobbiamo solo augurarci che la città sappia rispondere nel migliore dei modi. Sul che fare del sito oltre il 2015 poche idee e grande confusione. Recentemente si percepisce un clima positivo nei confronti della manifestazione di interesse da parte dell’Università degli Studi per l’idea di trasferire un certo numero di Dipartimenti con il relativo svuotamento di Via Celoria. Opzione che pone qualche problema di composizione urbana se contestualmente non si definiscono preventivamente i caratteri e le funzioni che andranno a insediarsi a Città Studi.

Fino a qualche mese fa invece il mainstream si allineava rispetto all’ipotesi di un nuovo stadio per il calcio. Tornando indietro di qualche tempo era invece “il parco tecnologico” a tenere banco nelle discussioni sul futuro. Qualsiasi proposta sparata nella mischia sembra avere cittadinanza per un po’ di tempo, almeno fino a quando il bluff della insostenibilità economica – che sembra il primo e solo termine di riferimento – non viene scoperto.

Nel frattempo non sembra visibile negli atti e nelle decisioni dei soggetti pubblici interessati, la preoccupazione di sviluppare un ragionamento stabile, strutturato e sistematico che porti alla definizione di un metodo e di una cornice in grado di dare un senso (urbano, metropolitano, politico, economico) alle scelte da fare per recuperare il sito di Expo prima che questo diventi un luogo di degrado e abbandono.

Tra i temi prioritari da sviluppare in questa direzione c’è la ricerca di una soluzione con rinegoziazione del debito gravante sulle aree, per restituire quei luoghi alla regia e all’iniziativa pubblica. Questo porterebbe a una inversione di tendenza rispetto al criterio fin qui troppo spesso seguito che sposa la realizzazione degli interventi urbanistici alla disponibilità di qualche soggetto privato a farsene carico (con un debito costo in termini economici e attese volumetriche) indipendentemente dalla natura delle funzioni proposte.

In secondo luogo, è necessaria una riflessione sulle caratteristiche effettive (e non auspicate) delle aree in gioco e sulla capacità che queste hanno di rispondere positivamente all’insediamento di funzioni urbane “pubbliche” e strategiche in grado di inserirsi in un disegno di prospettiva per la gestione dell’area metropolitana milanese. Eventuali rilocalizzazioni devono superare le attuali criticità presenti nel contesto metropolitano (ad esempio aree attrezzate per la logistica e produzione) piuttosto che generare ulteriori fattori di indeterminatezza legati all’andamento del mercato immobiliare come fatalmente accadrebbe con lo spostamento di funzioni pubbliche pregiate dalla zona di Città Studi.

Ovviamente questo processo deve vedere impegnate direttamente le Amministrazioni interessate che dovrebbero attivare da subito strutture tecnico-politiche dedicate.

Rispetto a queste questioni chissà se il Sindaco Pisapia che si è appena smarcato dalle incombenze di un secondo mandato ma che ha ancora un anno di lavoro importante da fare, sarà in grado di cogliere l’occasione di lasciare a Milano una diversa eredità di Expo2015 e dare un segno di forte discontinuità rispetto alle politiche urbanistiche fin qui attuate.

 

Michele Monte



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