25 febbraio 2015

la posta dei lettori_25.02.2015


 

Scrive Claudio Cristofani a proposito di Piazza XXIV Maggio – Caro direttore, negli anni ’80, fresco di una laurea che, ad onor del vero, avevo conseguito più per meriti di autodidatta che per insegnamenti ricevuti (ahimé), partecipai a un convegno sul tema della qualità architettonica della città di Milano. Si teneva nella vecchia sede del Circolo della Stampa. Ero tra il pubblico e chiesi e ottenni di intervenire per segnalare che si sarebbe dovuta spostare, almeno parzialmente, l’attenzione dirigendola verso i piccoli particolari (non così piccoli a Milano) che tu giudichi trascurati o mal risolti anche nella nuova sistemazione di Piazza
XXIV Maggio. La mia constatazione nasceva dalle semplici osservazioni che un neo laureato aveva potuto fare nei suoi viaggi estivi in altri paesi occidentali. Nella replica dell’architetto relatore del convegno, allora assistente di un più noto e stimato professore, il mio intervento venne commentato con sarcasmo affermando che se fossi stato esaminato da lui non avrei superato la materia che insegnava. Evidentemente stiamo ancora pagando una certa arretratezza culturale. Di chi ha insegnato e di chi ha seguito tali insegnamenti.

 

Scrive Vito Antonio Ayroldi a proposito di Piazza XXIV Maggio – Caro direttore, e come darle torto, naturalmente. La sistemazione della piazza è davvero oscena e insulsa, per i motivi magistralmente da Lei enunciati. Ma la vera domanda è: Milano è ancora la città del design, cioè della manifattura creativa ed efficace, o ha deciso che la sua mission, l’unica cosa che ancora gli riesce bene è ospitare saloni, fiere, esposizioni? Insomma esibire al pubblico prodotti e servizi fatti chissà come chissà dove, per poi intrattenerlo con lo shopping di tendenza, ristorarlo in locali glamour e accucciarlo in alberghi fashion? Forse la seconda che ho detto.

 

Scrive Alessandro Toccolini a proposito di M4 – Complimenti per l’articolo di Caterina Gfeller

 

Scrive Paolo Pileri a proposito della Consulta per i referendum – Buongiorno Elena Grandi Ho letto il suo articolo su ArcipelagoMilano. Mi pare doveroso chiarire ai lettori alcune questioni.

La prima è che la Consulta cittadina per l’attuazione dei cinque referendum consultivo è un organo ufficiale della grande macchina comunale e opera seguendo regolamenti e procedure. Come tale si interfaccia con l’amministrazione secondo alcune regole e un certo protocollo. Per quanto riguarda la richiesta di informazioni e dati utili al lavoro della consulta stessa, questa avviene, deve avvenire, per vie ufficiali. Pertanto immaginare una consulta che si mette ad andare via per via a contare alberi (faccio per dire) o a procurarsi dati da sola su pubblicazioni o siti web è fuori da ogni buona pratica e ufficialità. Questo la esporrebbe facilmente a essere criticata in quanto le verrebbe detto che dati e informazioni non sono ufficiali e quindi valgono meno di niente. E sarebbe corretto. Per evitare questo, la consulta deve, sottolineo deve, lavorare su dati ufficiali e ufficialmente forniti dalla amministrazione. E così ha fatto. Semmai, una volta ricevuti, può sollevare dubbi, chiedere approfondimenti, integrazioni, e così via.

Ma, attenzione, la amministrazione comunale non ha mai risposto alle nostre ufficiali richieste. E mi dispiace che lei metta in dubbio, in modo peraltro non circostanziato e quindi infondato, il lavoro della Consulta giudicandolo superficiale. Vi sono tanto di richieste e risposte protocollate che può richiedere al consigliere dottor Marco Cappato o al presidente della Consulta, professor Edoardo Croci. Peraltro la richiesta di collaborazione è stata rivolta, informalmente, anche al vicesindaco quando è venuta in aula durante una audizione.

Concordo con quanti, come noi, sono stupefatti di parole che squalificano il nostro lavoro. Mi creda che non abbiamo nessuna utilità nel dire che il Comune non ha portato a compimento i referendum e/o che non ha risposto alle nostre richieste. L’ho già detto: per me è un dispiacere innanzitutto come cittadino. E inoltre tutto ciò è paradossale perché se, come lei dice, il Comune dal 2011 ha fatto tutto quel che lei riporta nel suo pezzo, a maggior ragione avrebbe avuto facilità nel dare i dati e mostrarli con precisione a tutti. A proposito dei dati che lei riporta, ci tengo a precisare che si tratta di quelli riportati nel comunicato dell’assessore Bisconti pubblicato sul sito del Comune il giorno stesso, se non erro, della presentazione del rapporto sullo stato di attuazione dei referendum. Mi dispiace doverle dire che non è possibile ricavare i dati sul verde urbano sul sito del comune (la pregherei di indicarmi come e quali dati) dove non c’è traccia del verde se non per segnalare le aiuole e le aree sponsorizzabili e l’elenco dei parchi e giardini urbani. Ma questi dati non consentono di fare un bilancio tra ciò che c’era prima dell’insediamento della Giunta Pisapia (2011) e oggi. Perché come lei sa bene e come si evince dal testo dei quesiti referendari, è un bilancio che dovevamo fare.

Il quesito referendario sul verde parla chiaro (raddoppio degli alberi!) ed è questo che è la prima cosa che noi dovevamo monitorare e capire. Devo, mio malgrado, evidenziare che le informazioni fornite nel comunicato dell’assessore Bisconti, che voglio augurarmi siano corrette, e così sarà, non sono state mai fornite alla Consulta e, comunque, sono informazioni decontestualizzate e aggregate, ovvero non verificabili. La consulta invece aveva il dovere di darsi un metodo per conoscere le questioni di cui si doveva occupare, altrimenti sì che sarebbe stata superficiale. E d’altronde è il metodo che consente di conoscere appieno le cose e fare le verifiche eventualmente necessarie, così da riferire ai cittadini. Altrimenti tutto si riduce allo scontro tra due parole, tra due opinioni e si finisce per far si che chiunque possa dire quel che crede e a quel punto la Consulta non serve a un bel niente. La consulta era lì per monitorare e verificare sulla base di documenti ufficiali e dati ufficiali e non per prendere per buone a priori le affermazioni della Giunta come neppure quelle dei consiglieri (di maggioranza o opposizione) senza verificarle. Non so se mi spiego. E poi, ripeto, se i dati dichiarati qualche giorno fa sono quelli, perché non comunicarceli? Perché non mostrare il database e la mappe delle aree piantumate, dei 50.000 alberi? Saremmo tutti stra-felici di vederli. Io per primo.

La richiesta, come vede, non era complessa, ma noi avevamo il dovere di procedere per vie ufficiali. Ecco, allora chiariamo ai lettori che saremmo stati superficiali e ideologici a non chiedere e a non darci un metodo. E siamo irrimediabilmente stati corretti nel riferire il niente che abbiamo ricevuto. Siamo noi ad essere sbigottiti e dispiaciuti del trattamento ricevuto.

 

Replica Elena Grandi Illustre Professore, non sono le critiche (quasi sempre utili) a dispiacere. È semmai il metodo. Proprio perché la Consulta “è un organo ufficiale della grande macchina comunale”, e quindi parte di essa, ci si chiede se e perché le sia stato impossibile farsi rilasciare i dati necessari alla vostra indagine. L’Assessora per prima avrebbe fornito, se richiesta, ogni necessaria informazione; lo stesso vale per me, e per tutti gli altri Presidenti delle Commissioni Verde e Ambiente dei Consigli di Zona, con cui abitualmente si dialoga; lo stesso vale infine per i funzionari del settore, che operano anch’essi all’interno della medesima grande macchina di cui la Consulta fa parte. Se le “regole e il Protocollo” che voi avete dovuto seguire non prevedevano l’interlocuzione con questi soggetti, forse si sarebbe dovuto modificarli: anziché dichiarare impossibile la raccolta dei dati. Quanto all’andare per strada a contare gli alberi, Lei ha certo ragione: ma spero che Lei non creda che io abbia voluto suggerirlo a “un organo ufficiale della grande macchina comunale”. Un caro saluto.



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