25 febbraio 2015

DOPO EXPO: UNIVERSITÀ, SAPERI, RICERCA E SVILUPPO ECONOMICO


Finalmente nel dibattito sul dopo Expo è stata messa in campo un’idea forte da un soggetto forte. Mi riferisco alla proposta del rettore dell’Università Statale di concentrare su quest’area (che è già dotata di una piattaforma strutturata con investimenti informatici e telematici importanti) l’insieme dei centri tecnico-scientifici dell’Università. Come tutte le idee giuste si tratta anche di un’idea semplice. La grande Università milanese è dotata di molti centri tecnico-scientifici, dispersi nella città, perlopiù collocati in edifici antichi e poco attrezzati con o per le moderne tecnologie. Metterli al passo con i tempi richiede centinaia di milioni.

07vitale08FBAllora questo grande investimento è meglio impiegarlo in un’operazione che insieme concentri questi centri in un’unica area attrezzata e faccia fare un grande salto di modernizzazione all’insieme. Così si crea il nucleo forte del Parco della Conoscenza che è la destinazione naturale e più appropriata per l’utilizzo dell’area attrezzata dell’Expo nel dopo Expo. E si crea valore aggiunto per l’Università, per la città di Milano, per l’area metropolitana, per il Paese. Si tratta, infatti, indubbiamente, di un grande progetto nazionale, che oltre a dare una scossa alla tremebonda e sonnolenta Milano pubblica, darà un contributo positivo al disegno di rinascita del Paese. Per ora non esiste un progetto, ma le idee strategiche giuste non richiedono, all’inizio, un progetto di dettaglio per essere valutate nel loro significato e nella loro direzione di marcia. Il progetto seguirà e mi si dice che a esso si sta lavorando.

Mi permetto qualche suggerimento. Il progetto oltre a evidenziare gli evidenti vantaggi per l’Università rispetto alle ipotesi di modernizzare i vecchi centri esistenti dove ora si trovano, deve introdurre temi che evidenzino non solo la razionalizzazione e la modernizzazione dell’esistente, ma qualcosa di nuovo. Penso al tema del valore aggiunto che si crea con un lavoro scientifico e didattico più interdisciplinare. Lavorando, fianco a fianco, in un sito attrezzato, moderno e comune, i vari centri possono dar vita più facilmente ad attività interdisciplinari, che sono fondamentali per le reali innovazioni.

Penso anche alla possibilità di attività collegate con centri europei e internazionali, area questa dell’internazionalizzazione, importantissima sulla quale poco si è fatto sino a ora nell’ambito dell’Università Statale, mentre iniziative promettenti e importanti in questa direzione sono in atto in altre università milanesi e in particolare in Bocconi e Politecnico. Penso al tema della legacy immateriale dell’Expo. Il tema dell’Expo del nutrire il pianeta è così importante per il futuro immediato che non può essere lasciato cadere.

Ho scritto in altra sede che il tema della nutrizione s’intreccia con aspetti scientifici di grande importanza in molte discipline ma anche con la grande tradizione agricola del milanese. Qui il progetto deve fare un grande sforzo creativo, immaginando un Istituto sui temi della nutrizione e della connessa energia al quale partecipino altre università e centri di ricerca milanesi e internazionali. Qui si può creare un valore aggiunto del tutto nuovo, evitando che si disperda la “legacy” dell’Expo, e anzi capitalizzando sulla stessa, creando così un nuovo valore aggiunto che si sommi a quello derivante dalla modernizzazione delle componenti tecnico-scientifiche della Statale.

La sfida è adesso tutta sulla qualità del progetto, sperando che questo sia un vero e vivo progetto strategico creato dall’interno e dai protagonisti, dotato di forte capacità innovative e non si riduca a qualcosa di anonimo, commissionato a una delle solite società di consulenza e giocata in chiave puramente economico-finanziaria, da contafagioli. Credo che il vantaggio economico-finanziario per il Paese risulterà evidente, perché il valore aggiunto che si può creare con quest’operazione è, prima facie, enorme.

Il principale problema economico-finanziario è quello delle aree. Da tempo scrivo che sino a quando si sta fermi a una logica puramente commerciale e si sogna di ricuperare sul mercato lo spropositato prezzo pagato per le stesse, si girerà a vuoto, si cercherà, come dice un efficace motto siciliano, di “ammuttari u fumu c’a stanga“, cioè di respingere il fumo con un bastone. L’unica soluzione sensata è di apportare le aree in un grande progetto pubblico, nel quale il costo si spalma su un lasso di tempo molto lungo e si bilancia con il maggior valore aggiunto creato, com’è proprio di tutte le opere pubbliche importanti e utili. Le aree devono essere apportate in una fondazione pubblica alla quale partecipino anche le banche creditrici, trasformando in capitale gran parte del loro credito con un investimento per la città e per il paese. La fondazione pubblica resterà padrona delle aree che darà in uso a lungo termine all’Università, con un canone sostenibile nell’ambito dell’intero progetto.

Questo progetto è armonizzabile con altri progetti come quello di creare un centro per l’innovazione imprenditoriale e trasferimento tecnologico (del quale ha parlato l’Assolombarda) e come quello dei temi dell’innovazione sociale ai quali sta lavorando bene la Fondazione Cascina Triulza. Allora avremo un progetto a tre gambe: innovazione scientifica-didattica (Statale); innovazione imprenditoriale (Assolombarda); innovazione sociale (Cascina Triulza) che, insieme alla prevista zona a parco, arricchirà Milano, la città metropolitana, il Paese, dando vita a un Parco o Cittadella della Conoscenza che rilancerà Milano a un livello europeo e internazionale.

Milano è già città universitaria importante. Con questo progetto questa dimensione della città verrà esaltata e la città verrà proiettata veramente in quell’economia della conoscenza che è il futuro, anzi il presente incombente. Nel frattempo, avendo già deciso la direzione finale, soluzioni ponte e compatibili per evitare l’immediato degrado, come suggerito da Sala, possono essere utili. Va da sé che quando si legge che, secondo qualcuno, per un progetto di questo genere bisogna fare qualche bando di gara e chiedere il permesso al dottor Cantone, cascano le braccia e viene da chiedersi: ma è questa Milano? Se è questa lasciamo perdere tutto. Facciamo magari una gara per una bocciofila.

Qui non siamo di fronte a una situazione da bando di gara, ma di fronte a un progetto cittadino di enorme rilevanza strategica, urbanistica, economica. Qui siamo di fronte a un progetto di alta politica, di fronte al quale i responsabili politici devono fare le scelte e prendersi le relative responsabilità. Per questo è anche un progetto da portare subito a livello di governo, per evitare che finisca per insabbiarsi nelle meline milanesi.

Marco Vitale



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