12 ottobre 2009

SPRECHI


(*) L’Italia vanta una delle più solide tradizioni gastronomiche d’Europa. Visto l’amore per la cucina casalinga, la frutta e gli ortaggi freschi coltivati con cura, potrebbe sembrare sorprendente che anche in questo paese lo spreco di cibo costituisca un grave problema. Eppure, ciò avviene in ogni anello della catena di fornitura: i supermercati scartano cetrioli freschi ma non abbastanza regolari da soddisfare gli standard estetici e una montagna di pane invenduto viene gettata dai produttori o dai supermercati perché ha raggiunto la data di scadenza.

I negozi e i ristoranti italiani hanno a disposizione 1’88 per cento di cibo in più rispetto al fabbisogno alimentare della popolazione, circa il doppio delle 2000 kcal necessarie a persona. Si tratta di un surplus di 1700 kcal al giorno: alcune di queste calorie in eccesso sono consumate da soggetti che mangiano più di quanto serve al loro organismo, ma la maggior parte viene sprecata sotto forma di pane non mangiato, cibo avanzato nei piatti e sacchi di immondizia pieni di prodotti dei supermercati. Infatti, se si includono tutti

i cereali commestibili, come mais, soia e grano, che vengono utilizzati come mangime per il bestiame, l’Italia dispone di una quantità di cibo 3,3 volte superiore a quella effettivamente necessaria. Il che andrebbe bene in un mondo dove terra, acqua e carburanti fossero risorse infinite, ma non è così: deforestazione, riscaldamento globale, consumo di acqua e fame hanno subito un incremento a causa dell’eccessivo consumo dell’Occidente e dello spreco di cibo. Ma abbiamo l’opportunità di attenuare l’entità di questi problemi semplicemente riducendo gli sprechi alimentari nelle nostre case e nelle aziende.

In una famiglia media del Nord Italia, dove si usano bidoni per i rifiuti organici, ogni persona produce 73 chilogrammi di avanzi alimentari. Nessuno sa quanta parte di questi rifiuti sia commestibile, ma confrontando tale dato con quelli di altri paesi come il Regno Unito, la cifra potrebbe essere circa 1’80 per cento del totale. Ciò vorrebbe dire che gli italiani sprecano 60 chilo­grammi di cibo a persona ogni anno, considerando unicamente quello che viene registrato ed escludendo gli sprechi alimentari di mense, ristoranti, fast­food e scuole. Queste cifre non comprendono nemmeno gli sprechi che avvengono a monte della catena di fornitura, come quelli causati da agricoltori e industrie, che sperperano milioni di tonnellate di prodotti prima ancora che arrivino nei negozi. Quasi altrettanto disastrosa è la situazione in Italia, come

negli altri paesi UE, che riguarda il divieto di dare la maggior parte degli scarti alimentari ai maiali, il modo più efficiente e naturale di smaltire le eccedenze. Dal 2001, dare avanzi di cibo, sia domestici sia della ristorazione, ai maiali è vietato dalla normativa dell’UE.

Dobbiamo ripensare il modo in cui trattiamo gli alimenti. La terra è troppo preziosa e nel mondo attuale c’è troppa richiesta di cibo per poterci permettere di sprecare questa risorsa coltivando prodotti che nessuno mangia. Un semplice esempio può mostrare ciò che si può fare per risparmiare cibo e al contempo denaro, aiutando chi è indigente e dando un contributo alla sostenibilità. Il tutto con il minimo sforzo. Che cosa pensate che succeda ai cumuli di cibo una volta che i supermercati non sono riusciti a venderlo? Il personale se lo porta a casa? Viene regalato ai poveri? Purtroppo no: quasi tutti questi alimenti vengono gettati. Ma non è detto che le cose debbano andare così.

Last Minute Market, che opera in Italia, è un’organizzazione specializzata nel raccogliere il surplus alimentare presso alcuni supermercati e distribuirlo ai bisognosi. Probabilmente è ancora agli esordi, ma sicuramente crescerà e si estenderà ad altre catene, ai negozi più piccoli e persino alle aziende agricole del paese. Quasi tutti i supermercati americani la cui lungimiranza in queste questioni non è affatto nota donano le eccedenze alimentari a enti assistenziali perché vengano ridistribuite a chi ne ha bisogno: non c’è motivo perché questo non avvenga anche in Italia. Fino a pochi anni fa il surplus alimentare di E-Lederc-Conad di Modena veniva semplicemente sprecato, come nella maggior parte di tutti i super mercati del mondo, ma dal 2005 questo punto vendita ha consentito a Last Minute Market di raccogliere 100000 chilogrammi di cibo ogni anno, per un valore di circa 200 000 euro, e di ridistribuirlo a chi ne ha bisogno attraverso un network di altre organizzazioni.

Non sto parlando di sottoprodotti scaduti e non sicuri: i supermercati spesso hanno eccedenze di prodotti di alta qualità perché hanno ordinato troppa merce, perché la confezione ha qualche leggero difetto o per innumerevoli altre cause. Non c’è alcuna necessità di buttare questo buon cibo.

Oscar Rati, portavoce di E-Lederc-Conad di Modena, ha affermato che «donare il surplus alimentare, ha un impatto eccellente e molto positivo sul personale che lavora in negozio e sul pubblico». Come in molti altri esercizi impegnati sullo stesso fronte in Europa e in America, il morale è andato alle stelle quando il personale non è stato più obbligato a buttare nei bidoni alimentari ancora buoni.

E-Lederc-Conad ha risolto le questioni legali senza problemi, perché Last Minute Market si è fatto carico di tali aspetti a livello nazionale. L’atteggiamento professionale dell’organizzazione nei confronti del trasporto sicuro di cibo deteriorabile garantisce che la raccolta avvenga con una procedura «paragonabile a quella del cliente medio del supermercato». L’unico problema, per quanto riguarda il punto vendita, è che i mezzi di comunicazione non ne parlano abbastanza, quindi la consapevolezza che ha acquisito nei confronti del problema dello spreco del cibo non viene pubblicizzata a sufficienza. Il progetto ha avuto così successo che il manager della catena modenese dichiara che c’è in programma la possibilità di estenderlo ad altre filiali della catena Conad.

Tristram Stuart (*)

(*)

Per gentile concessione dell’editore Bruno Mondadori pubblichiamo la prima parte dell’introduzione all’edizione italiana del volume Sprechi. Il cibo che buttiamo, che distruggiamo, che potremmo utilizzare di Tristam Stuart.

Il volume sarà presentato martedì 3 novembre alle ore 18 presso la Villa Necchi Campiglio – via Mozart 12 Milano.

Con l’autore ne discuteranno:

Paola Brambilla Presidente del WWF Lombardia, Don Virginio Colmegna Presidente di “Casa della Carità”, Andrea Segré Presidente di Last Minute Market e Preside della Facoltà di Agraria – Università di Bologna .

Coordinerà:Fiorello Cortiana



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