17 dicembre 2014

CITTÀ METROPOLITANA. COSA C’È DOPO LO STATUTO


In settimana dovrebbe arrivare all’approvazione lo Statuto della Città Metropolitana. Il testo – fin troppo articolato – detta i principi cui s’ispira l’ente, le competenze degli organi, i rapporti con i Comuni e le aree omogenee (ossia – semplificando- l’insieme di più Comuni) e con le Zone di Milano, gli strumenti di partecipazione popolare, l’organizzazione, le norme transitorie in attesa dell’elezione diretta di Sindaco/a e Consiglio metropolitano. Ovviamente, il testo potrà piacere ad alcuni ed essere criticato da altri. Come tutti i testi statutari (ossia destinati a essere l’impronta di un ente) anche questo è evidentemente migliorabile; e lo sarà anche dopo l’approvazione. Quel che oggi conta è, però, che sia varato nei tempi che la legge prefissava. Da troppi anni si parlava di Città metropolitana, lasciando poi la “cosa” nel cassetto a prendere la polvere.

04arrigoni44FBLa discussione sul testo – si direbbe – è stata più soffusa che diffusa. V’è però da notare che il cittadino è portato a conoscere e riconoscere un ente pubblico quando ha a che fare con esso. La sfida che la Città metropolitana ha davanti è quella, appunto, di iniziare a operare. E divenire “cosa” dei cittadini milanesi, intesi come i cittadini della Milano grande, non limitata ai confini del comune capoluogo.

È evidente che la gestione di una serie di servizi e beni, in particolare i trasporti, la programmazione urbanistica di area vasta, con le strutture di comunicazione, il coordinamento dello sviluppo economico, con la ricerca in primo piano, hanno una migliore opportunità se progettati insieme, su un territorio largo. Nell’architettura dello Statuto, ciò funziona se avvengono due “cessioni di poteri”: quella della Regione, che si dovrebbe dedicare di più alla legislazione e di meno (molto di meno) alla gestione; quella dei Comuni che riconoscono che alcuni servizi possono essere meglio funzionanti se progettati sul territorio vasto.

Evidente la preoccupazione che, senza adeguati “contrappesi”, il Comune di Milano si possa travestire da Città metropolitana, facendo un po’ come Packman nell’omonimo giochino (il quale, a essere capaci, mangia un po’ tutti, salvo rischiare d’essere mangiato).

Di qui la necessità che il comune di Milano faccia un passo in più nella cessione di poteri: non solo verso la Città Metropolitana ma, pure facendo divenire le Zone Municipi, con relativi poteri (quali quelli dei Municipi di Roma Capitale) e autonomia. Ma la ragione di trasformare le Zone in Municipi non risiede solo in quel “contro bilanciamento” (o nel fatto che ciò costituisca una delle condizioni per l’elezione diretta del/della Sindaco metropolitano (e relativo consiglio).

I Municipi stanno nel programma del Sindaco Pisapia e (a prescindere, se si vuole, o) a maggior ragione per la Città metropolitana sono un atto dovuto per modernizzare un’amministrazione di Milano città troppo centralizzata, così da sentire troppo poco i cittadini e le problematiche insorgenti (e sentire non è solo udire, ma l’insieme dei sensi).

C’è l’impegno a che nello Statuto del Comune di Milano ci siano i Municipi: sia pur con qualche ritardo, siamo vicini a un testo da discutere in Consiglio comunale. Insieme, potranno esserci degli aggiustamenti dei confini zonali, per fare correzioni opportune di alcune storture (non per rifare tutto, il che significherebbe bloccare e perdere altro tempo). Meglio quindi lasciare da parte i “se” e i “ma”: il disegno nuovo può contribuire a riattivare un’amministrazione oggi troppo spesso inadatta.

Fabio Arrigoni



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