14 gennaio 2015

NOTE SULLA M4: QUESTIONI APERTE


La questione della linea M4 della Metropolitana Milanese è ancora aperta e il generico consenso sulla utilità delle linee di trasporto in sotterranea non è sufficiente a sgomberare il campo da tutti i problemi che si sono affacciati e che i comitati di cittadini negli ultimi tempi hanno animato.

L’appello del Forum Civico metropolitano che chiede di realizzare solo una parte della linea metropolitana M4 e di realizzare in cambio altre opere di connessione tra capoluogo e area metropolitana, preannunciato dall’articolo di Giuseppe Natale su ArcipelagoMilano n. 44 del 17 dicembre, privilegia una logica d’area vasta rispetto alla visione “Milanocentrica” che è alla base della scelta del tracciato della M4: visione questa che ha connotato per decenni la pianificazione urbanistica e la politica dei trasporti del Comune di Milano. È quindi logico che chi sostiene che la prospettiva di Milano debba essere quella dell’area vasta, condivida l’appello del Forum Civico Metropolitano che indica un compito urgente alla neonata Città metropolitana.

03targetti02FBEdoardo Croci nel n. 40 di ArcipelagoMilano (novembre 2014) aveva invece sostenuto le ragioni dell’opera che è presentata come tassello fondamentale per la mobilità sostenibile nell'”area milanese”, intendendosi per tale il territorio di Milano capoluogo e dei comuni confinanti (o poco più). Un’opera che, accompagnata dall’estensione dell’Area C, aumenterebbe in modo significativo la quota di spostamenti su mezzo pubblico dei milanesi.

Sulla dimensione dell’indebitamento futuro del bilancio comunale e quindi sull’opportunità e possibilità di interrompere l’opera a favore di altre priorità per l’area metropolitana, ha scritto poi ampiamente Luca Beltrami Gadola nel n. 43 di ArcipelagoMilano; l’articolo affronta il tema della scadenza al 31 dicembre 2014 del contributo statale alla M4 legato ad EXPO (173 milioni) concludendo che Milano ha diritto di non farsi condizionare da termini fittizi e di chiedere al Governo di spostare i finanziamenti su altre opere.

La politica delle grandi infrastrutture in Lombardia e nell’area metropolitana – La valutazione delle grandi infrastrutture di trasporto in Lombardia, come la M4, sconta la tradizionale impostazione politica e culturale di fondo della Regione e del Comune di Milano che sono i decisori effettivi della maggior quota di investimenti. La Regione ha sempre operato le proprie scelte sulla base di piani caratterizzati da tre connotati. La contrattazione diretta con il Comune di Milano (e con le Ferrovie dello Stato) per la soluzione del nodo centrale. La negazione dell’area metropolitana come specificità del territorio lombardo (preferendo definizioni geografiche più sfuggenti come la regione urbana milanese dagli incerti confini). L’assenza di strumenti – modelli – in grado di predire gli effetti sulla mobilità complessiva delle opere previste e delle politiche programmate (variazioni della dimensione e della direzione dei flussi di traffico, trasferimenti modali dalla gomma al ferro, effetti di concentrazione o diffusione degli insediamenti e della domanda di trasporto, ecc.) e quindi in grado di valutare il rapporto costi benefici delle opere previste e le priorità di spesa. Dati oggettivi che renderebbero trasparenti le scelte. (1)

Nell’area metropolitana, dove si concentra la maggior quota di spostamenti della regione, gli investimenti importanti sono stati sempre decisi dal Comune di Milano, con una prevalente ottica di concentrazione urbana, in totale autonomia rispetto alla Provincia. La Provincia ha quindi programmato la mobilità con una visione residuale tra quella del capoluogo e quella regionale, rinunciando al ruolo di governo metropolitano. (2)

L’amministrazione Pisapia, con l’approvazione delle “Linee di indirizzo per il nuovo Piano urbano della mobilità” del 2012, ha segnato una netta inversione di tendenza, politica e metodologica: il documento afferma la necessità e la volontà di pianificare la mobilità di Milano a scala metropolitana e fa esplicito riferimento alla Città metropolitana come istituzione preposta a tale compito.

Il tracciato della M4 – Non ostante le dichiarazioni d’intenti le “Linee di indirizzo per il nuovo Piano urbano della mobilità” contengono una contraddizione che è emersa con forza in seno alla stessa Giunta in occasione dell’approvazione del bilancio comunale. Infatti nel documento da una parte si afferma la volontà di portare a termine quanto deciso dal precedente Piano della mobilità del 2001 e in particolare le linee metropolitane M5 e M4, che hanno un forte connotato “milanocentrico” e assorbono una grandissima parte delle risorse economiche destinate alla mobilità e dall’altra si afferma l’intenzione di “verificare il quadro delle linee di forza definite dal PGT e … del PUM 2001.. per selezionare priorità di investimenti futuri, considerato il quadro delle ridotte disponibilità economiche, in funzione della loro efficacia ….“. e di sviluppare una “Valutazione comparata tecnico economica e ambientale delle alternative“. Ciò che si sarebbe dovuto fare subito. (Al proposito occorre anche fare autocritica da parte di chi oggi chiede di interrompere l’opera, come il sottoscritto e non ha allora denunciato con forza la contraddizione del documento politico del 2012).

Infatti se all’impostazione del PUM 2001 si sostituisce un’organica visione di scala metropolitana, la valutazione della priorità d’investimento cambia drasticamente. Per assumere decisioni che impegnano per decenni il bilancio pubblico, non solo del capoluogo ma anche della Regione e dello Stato e ora anche della neonata Città metropolitana, Milano, la Provincia e la Regione avrebbero dovuto predisporre un piano della mobilità integrata (gomma / ferro/ ciclabilità) per l’intera area metropolitana, supportato da tecniche (modelli predittivi operanti su grafi di rete, ecc) capaci di prevedere gli effetti dei singoli interventi in termini di flussi di popolazione e attività coinvolte, tempi di percorrenza, spostamenti modali e di valutarli in rapporto ai costi.

Nel caso della M4 nessuno mette in dubbio l’utilità di una nuova linea metropolitana, ciò che si discute è il rapporto tra costi e benefici e la platea di cittadini cui sono destinati i benefici.

Si discute quindi la priorità tra gli investimenti possibili, rispetto a un quadro di riferimento che non è quello della sola Milano ma dell’intera area metropolitana e quindi di una popolazione più che doppia rispetto al capoluogo. Certo il tracciato urbano della M4 attraversa un’area ad alta densità insediativa e quindi è destinata a “trasferire” un quota consistente di spostamenti dal mezzo privato a quello pubblico, ma in un contesto ove la popolazione ha già un alto tasso di utilizzo del mezzo pubblico (circa il 50%) mentre lascerebbe pressoché invariata la quota di spostamenti su mezzo privato nel resto dell’area metropolitana (circa il 75%).

Ha senso quindi migliorare, a costi elevatissimi, il rapporto mezzo pubblico / mezzo privato in un’area ristretta ove tale rapporto è già molto alto e lasciare invariato tale rapporto in un’area più vasta e soprattutto per gli spostamenti che hanno come origine / destinazione il capoluogo? (3)

Se al momento della scelta del tracciato della M4 fossero stati a disposizione dei decisori e dei cittadini un progetto di rete metropolitana e modelli di simulazione adeguati, si sarebbero potuti confrontare gli effetti sulla mobilità dell’intera area metropolitana di un investimento a oggi stimato in oltre tre miliardi (dato riportato da fonte giornalistica), concentrato su una sola linea radio centrica, piuttosto che distribuito su più opere strategiche a scala territoriale ampia.

L’appello del Forum Civico metropolitano indica una serie di possibili “opere metropolitane” alternative che si riporta in nota (4). A queste aggiungerei il rafforzamento delle linee urbane di superficie con corsie riservate e precedenza semaforica, già indicato nel citato documento “Linee di indirizzo per il nuovo Piano urbano della mobilità“, intervento che estenderei ai maggiori centri urbani, come Sesto S. Giovanni e Monza. Naturalmente anche queste opere andrebbero sottoposte alla valutazione di utilità relativa di un Piano metropolitano fondato su modelli previsionali e stime dei costi. Solo così si potrà avere un’elevata probabilità di massimizzare la produttività degli investimenti pubblici.

Certo i risultati dei modelli non sono assolutamente “oggettivi”, perché dipendono dai dati che si immettono e da come si imposta il modello; non sono infallibili perché la realtà è sempre più complessa della formalizzazione matematica; ma i modelli mettono in relazione i fenomeni e danno loro dimensioni comparabili quindi rendono chiara la decisione di investimento anche se alla fine la decisione resta politica.

Un compito urgente per la Città metropolitana- Oggi la nuova Città Metropolitana ha il compito di programmare la mobilità complessiva (viabilità, trasporto pubblico su ferro e su gomma, rete ciclabile, interscambi ecc.) per tutta l’area, senza separazioni tra capoluogo e hinterland. Gli amministratori metropolitani hanno dunque di fronte una decisione difficile, ovvero chiedere al capoluogo di modificare o quanto meno di sospendere l’attuazione di una grande opera pubblica e verificarne la congruenza in un’ottica di scala vasta. Sarebbe un atto di grande coraggio. Cambiare la destinazione di un rilevante investimento pubblico richiede tempo, vuol dire iniziare processi decisionali complessi, fare nuovi progetti, dare il via a nuove procedure e, non ultimo, affrontare la questione sotto il profilo contrattuale. Ma gli amministratori metropolitani sanno che l’investimento per realizzare la M4 assorbirà per molti anni gran parte, se non tutte le risorse per nuove infrastrutture di trasporto per Milano e per tutta la Città Metropolitana che ha oltretutto ereditato un bilancio fallimentare. D’altra parte la rapidità del processo decisionale sarà il banco di prova della nuova istituzione.

Pisapia non vorrà forse essere il primo sindaco di Milano a interrompere la realizzazione di una metropolitana ma se saprà cambiar verso alle scelte passate sarà il primo vero sindaco metropolitano, tale non ope legis, ma per una visione strategica coraggiosa.

Corollario: la BREBEMI – È di questi giorni la notizia che il project financing della BREBEMI, la grande opera appena inaugurata in Lombardia, non regge per mancanza di traffico e che lo Stato dovrà intervenire con 300 milioni. Se le scelte della Regione fossero state supportate da modelli previsionali efficaci sarebbe risultato evidente ciò che i decisori comunque sapevano e cioè che l’opera non era né indispensabile né tanto meno prioritaria nel completamento della rete autostradale (era la più facile da realizzare). Il drenaggio di risorse che ha comunque comportato la BREBEMI, che siano private o pubbliche, sposterà nel tempo la realizzazione della “Gronda intermedia – pedemontana” che è la vera priorità del sistema autostradale lombardo.

 

Ugo Targetti

 

Note

(1). Nel luglio 2014 la Regione ha presentato la “Proposta preliminare di Programma regionale per la mobilità e i trasporti“; ancora oggi, non ostante l’istituzione della Città metropolitana, nel documento l’ “area metropolitana” è citata di sfuggita; non è considerata questione centrale del piano. Eppure la programmazione europea 2014 – 2020, che riserva una quota degli investimenti ai trasporti, individua nelle aree metropolitane i referenti diretti per i programmi di investimento. Nel documento si annuncia l’aggiornamento al 2014 dell’indagine origine destinazione degli spostamenti in Lombardia; una buona notizia ma resta incerto il futuro uso dei dati.

(2). In realtà il primo PTC della Provincia di Milano approvato dal Consiglio provinciale nel 1999 metteva in discussione le scelte del capoluogo di concentrare nella città gli investimenti in infrastrutture di trasporto e, insieme alle altre province lombarde, suggeriva alla Regione modifiche all’assetto del piano autostradale. Tra gli anni 1995 e 1999 la Provincia aveva anche organizzato una struttura tecnica d’avanguardia per la modellizzazione della mobilità, per assumere le decisioni di investimento sulla viabilità di sua competenza su basi “oggettive”. Le amministrazioni successive hanno revocato il PTCP e smontata la struttura tecnica.

(3). Negli ultimi anni la quota di spostamenti su mezzo pubblico è generalmente aumentata in tutta la regione; a ciò a contribuito il miglioramento dell’offerta di trasporto ma anche la crisi economica. La crescita della percentuale d’uso del mezzo pubblico è stato assai più alta in Milano che nel resto dell’area metropolitana, per la strutturale capacità della rete urbana del capoluogo ma probabilmente anche per effetto dell’istituzione dell’Area C.

(4). Si riporta il testo dell’appello “(…) Si avanzano alcune proposte, realizzabili in tempi brevi e sostenibili, sensate e di grande utilità: della linea 4 costruire solo il tratto Linate / aeroporto – Piazzale Dateo / passante ferroviario; collegare Linate a M2 Gobba; prolungare le linee esistenti : la M1 fino a Monza; la M2 a Vimercate; la M3 da San Donato a Paullo (sulla carta dal 2000!), come da appello di Legambiente; completare da Precotto, attraverso il quartiere Adriano, fino a Gobba, il collegamento del trasporto pubblico sulla fascia nord/ovest e nord/est tramite la metrotranvia già prevista nei piani delle opere pubbliche.”



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