21 gennaio 2015

CASE CRISI E ARCHITETTI


Vivendo a Milano si ha una visione abbastanza parziale del problema della casa, la nostra città infatti nel complesso si mantiene attrattiva e movimentata per cui nonostante la nota crisi del mercato immobiliare non molto tempo fa un noto immobiliarista ha dichiarato: “fortunato chi ha proprietà di case a Milano”.

10franco repellini03FBA Milano resta oggi fermo il movimento delle nuove costruzioni e tuttora mancano le case in affitto a buon mercato per i giovani e i meno abbienti; non così appena si esce dalla città sopratutto nella direzione sud sia a est che a ovest. Più ci si allontana da Milano o in generale da alcune grandi centri più la situazione diventa pesantemente deflattiva: una casa che valeva 100 oggi vale 50 e anche facendo lavori di ristrutturazione magari tra due anni varrà 30. Il mercato degli affitti è nella stessa condizione, già a Lodi con 350 euro al mese si trova un buon appartamentino e se poi si esce dalla direzione dell’asse ferroviario verso Bologna se ne trovano anche a 250 euro. A prezzi inferiori è per un proprietario inutile affittare con il rischio di avere danni alla proprietà e dover sborsare ulteriori soldi su un bene già in perdita. La maggior parte di edifici che si trovano in questa situazione sono vecchi o addirittura antichi e spesso fanno parte di quel tessuto semistorico che a reso attraenti i nostri piccoli centri.

La situazione era molto diversa quando negli anni settanta ho iniziato la professione di architetto. Allora si parlava di riuso, il postmoderno aveva evidenziato la crisi dell’architettura del dopoguerra, nessuno voleva più abitare in un condominio, tutti volevano la casa di ringhiera, il palazzetto ottocentesco, volevano ristrutturare la cascina dei genitori o un rustico nel centro Italia. In meno di venti anni appoggiati dal basso costo delle case esterne ai centri più privilegiati, dall’inflazione che valorizzava ogni intervento, dalla mancanza di tasse sulla casa e anche, dobbiamo dirlo, dal lavoro edile quasi tutto in nero, gli italiani hanno ristrutturato centinaia di migliaia di palazzi, edifici, costruzioni fatiscenti o comunque ammalorate.

Centri storici completamente abbandonati nel dopoguerra, per le migrazioni, per l’abbandono delle campagne e anche per il desiderio sacrosanto di avere un bel bagno piastrellato con acqua calda in casa, sono stati totalmente rimessi in sesto attraendo anche acquirenti stranieri. Gli architetti, sempre criticati, hanno avuto un ruolo importante perché tutto questo lavoro fosse compiuto con una buona cura e qualità. A metà degli anni ’90 è iniziata poi l’azione dei comuni che si sono impegnati ripulire le strade, a lastricarle in pietra, a organizzare piazzette e giardini pubblici e a provvedere a tutte quelle trasformazioni dette genericamente arredo urbano durate circa 15 anni e crollate con il tracollo dei bilanci.

Allora siamo a posto, si potrebbe dire, è stato tutto fatto basta dare delle aggiustatine, ma purtroppo non è così. Una grande parte del patrimonio abitativo non è stata mai messa a posto, le costruzioni ristrutturate iniziano a ripresentare problemi (umidità, impianti, sismica) e tutto il patrimonio costruito nel dopoguerra, fino agli anni settanta compresi, deve essere rinormato sopratutto per quanto riguarda i consumi energetici. Nel frattempo magnifici edifici storici hanno perso il loro ruolo e sono diventati inutili come un vecchio convento abitato da due suore o un grande albergo liberty in una zona termale dove neppure le vecchie signore vengono più.

Insomma ci troviamo di fronte a un’enorme necessità di lavori di manutenzione straordinaria in una situazione totalmente cambiata dove possedere un edificio, spesso ereditato, in un qualsivoglia parte della provincia italiana è ormai diventata una iattura fiscale, un pozzo nero di spese. Oltretutto le case antiche sono passate di moda, l’antiquariato è crollato e alla vecchia libreria in radica e vetro della nonna tutti preferiscono una Billy che costa meno del trasloco.

Così quando si sentono una serie di dichiarazioni politiche sull’importanza del recupero del patrimonio storico italiano, sull’importanza del turismo e sull’unicità dei nostri comuni mi domando chi pagherà quel lavoro minuzioso da formichina che sta alla base di qualsiasi ristrutturazione territoriale e che prevede che la proprietà della casa sia una sicurezza anche per il futuro.

La risposta è complicata e richiede tanti punti di vista di cui uno, che butto lì in modo generico, per quanto riguarda la Lombardia, si trova nell’urgenza di definire e organizzare un’area metropolitana vasta (più vasta della provincia di Milano) che comprenda aree verdi agricole e in cui sia molto semplice e veloce muoversi . Che senso ha abitare in periferie mezze degradate quando si può abitare in un piccolo centro con giardino e avere spostamenti non superori a quaranta minuti?

 

Giovanna Franco Repellini



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