18 febbraio 2015

M4: I CANTIERI DILAGANO, IL COMUNE È ASSENTE (A FUTURA MEMORIA)


Mettiamo la quarta” recitano i manifesti che il Comune ha affisso in tutta la città per pubblicizzare l’avvio dei lavori della metropolitana M4 utilizzando, ci si chiede perché, una poco brillante metafora automobilistica. In realtà i cantieri sono aperti da tempo, come sanno bene i residenti della zona est Milano, tra via Pannonia e via Mezzofanti. Qui la M4 ha già occupato il “pratone”, una delle aree verdi più frequentate del quartiere e, lungo la vicina Via Cavriana, è stato realizzato il campo base del cantiere sottraendo preziose superfici coltivate al Parco Agricolo Sud e al progetto del Grande Forlanini.

07gfeller07FBDa questa settimana però lo scenario si fa ancora più preoccupante. Estese recinzioni hanno reso inaccessibile quasi tutta la parte centrale di Viale Argonne, il grande viale alberato novecentesco che disegna il confine tra le zone 3 e 4 della città ed è risorsa di spazio essenziale per la vita di questi quartieri: una sequenza di prati, campi da gioco, aree per bambini e perfino una piccola bocciofila diventati off limits. Il cartello informativo parla di “lavori propedeutici agli scavi della M4” precisando che si tratta di “spostare alcuni sottoservizi (acqua, fognatura, ecc…)“. La recinzione è definita”provvisoria“, ammonendo però che “nella successiva fase di cantiere sarà sostituita da una definitiva“. Di provvisorio quindi c’è poco, perché si parla di ben 78 mesi, vale a dire quasi 7 anni!

Lo stesso cartello afferma che si sta lavorando “per ridurre al minimo i disagi“, ma di fronte a una simile occupazione di spazio pubblico sorgono spontanei alcuni dubbi. È questo l’unico modo di allestire un cantiere? Davvero operai e macchine saranno contemporaneamente al lavoro su tutta la superficie del viale per tutto il tempo? Non si poteva immaginare un cantiere strutturato su lotti “modulari”, mantenendo la fondamentale percorribilità pedonale e ciclabile (appena 2,5 m per lato su una larghezza di 50), e lasciando il più possibile libere le aree verdi e i campi gioco?

I sottoservizi da rimuovere appartengono a sistemi a rete, di cui sicuramente il Comune e le Società di servizi dispongono di una dettagliata mappatura. È credibile che per spostare qualche tubo dell’acqua, i canali di raccolta delle acque piovane, i cavi dell’illuminazione si debbano recintare oltre 3 ettari? Evidentemente è la cosa più semplice e banale. Non c’è alcuno sforzo progettuale per fare in modo che questo grande spazio pubblico rimanga, almeno in parte, ai cittadini della zona per i prossimi 7 anni. E non sembrano nemmeno essere state predisposte delle “compensazioni”, neppure un percorso ciclopedonale alternativo. I molti ciclisti che percorrono quotidianamente il viale sono ora costretti a pedalare pericolosamente in mezzo al traffico a due corsie, mentre i pedoni sono obbligati a camminare lungo i marciapiedi esterni, senza poter più beneficiare dell’area verde.

Si sta ripetendo a una scala molto più ampia quello che avviene da quasi un anno e mezzo lungo lo stesso asse urbanistico, in Corso Plebisciti, dove è stato aperto un altro cantiere “propedeutico” agli scavi della M4, che ha comportato la chiusura della pista ciclabile. Un’area recintata e poi per lungo tempo abbandonata, con lavori saltuari (pochi giorni su 15 mesi), ripresi a rilento nelle ultime settimane. Anche qui nessuna forma di compensazione per i ciclisti, nessun percorso sui marciapiedi vicini.

Dal Comune e M4 arriva un’unica rassicurazione ai cittadini: “non vi saranno sostanziali modifiche alla viabilità del quartiere“. Ma si sta parlando solo di auto, come se pedoni e ciclisti fossero cittadini di serie B, proprio nel momento in cui si fa retorica sulla città smart e sullo sviluppo di modalità di trasporto alternative e sostenibili.

Nelle grandi città europee i cantieri sono spesso “aperti” e “trasparenti”, con sistemazioni paesaggistiche provvisorie ma di qualità, mappe e cartelli informativi che spiegano in dettaglio cosa verrà realizzato, punti in cui è possibile osservare le macchine e gli operai al lavoro. A Berlino, Londra, Parigi, ma anche in alcune città italiane, i cantieri diventano parte dello spazio pubblico, non la loro negazione.

La M4 riguarda tutta la città, da est a ovest. È quindi fondamentale che il cantiere non sia solo una sequenza di aree recintate, ma sia in grado di dialogare con il paesaggio urbano e lo spazio pubblico, salvaguardando la continuità dei percorsi, l’uso delle aree verdi, informando i cittadini, affinché i disagi possano essere accettati e acquistare senso, anziché trasformarsi in rabbia impotente e sfiducia nelle istituzioni.

Nulla di tutto questo si riscontra in queste prime settimane. Ci si chiede dove sia il committente del progetto, il Comune di Milano. Possibile che dopo mesi di polemiche, di discussioni sui costi e sull’utilità dell’opera – di cui ArcipelagoMilano ha parlato diffusamente – i cantieri siano realizzati in questo modo? È accettabile che per 7 anni la città resti chiusa per lavori?

 

Caterina Gfeller



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