18 marzo 2015

RISTORANTI A MILANO. DOPO L’EXPO RESTERANNO LE BRICIOLE


Cosa succede / cosa succede in città / c’è qualche cosa… / qualcosa che non va / guarda li, guarda là / che confusione… / guarda lì, guarda là /che maleducazione… A parte l’ultima strofa che non c’entra del tutto – anzi no, è vizio in costante aumento sotto la Madonnina – il ritornello della canzone del sommo Vasco è la colonna sonora ideale per raccontare quanto sta avvenendo a Milano, sempre più capitale gastronomica del Paese. Due-tre aperture alla settimana. Sopra i tetti o sottoterra. Locali di tendenza e osterie tradizionali. Hamburgerie e ristoranti creativi. Start-up di ventenni e scelte delle grandi compagnie internazionali. Di tutto, di più e ancora: per la gioia dei gourmet e il panico di pr /marketing / uffici stampa che si affannano per trovare un posto al sole, almeno per un mese dopo l’apertura. Prima di essere superate da un altro vernissage. Dura la (bella) vita.

06bertera11FBDicono che era scontato, con l’Expo 2015, per di più dedicato al cibo. Ma qui più che “nutrire il pianeta” siamo in presenza del più grande ristorante della Storia all’interno del recinto fieristico – dove sono entrati Mc Donald’s e Coca-Cola: l’avreste mai detto? Noi sì – e di un “borgo” dove non si trova più una ferramenta artigianale ma in compenso si può mangiare ogni cosa, persino a orari un tempo impensabili. Ebbene sì, Milano inizia a sembrare se non Londra o Parigi almeno quelle città medie europee come Lione o Francoforte, ricche di “cose” da fare e con una bella offerta di locali.

Sin qui tutto bene, però legittima è una domanda: passi che il destino dell’area Expo – una volta smontati i prefabbricati – sia in mano a costruttori edili e banche (non scandalizzatevi, please: pigliatevela con Regione, Comune e dintorni) ma noi ci preoccupiamo per i locali in città. Quelli seri, coraggiosi, nati non solo per “fatturare” ma anche per passione (il ristoratore e il cuoco sono o non sono i mestieri del momento?) e il piacere di vivere in prima fila i sei mesi più affollati nella Storia meneghina. E sottolineiamo ancora il termine “fatturare”, perché non consideriamo neppure la vasta serie di imprese che stanno approfittando della mega-occasione per “risciacquare” denaro sporco. La Magistratura tiene d’occhio più di una situazione, di certo se non il giorno seguente la chiusura di Expo ma sicuramente tra Natale 2015 e Capodanno, saranno decine i posti spuntati dal nulla negli ultimi mesi a sparire di scena, non riaprendo dopo le ferie. Senza colpo ferire.

Esaurito il flusso (auspicato) dei 20 milioni di visitatori che riempiranno – inevitabilmente – ogni posto che dir si voglia, ci sarà da capire come potranno sopravvivere i nuovi locali e i nuovi hotel. Milano ha solo un milione e 300mila abitanti – la metà di Roma – e se è vero che con la nuova città metropolitana (che ha sostituito la provincia) arriva a più di tre milioni, ci si rende conto che la base di consumatori è limitata. E il confronto con la capitale diventa impietoso dal punto di vista degli arrivi turistici: circa quattro milioni e mezzo contro sedici e mezzo, nel 2014. Ed è evidente che in mancanza di nuove idee, nel 2016 si tornerà più o meno a questo rapporto mettendo in ginocchio chi ha investito per l’Expo. Ecco perché stupisce che già nei primi nove mesi del 2014, a Milano hanno aperto 679 esercizi, solo 8 in meno di Roma.  Investimenti pesanti, che sono fatti in gran da imprenditori – spesso neofiti – under 35: i dati di Fipe – Confcommercio dicono però che in due anni ne chiude …. Per continuare a leggere l’articolo su LINKIESTA clicca qui

Maurizio Bertera



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