18 febbraio 2015

sipario – SHĔN WĔI A MILANO: L’INTERSEZIONE TRA ORIENTE E OCCIDENTE


 

SHĔN WĔI A MILANO: L’INTERSEZIONE TRA ORIENTE E OCCIDENTE

I prossimi 20 e 21 febbraio a Milano la compagnia di danza Shĕn Wĕi Dance Arts porterà in scena due coreografie del coreografo (e artista completo) sinoamericano Shĕn Wĕi: Folding (2000), capolavoro acclamato in tutto il mondo, e Collective Measures (2013), prima europea qui a Milano.

sipario07FBShĕn Wĕi proviene da una famiglia di artisti: il padre calligrafo e regista, la madre produttrice teatrale, i fratelli pittori. Anche se ha scelto come sua arte la danza, Shĕn Wĕi non dimentica la tradizione artistica della famiglia e nelle sue creazioni cura personalmente le scenografie, sceglie le musiche, disegna i costumi. La sua formazione coreutica presenta da un lato la tradizione tecnica e mimica della danza classica cinese e del balletto occidentale, dall’altro la specializzazione newyorkese della modern dance e della danza contemporanea, caratterizzata dalla particolare attenzione all’interiorità e la ‘frattura’ delle linee pure per nuove linee spezzate.

Un’arte globale in senso sia qualitativo sia geografico: dalla Cina attraverso gli Stati Uniti fino a Milano, dove l’arte di Shĕn Wĕi trova il punto di intersezione.

La coreografia Folding (pieghevole, flessibile) del 2000 è stata presentata per la prima volta all’Opera di Guangdong e ha riscosso immediato successo. Nella durata di 35 minuti, sulle note di Last Sleep of the Virgin for Bells
and String Quartet (La dormitio della Vergine per campane e quartetto d’archi) di John Tavener e di alcuni canti e mantra dei monaci buddhisti tibetani si fondono due preghiere, due mondi in una spersonalizzazione voluta dal coreografo-regista.

I danzatori indossano solo ampie vesti nere e rosse che coprono solo la metà bassa del corpo e presentano crani lisci dolicocefali, che ricordano gli alieni di molti film. La flessuosità e flessibilità del titolo si nota nei movimenti contratti e continui, che danno anche un senso di morbidezza. Il senso del metafisico è dato anche dalla spersonalizzazione del luogo, una neutra scenografia minimalista che lascia spazio allo spettatore di essere disegnata.

Collective Measures (Misure d’insieme) del 2013, per la prima volta in Europa, presenta le relazioni di oggi e le misure che ognuno prende nelle relazioni con gli altri. Nei 35 minuti si susseguono alcuni brani di alcuni compositori contemporanei americani, Daniel Burke (che ha anche la direzione generale della musica) e Jerry Feller.

Alla danza si mescolano le tecnologie della videoproiezione, che dà agli spettatori anche la visuale dal focus opposto. La maturità del coreografo-regista si denota da questa volontà di sperimentare la fusione della danza contemporanea e della tecnologia. Il risultato che lo spettatore vede si configura come un disegno bidimensionale, come se il palco non avesse profondità, ma fosse una tela cinematografica, su cui i corpi dei danzatori (vestiti di color pelle) creano linee in uni disegno continuo con varietà cromatica dettata dal gioco di luci e videoproiezione.

Domenico G. Muscianisi

In scena il 20 e 21 febbraio 2015 al Teatro degli Arcimboldi di Milano.

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org



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