17 dicembre 2014

libri – IL MIRAGGIO DELLA LIBERTÀ Storia del Caucaso


CHARLES KING

IL MIRAGGIO DELLA LIBERTÀ

Storia del Caucaso

Einaudi 2014

pp. 320, euro 32

libri44FBL’opera di Charles King, che insegna International Affairs and Government alla George Town University a Washington, è il più noto e prolifico storico di lingua inglese ad occuparsi negli ultimi anni del “fronte sud” dell’Europa Orientale. La sua “Storia del Mar Nero“, pubblicata in Italia da Donzelli nel 2005,ha avuto un largo successo, come pure il più recente “Odessa“, Einaudi 2013, che ha ottenuto il National Jewish Book Award nello stesso anno.

Il “Miraggio della libertà” (ovvero il “Il fantasma della libertà“, come si legge meno ottimisticamente nel titolo originale) è la prima storia generale del Caucaso moderno dall’espansione zarista alla nascita dei nuovi stati indipendenti, Georgia, Azerbaigian, Armenia, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, nel 1991.

Il quadro che lo storico di Washington ci offre è illuminante. Tutte le secolari componenti, etniche, linguistiche, religiose, economiche, vengono passate in rassegna con profondità e ricchezza di dettagli accompagnando il lettore lungo le strade che si snodano in una delle aree, da sempre, più turbolente del mondo.

Del resto, si domanda King, una terra quasi impercorribile sul piano orografico e abitata da veri e propri rebus etnici, come poteva sottrarsi, ieri alla pressione di tre imperi euroasiatici, quello russo, quello ottomano, quello persiano e oggi al “grande gioco” delle due superpotenze?

E non è un caso che il tema dominante degli ultimi duecento anni, nella regione, sia stata la lotta per la libertà, per l’indipendenza e per la identità politica e culturale. Libertà sempre negata in specie dal dominatore zarista e poi sovietico, che ha condotto una secolare e spietata guerra contro le popolazione autoctone, senza peraltro mai riuscire nell’intento di soggiogarle completamente, o in alternativa, di eliminarle con il genocidio o la deportazione

Quando con il collasso del 1991 l’URRS ha cessato di esistere, l’approdo alla libertà delle tre repubbliche caucasiche ha messo a nudo la vastità dei problemi economici e politici ereditati da un Ottocento confuso e sanguinoso, fatto di lotte tribali e religiose di lettura indecifrabile.

Come indecifrabili apparvero agli occidentali gli innumerevoli linguaggi parlati nell’area, linguaggi articolati in almeno 40 alfabeti, uno dei quali l’Ubikh detiene probabilmente il record mondiale delle consonanti (almeno un’ottantina) per non parlare del Balkaro, del Karacai, del Calmucco, del Min-grelio, del Suano, del Lazo, dell’Abcaso, dell’Osseno, dell’Inguscio, del Ceceno, del Llavaro, del Dargua, del Lesgho e di tanti altri.

In questo coloratissimo mosaico ha fatto irruzione nell’ultimo ventennio la grande politica internazionale, le cui vicende offrono a King l’occasione per ricostruire nei particolari, spesso ignorati dalla pubblica opinione, la complessa partita a tre, Stati Uniti, Unione Europea e Russia post Sovietica, che ancora oggi si gioca, senza esclusione di colpi, tra quelle montagne maestose e quelle valli impervie, che per oltre 1000 kilometri fanno da barriera tra le steppe dell’Asia e gli altipiani anatolico e iranico.

Apparentemente l’Europa partiva in vantaggio: i nuovi stati indipendenti esprimevano un forte radicamento europeo. L’Armenia, prima nazione cristiana. L’Azerbaigian, prima repubblica mussulmana. La Georgia, un’antichissima struttura monarchica, che aveva ispirato nientemeno la conformazione politica dell’Impero bizantino.

Tuttavia, almeno dai primi anni del terzo millennio, sono stati gli USA e non l’Europa a condurre il gioco tra il Mar Nero e il Mar Caspio e non è un caso che le tre giovani repubbliche rientrino da molti anni nel novero dei paesi maggiori beneficiari “pro capite” degli aiuti allo sviluppo, stanziati dagli Stati Uniti a livello mondiale.

All’inadeguatezza del sostegno finanziario, l’Europa avrebbe potuto opporre i valori derivanti da una più intensa contiguità politica e culturale. Ma a questo punto, osserva King, è intervenuto il tradizionale elemento frenante che caratterizza la politica di Bruxelles. Politica che non nasce da un progetto ottimistico, ambizioso e lungimirante ma che è stata ed è figlia insicura dell’ansia del ritorno di un funesto passato.

Solo il superamento di un simile stato d’animo consentirà all’Europa, conclude King, di aprire una volta per tutte le porte del Caucaso.

Paolo Bonaccorsi

 

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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