7 gennaio 2015

sipario – LO SCHIACCIANOCI DI NACHO DUATO, UN RIMANEGGIAMENTO DEL REPERTORIO


 

LO SCHIACCIANOCI DI NACHO DUATO, UN RIMANEGGIAMENTO DEL REPERTORIO

Lo scorso 18 dicembre 2014 si è aperta la stagione ballettistica del Teatro alla Scala e per allestire il balletto di apertura è stato chiamato da San Pietroburgo il coreografo permanente del Teatro Michajlovskij, lo spagnolo Nacho Duato, con la sua nuova versione dello Schiaccianoci (2013). È una grande novità per il Teatro alla Scala, perché ha sempre rappresentato le coreografie di Nureev.

sipario01FBQualche polemica sui social network si è letta, soprattutto dopo la dichiarazione di Nacho Duato di aver creato il proprio «Schiaccianoci neoclassico», dove «la cosa più importante non è il virtuosismo, ma qualcosa di più che proviene direttamente dal cuore»; la più criticata affermazione è stata: «L’unica cosa che davvero non capisco è: se il Re dei Topi viene colpito a morte alla fine del primo Atto, come può essere ancora vivo nel secondo? Nella mia versione lo faccio morire nel primo Atto, mentre la Danza spagnola apre l’Atto secondo», perché è come se non avesse capito che il Re dei Topi ritorna in scena in modo metateatrale nel racconto delle vicende che Clara fa alla Fata Confetto appena arriva nel Regno dei Dolci, prima delle danze di carattere (spagnola, etc.).

Nacho Duato ha studiato con Maurice Béjart e alla Alvin Ailey Ballet School, ha ballato nelle compagnie Cullberg di Stoccolma e al Nederlands Dans Theater (NDT) e si è cimentato per lo più in coreografie contemporanee durante la direzione della Compañía Nacional de Danza de España e nel lavoro di coreografo al NDT. Dal 2011 è coreografo permanente del Teatro Michajlovskij, e si è dovuto confrontare con una molto presente e viva tradizione di balletto classico, da cui sono nate le sue versioni della Bella addormentata e adesso dello Schiaccianoci di Čajkovskij.

Le recite al Teatro alla Scala presentano come artisti principali Roberto Bolle (étoile alla Scala e principal all’ABT di New York) e Maria Eichwald (étoile allo Stuttgarter Ballett). Molto apprezzati sono stati gli artisti del corpo di ballo della Scala, particolare menzione meritano Angelo Greco, Vittoria Valerio, come migliori stelle emergenti nel 2014, e Nicoletta Manni, come danzatrice dell’anno 2014.

Non ho avuto modo di vedere le recite della Scala, ma ho visto un video completo dalle prime recite del nuovo Schiaccianoci di Nacho Duato al Teatro Michajlovskij del 2013 con Leonid Sarafanov (étoile, Principe Schiaccianoci) e Anželina Voroncova (étoile, Clara).

Già di per sé Lo schiaccianoci è un balletto senza una narrazione articolata, dà l’impressione di essere un grande divertissement di danze svincolate da un soggetto. L’unico importante – e riuscito – tentativo di dare una unità concettuale è stata la versione di Nureev. Rudol’f Nureev, bandendo ogni elemento irrazionale, ha psicoanalizzato lo Schiaccianoci rivestendo Clara di adolescenza, umanizzandola e concretizzandola come una ragazzina che sta uscendo dall’infanzia e sta scoprendo sé stessa e la propria sessualità (il Principe Schiaccianoci), sconfiggendo le proprie paure e tabù (i topi).

Lo schiaccianoci di Nacho Duato risente formalmente di Nureev: infatti, Clara e la Fata Confetto sono la stessa ballerina. Risente, poi, della versione Vajnonen (1934, Teatro Kirov, oggi Mariinskij) repertorio attuale dei teatri di Russia per il personaggio di Drosselmeyer, che rimane un deus ex machina anche se con più ruoli danzati, interpretato da un solista o un primo ballerino, senza tutto lo spessore psicologico che giocava in Nureev.

La versione di Nacho Duato si configura più come un ‘rimaneggiamento’ del repertorio coreografico, che di una vera e propria ‘versione’ a sé stante. Un elemento che rende più chiaro il balletto nel suo elemento natalizio è il minimalismo scenografico e il costante richiamo ai giocattoli, ma è acuita la separazione delle danze, evidenziata già dal primo coreografo Marius Petipa.

Domenico G. Muscianisi

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

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