25 febbraio 2015

“BRAND MILANO”: NODI IDENTITARI, ADESSO FARE SISTEMA


Forum Brand Milano si è chiuso il 20 febbraio all’Università degli Studi (nella bella Sala Napoleonica di Via Sant’Antonio) con tre bilanci. Uno quantitativo, uno culturale e uno politico.

Provo a fare sintesi, su questo giornale che, dall’inizio, ha sostenuto la tematica. Settanta contributi, quindici panel, quattro sessioni presiedute da rettori di diversi atenei milanesi, a sostegno dell’idea che il tema è multidisciplinare, poliedrico, trasversale. Ma che, appunto, è anche “disciplinare”. Cioè richiede un approccio sia teorico sia tecnico. Qualche schermaglia ancora sulla legittimità della parola “brand” usata in campo pubblico vi è stata.

03roland08FBVi è chi ne apprezza poco l’uso che ritiene mutuato dalla cultura commerciale delle imprese. Tuttavia dopo tanti interventi e la verifica che moltissime città europee ormai sono allineate sul tema – modello organizzativo, finalità, complessità, istituzionalità – possiamo dire che la questione sia superata. Vi è un approccio al branding pubblico che non si limita agli stemmi e ai loghi e che non si può stringere nei soli aspetti di marketing. Comprende anche tutto ciò, ma è soprattutto presidio critico al patrimonio simbolico collettivo e a politiche che servano a tenere insieme, attorno agli aspetti identitari, sia obiettivi di coesione sia obiettivi di competitività. Se tutto ciò si può dire con cinque caratteri (brand) è più facile e più comunicativo.

Dal punto di vista del bilancio culturale del Forum questo è un passaggio utile. Ma è soprattutto importante avere visto emergere nei “milanesi” (nel senso di rappresentanti di soggetti interessati alla rappresentazione di diversi interessi e valori) un certo “orgoglio del racconto” – che, tanto, s’intreccia comunque a un’abitudine a essere critici e a voler sempre il miglioramento – che non ha solo lo sguardo indietro ma si misura diffusamente con i cambiamenti in atto.

Il Forum (anche se è mancato il contributo dei rappresentanti del Governo) è stato anche occasione per un riconoscimento esterno circa il modo con cui Milano ha affrontato il tema, non limitandosi a una nuova pagina pubblicitaria ma tenendo insieme recupero delle radici, analisi dell’evoluzione e percezione delle trasformazioni. La parola “cantiere” è più volta risuonata. Franco D’Alfonso, introducendo, ha parlato del ribaltamento di una tradizionale sottovalutazione “interna” della città. Piero Bassetti ha detto che, dopo anni, si è aperto con evidenza un “cantiere identitario” sulla Milano di domani. E il sindaco Giuliano Pisapia, concludendo, ha confermato che si tratta di un cantiere “open” – cioè aperto a tutti – ma con un’evidente responsabilità istituzionale nell’assicurarne il buon funzionamento.

Interessante in proposito il contributo di tre città europee “non capitali” – come Barcellona, Lione, Rotterdam – che hanno mostrato che, per tutte, una moderna politica di branding è trasversale e strategica. Permette di affrontare meglio grandi questioni interne (di crescita, di coesione, di nuove dimensioni metropolitane) e permette di vedersela meglio all’esterno sia con le loro “capitali” sia con la battaglia diffusa per l’attrattività da condurre in tutto il mondo. Poi ognuno declina il modello organizzativo diversamente (chi in house, chi in forma di agenzia, chi attraverso forme associative tra pubblico e privato).

Il radicamento – per ora temporaneo – di Comitato Brand Milano in Triennale si è rivelato al tempo stesso funzionale e simbolico. Se ne vedrà l’evoluzione. Insieme con quella della membership del progetto, in quest’ultima fase assicurata dalle aziende di servizio pubblico territoriale, che potrà presumibilmente allargarsi. La convergenza di domanda e offerta rispetto alla politica di branding è nel migliorare la capacità di fare sistema della città. Abituata al pluralismo anche competitivo interno – comunque un valore, che tuttavia qualche volta ostacola l’obiettivo – Milano percepisce la responsabilità di fronte agli eventi e di fronte alla posta in gioco di varie questioni: uscita dalla crisi, funzionalità amministrativa, equità sociale, diritti delle imprese e dei cittadini. Interessante così che Forum Brand Milano abbia visto accostarsi nuclei ognuno già costituito in rete – su obiettivi diversi – impegnati sul fronte identitario: la grande rete degli atenei, innanzi tutto; Fondazione Aem che è perno di un tavolo di raccordo tra molte fondazioni di impresa che lavorano sul passaggio storico di Milano da industriale a industriosa; l’attenzione al dibattito portato dalla Diocesi (con la forza della sua vasta rete parrocchiale); il circuito delle Case Museo; la rete dei luoghi della ricerca scientifica; l’associazionismo di comunità immigrate; eccetera. Un perimetro da ampliare e consolidare.

I sei mesi di Expo appaiono ora come un tempo, un luogo (anche concepito come Expo in città) e un modo per misurare questo percorso rispetto alle specifiche finalità della ridefinizione identitaria e comunicativa della città.

Stefano Rolando



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