21 gennaio 2015

libri – IO SONO MALALA


 

MALALA YOUSAFZAI

con Christina Lamb

IO SONO MALALA

La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle donne

Garzanti, 2013

pp. 284, euro 12,90

 

Io sono Charlie” e “Io sono Malala“, due frasi simbolo. Per affrontare il problema Islam e la sua compatibilità con i valori propri dell’Occidente. In primis la libertà dell’individuo, che affonda le sue radici millenarie nel pensiero greco, romano, cristiano, umanista, illuminista.

libri03FBMalala Yousafzai è la sedicenne pakistana insignita del Premio Nobel per la Pace 2014 per avere, difeso in comizi, interviste, e nel suo blog in urdu, il diritto allo studio delle donne. Delle donne della sua vallata, lo Swat, un giardino dell’Eden sospeso tra montagne inviolate, ricche di smeraldi, ove vi sono numerose tracce di templi buddisti in rovina perchè qui transitò il Buddha. E anche Alessandro Magno, che si narra si avventurò fin sulla cima del monte Elum per rapire la stella di Zeus, Giove, dopo avere costruito speciali catapulte in grado di raggiungere con le sue frecce il nemico in fuga sulla cima del monte.

Malala, nomen omen, si riferisce all’eroina afgana, novella Giovanna d’Arco, che nel 1880 seppe ridare fiducia all’esercito afghano in rotta, sfilandosi il suo bianco velo e issandolo come una bandiera, sino alla vittoria sugli inglesi.

Malala, figlia di Ziauddin detto il falco, fondatore di tre scuole, le Khursahl school, presso Mingora in Paskistan, (oggi contano 1200 alunni, 70 insegnanti) attivista a sua volta per il diritto allo studio delle donne e contro le discriminazioni. Fiero nemico dei Talebani infiltratisi dal vicino Afghanistan, che pretendevano di tornare al medioevo, con la chiusura delle sue scuole, costruite tra mille sacrifici, perché ritenute occidentali e infedeli. Quegli stessi Talebani armati e foraggiati dagli americani al tempo della guerra contro i sovietici in Afghanistan,1979-1989, perché ritenuti valido baluardo locale contro il nemico. E ora teorizzatori della jihad, come quinto pilastro dell’Islam, dentro e fuori dei loro confini, Europa compresa!

Malala dunque, degna figlia di suo padre, luce dei suoi occhi, educata come un maschio, che mai celava il suo volto dietro un velo, prima della classe in tutte le materie, compreso l’inglese e le scienze. Lei che giocava a cricket sul terrazzo della loro casa con i fratelli e che sognava di diventare una ricercatrice scientifica o una politica, non un’insegnante o un medico come tutte le ragazze sue amiche; e portava scarpe bianche, nonostante il bianco fosse riservato agli uomini. E che sin dagli 11 anni era in grado di affascinare il pubblico con la sua oratoria, fino a tenere a 16 anni un discorso dinnanzi all’Assemblea dell’ONU a New York.

Il 9 ottobre 2012, una pallottola sparata da vicino da un talebano, mentre si trovava sul pulmino della scuola, bloccato a un posto di blocco, le trapassò l’orbita dell’occhio sinistro, le recise il nervo facciale, le fece gonfiare il cervello, rischiando di ucciderla sul colpo. Il ricovero immediato presso il vicino ospedale militare le salvò il cervello e la vita. E solo il tempestivo trasporto successivo, sull’aereo privato del principe degli Emirati Arabi, alla volta di Birmingham, in Inghilterra, rese possibile le ulteriori operazioni necessarie e la lunga riabilitazione.

Il libro, scritto a quattro mani con l’importante giornalista internazionale Christina Lamb, ripercorre la vita di Malala, e gli usi e costumi della sua vallata, lo Swat, assimilato al Pakistan nel 1969. Non solo dunque la storia della sua famiglia, ma quella del Pakistan sin dalla sua fondazione nel 1948.

E veniamo così a conoscere la straordinaria personalità del coraggioso padre, che poté, per un colpo di fortuna, studiare allo Jenzaeb College, la scuola migliore in loco, non in una madrassa monotematica, e così concepire l’idea di creare una sua scuola ove tutti potessero studiare l’inglese, pass partout per il mondo intero. E incontriamo il buonsenso della madre Tor Pekai, maturato in una famiglia di predicatori colti e tolleranti. E il mondo di amici di ampie vedute che ruotavano attorno a loro, nel rito del the, proprio dell’ospitalità pashtun, seduti sul tetto della casa, la sera a parlare di politica e di “versetti satanici”.

Ma intanto si allargava l’ombra scura dei Talebani, che solo dopo tre anni di violenze e nefandezze, furono scacciati dal forte esercito regolare pakistano, lasciando dietro a sé una scia di distruzioni e di morti. Ma alcuni ancora soggiornavano nella vallata, nascosti, pronti a colpire. In questo clima pesante la famiglia di Malala è costretta a emigrare nel paesino del padre sulle montagne, sperando che al ritorno sia tutto terminato. Invano.

“Un bambino, un’insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo” usa dire Malala, ora residente in Inghilterra con la sua famiglia. Il Malala fund da lei creato ha come obiettivo quello di far sentire la voce di 64 milioni di bambine e non, ai quali è negato il diritto allo studio, in tutto il mondo. Per partecipare al dibattito v. in internet www.facebook.com/MalalaFund.

Marilena Poletti Pasero

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


16 maggio 2023

DAL GIARDINO ALL’INFERNO

Oreste Pivetta



19 marzo 2021

L’ULTIMO TRENO

Dario Balotta









21 febbraio 2021

I NON-LUOGHI DEL CORONAVIRUS

Cristina Bellon



11 febbraio 2021

ATTUALITÀ DI UN MODELLO URBANO

Michele Caja


Ultimi commenti