17 dicembre 2014

REGOLAMENTO EDILIZIO, DALLA BOZZA ALL’ADOZIONE


Il 2014 è stato un anno denso come non mai di avvenimenti riguardanti il rinnovo e la entrata in vigore delle discipline urbanistiche del Comune di Milano, con grande impegno della Amministrazione che si è trovata anche a integrare i nuovi provvedimenti del Governo come il decreto Sbocca Italia e quello della Regione sul Consumo di Suolo in un PGT appena entrato in funzione, con già tante difficoltà di interpretazione e sul quale si pensa già di rimetterci mano. Iniziata anche la revisione del Piano Urbano della Mobilità sul progredire del quale c’è carenza di informazioni, e finalmente portato a termine il nuovo Regolamento Edilizio entrato in vigore il 26 novembre.

08zenoni44FBHo seguito il complesso iter di quest’ultimo dalla bozza del 2013 al testo adottato e poi approvato dal Consiglio Comunale, ma anche partecipato, a decine di Convegni sull’argomento e contemporaneamente alle riunioni di lavoro per preparare le osservazioni da parte della Commissione Interprofessionale del Collegio Ingegneri e Architetti e di ARCHXMI.

Personalmente ho condiviso queste osservazioni collegiali presentate su specifici articoli del Regolamento utilizzando un complesso modulo di 7 pagine per una consegna entro il 7 agosto.

Procedura, questa delle osservazioni puntuali, che ha reso però difficile valutazione complessiva di un Regolamento Edilizio del tutto anomalo per forma e contenuti ma che mi permette di esprimere un parere definitivo, con una più profonda conoscenza dell’argomento, dopo quanto già anticipato nell’articolo pubblicato un anno fa su ArcipelagoMilano.

Premetto che un concetto largamente condiviso nei convegni e nei tavoli da lavoro è stato che il Regolamento travalica i contenuti previsti dagli articoli 28-29 dalla legge Urbanistica Regionale n°12. Nel senso che i contenuti previsti ci sono, ma sono state introdotte specifiche normative relative a discipline non previste, e tra le altre: ripetizione di prescrizioni già esistenti e meglio espresse in altri ordinamenti, ulteriori precisazioni sulle zone grigie delle normative del PGT nella illusoria convinzione di renderle più chiare, trasformazioni in normativa tecnica di desideri politici sospetti di partigianeria o addirittura di non costituzionalità, creazione di nuove normative su argomenti spettanti a Enti Amministrativi Superiori, forte aumento di costi degli oneri per il cambio di destinazione (che sarà sempre più diffuso per la acquisita tendenza a ridurre il consumo di suolo lavorando sull’esistente) e trasformando quasi tutti gli interventi edilizi in atti convenzionati allungando così i tempi per l’attuazione di qualsiasi programma edilizio.

Dal punto di vista formale è rimasto il disordine compositivo laddove non si raggruppano sotto un solo Articolo o Capo o Titolo o Parte le prescrizioni che interessano un unico argomento rendendone così difficoltosa la consultazione, e lasciando sempre nel dubbio di aver dimenticato qualcosa. Ci troviamo davanti alla stessa accidentata prosa dei documenti allegati al PGT che sembrano scritti da più mani senza alcun coordinamento tra di loro.

Mi permetto però di ricordare alcune delle prescrizioni particolarmente fuori tema o antistoriche: è spiacevole accettare imposizioni sulle costruzioni private in cattive condizioni (per ragioni quasi sempre non legate alla volontà della proprietà ma a situazione ereditarie o urbanistiche arruffate) da chi è in possesso da anni del “Marchiondi”, tenuto in condizioni di degrado nonostante sia oggetto di vincolo architettonico e progettato da un grande architetto milanese del dopoguerra.

Come è antistorico cercare di trattenere in città con incentivi le attività artigianali e industriali ormai in fuga dalla città per problemi di accesso e inquinamento e che vanno a collocarsi nelle zone industriali esterne alle tangenziali con facilità di accessi e parcheggio. Sono spiacevoli le indagini per conoscere se chi presenta un nuovo progetto è proprietario di immobili in “disuso”, rifiutando così il permesso di costruire il nuovo se non si ripristina prima il vecchio, facendo strame di diritto alla privacy e di libertà di operare.

Infelice poi la possibilità di realizzare seminterrati abitabili, i famosi “bassi” alla napoletana, esempio di inciviltà dell’abitare, esattamente l’opposto della qualità edilizia richiesta più volte in tanti articoli di questo stesso regolamento. E poi a proposito dei “bassi” cosa ci ha insegnato il Seveso, oltre fare gli accessi alla MM5 sopraelevati? (che io conosca, l’unico accesso a una linea di trasporto sotterranea dove per accederci bisogna salire). Continua a essere praticata la concessione di deroghe ai Regolamenti Edilizi per gli edifici pubblici, tradizionale espressione del potere. Queste inevitabili deroghe non dovrebbero interessare tutto il Regolamento, ma almeno far rispettare la distanza dei 10 metri tra gli edifici e la regola dei 60 gradi. Questi sono due importanti parametri che devono garantire a tutti i cittadini il diritto dignitoso di affaccio e insolazione degli alloggi.

Insopportabile poi l’uso di titoli magniloquenti come “progettazione universale,”che in questo caso si riferisce a una raccomandazione dell’ONU che non è altro che la versione Comunale dopo quella Statale e Regionale sulla normativa per i meno atti. Oppure di attendere “l’algoritmo” predisposto dai tecnici comunali sul rapporto tra abitanti e superficie locale rifiuti peraltro già definito due righe sopra in 0,18 mq/abitante. Ma anche una pretenziosa incursione in campo “ornitologico”, quando si prevede la fornitura da parte del Comune di nidi di pipistrelli.

E potrei continuare a oltranza ma dopo aver collaborato in tutte le sedi per migliorare il documento non me la sento di presentare Osservazioni personali, che attraverso la procedura prevista non riuscirei a esprimere compiutamente. Ma per manifestare la mia delusione vorrei finire questi miei pensieri con le stesse parole usate nel precedente articolo “prime osservazioni sulla bozza” dell’anno scorso.

“La formulazione di Leggi e Regolamenti devono avere un’Etica Civile, che non deve dare all’operatore l’impressione di essere considerato un semplice suddito. Ricordo, perché sembra che molti non lo abbiano ancora capito, che l’Imprenditoria in questi tempi di crisi economica è l’unica componente della società che può far nascere posti di lavoro e quindi far riprendere i consumi sul mercato, ma per fare questo ha bisogno di procedure comprensibili, semplificate, veloci e poco costose, e non mi sembra che questo nuovo Regolamento Edilizio si sia posto seriamente il problema.” E l’eco dei media conferma la ragionevolezza di queste mie considerazioni.

L’articolo di Rizzo sul Corriere della sera del 5 settembre ribadisce questi miei timori sulla degenerazione della formulazione dei Regolamenti Edilizi, anche se la versione “statale” mi sembra altrettanto improponibile.

Ma cito per concludere il libro di Stella e Rizzo “Se muore il Sud“, che dal titolo sembra non c’entri nulla coi Regolamenti Edilizi, ma che diventa pertinente quando parla di leggi e regolamenti che impediscono di operare, riportando una considerazione di Ludovico Muratori, studioso della vita amministrativa del 1700: Quante più parole si adopera in distendere una legge, tanto più scura essa può diventare.

 

Gianni Zenoni



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