18 febbraio 2015

CONTA DAVVERO IL NOME DEL NUOVO SINDACO DI MILANO?


La scadenza elettorale della primavera 2016 già sta fomentando una ridda di voci e commenti. La questione più dibattuta è la necessità o meno di una ricandidatura del sindaco Pisapia, dando per scontata una vittoria della compagine di centrosinistra che ha amministrato Milano dal 2011. Una premessa nient’affatto ovvia considerando che in un anno, in politica, può accadere di tutto e il contrario di tutto.

02telesca07FBCiò detto, non ritengo che il fulcro del discorso stia nel nome di chi guiderà la coalizione di centrosinistra. La vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie del 2010 fu una vera sorpresa politica, che scosse il PD e la sinistra meneghina e lombarda. Una vittoria figlia del desiderio di ribaltare completamente la prospettiva morattiana, di portare la città a sinistra dopo anni di destre, di mettere al centro temi quale la partecipazione, l’ecologismo, la sostenibilità. Il tutto inserito in un contesto nazionale di svolta “arancione”, di berlusconismo già in fase discendente, di crisi economica che avrebbe portato a fine 2011 al governo tecnico di Monti.

Oggi il panorama è stravolto. La città di Milano nel 2016 dovrà fare i conti con le vestigia di Expo, con una prospettiva di crescita ancora figlia del PGT della giunta Moratti, con la spinta di entrare con la testa nel XXI secolo. A Roma il PD di Renzi porta avanti le sue riforme, con riflessi imprevedibili sui candidati locali. La spinta antiberlusconiana si è esaurita, sostituita dalla spinta antirenziana delle opposizioni.

Ecco che saranno i contenuti a far la differenza, non il leader che ne impersonerà slogan e utopie. La carne al fuoco certo non manca. Innanzitutto come si intende gestire il dopo Expo: problema che non riguarda esclusivamente gli spazi della fiera, ma che si riferisce a tutti i cantieri che occuperanno Milano nei prossimi anni a partire dalla M4. L’esposizione universale avrà un peso specifico notevole nella battaglia elettorale. Ereditata da Pisapia, è stata governata e portata avanti tra avvisi di garanzia, proteste di una parte della cittadinanza ed investimenti altalenanti. Se Expo non dovesse rivelarsi un successo sarebbe un boomerang difficile da schivare per il candidato di centrosinistra.

La necessità, poi, di un nuovo PGT per Milano. Quello varato dal centrodestra nel 2010 aveva una impostazione vecchia, incardinato sullo sviluppo e la crescita immobiliare, credendo che la crisi già accesasi negli USA non sbarcasse mai sulle coste nazionali. Oggi la filosofia deve essere stravolta: efficienza ambientale, recupero e ristrutturazione dei vecchi edifici, estensione delle aree verdi, prolungamento e raccordo delle piste ciclabili, ampliamento dell’Area C. La coalizione di centrosinistra, già oggi, ha il dovere di proporre il proprio progetto di città del futuro sul quale giocare la propria partita nelle elezioni amministrative del prossimo anno.

Infine l’impegno costante per un capoluogo accogliente, multietnico, multicentrico, in cui la cultura sia un bene diffuso. In tal senso bisognerà tenere duro nel progetto di assegnazione di diverse aree per la realizzazione di luoghi di culto: sarà, questo, una clava che la coalizione di centrodestra menerà per aria, giocando sulle paure e sull’ignoranza. Una tattica che nel 2011 fallì miseramente, ma che difficilmente verrà abbandonata.

Davvero, quindi, la questione chiave è Pisapia o non Pisapia? Ridiamo centralità al progetto politico, alla visione della metropoli, al coraggio di scelte chiare che guardino al prossimo quinquennio. Una costruzione così solida e strutturata da far passare come secondario il nome del candidato sindaco. Se poi l’attuale sindaco di Milano decidesse di ricandidarsi sarebbe un ulteriore valore aggiunto: l’esperienza del primo mandato potrebbe evitare di cascare in qualche trappola e in grossolani errori.

 

Emanuele Telesca

 



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