10 dicembre 2014

SÌ AI GRATTACIELI MA ATTENZIONE A NON LASCIARE SMAGLIATURE URBANE


Dopo settanta anni di incarichi, concorsi, varianti, destinazioni (borsa si e no, secondo palazzo della Regione si o no, ma intanto esposto anche a Mosca…), qualche scandalo, proteste, dibattiti, accelerazioni e frenate, nell’area delle ex-Varesine (impropriamente Garibaldi) si è attuata la previsione del PRG del ’53: centro direzionale con grattacieli …! (mio padre, ingegnere, allora mi portava in bicicletta a vedere le demolizioni e mi diceva “qui verranno i grattacieli come a New York dove vivono gli zii”).

05favole43FBNegli anni l’area è diventata il nodo più infrastrutturato di Milano, preparando (in modo sotterraneo, forse sfuggito agli oppositori) una variante con i volumi terziari e residenziali di lusso che vediamo oggi: era inevitabile.

A opere finite il mio giudizio sull’assetto urbanistico è positivo perché si è data forma con tipologie coerenti a una “isola” urbana omogenea identificata e distinta dalle trame urbane circostanti, senza strappi, risolvendo un vuoto che era impresentabile da cinquanta anni. Attuazione dovuta, senza commenti, a un investitore americano.

Un’isola di concentrazione come mi sembra sia la miglior soluzione urbana; dal Loop di Chicago, con i primi grattacieli, a California square a Los Angeles in una città per decine di kilometri tutta bassa, alla Défense a Parigi, che è un’isola fuori dalla compatta città ottocentesca, a Dubai che è un’isola nel deserto, a Honk Kong che è fisicamente un’isola, a Shanghai sponda destra del fiume. Non cito New York e Shanghai, sponda sinistra, perché lì grattacielo è diffuso: 3000 in dieci anni.

Se posso permettermi un’osservazione mi sembra eccessivo il vuoto verso la Regione e il bosco verticale: avrei preferito una maggiore densificazione (absit iniuria verbis) e una diversa distribuzione degli spazi di mitigazione. L’altro elemento che apprezzo è l’attacco a terra, per la piazza in quota e i collegamenti pedonali verso i quartieri intorno: un elemento di contestualizzazione raro anche nelle isole citate. Si poteva fare di più? Seguendo l’onda di moda si poteva scoprire la Martesana (che è un’operazione abbastanza facile) rivedendo il sistema del traffico e delle strade (operazione meno facile).

Soprattutto si è lasciata immediatamente al margine non progettata la piazza interrata della stazione Garibaldi, che conserva l’aspetto provvisorio, non finito, irrazionale e ancora peggio tutto il lato della stazione, con vetrine abbandonate e muri graffitati malamente: si passa dal nuovo, lucente, tecnologico, di lusso, a un impresentabile abbandono. Non so se toccasse provvedere all’operatore privato o a qualche ente pubblico o a una convenzione, ma è da rimediare (non per l’Expo, ma per noi cittadini).

Un gruppo anche ridotto di grattacieli modifica il profilo della città: ma non mi sembra che quello precedente fosse così pregevole da non accogliere varianti e non mi sembra che le torri preesistenti – Pirelli, Galfa, Velasca, Porta romana – ne abbiano sofferto. Mi sembra una normale evoluzione della città.

In quanto all’architettura è certo che il grattacielo è un “tipo” universale e globalizzato, indifferente al sito, oggetto di esercitazioni formali per trovare una propria identità, infatti gli autori sono tutti stranieri: ma questa è la condizione generale dell’architettura contemporanea dopo il postmoderno. I grattacieli alle ex Varesine sono tutti edifici molto caratterizzati formalmente. Sospendo il giudizio sullo spigoloso Diamante, che è lontano dal mio modo di pensare l’architettura e che trova, penso, la sua motivazione nella posizione di testa a fronte della città costruita. Trovo molto elegante la torre curva di Pelli, per conformazione e tessitura della facciata, con dettagli raffinati, anche se poteva risparmiarsi la guglia. Apprezzo il doppio corpo curvo del grattacielo della Regione, che è di altri americani, Pei e Cobb, per conformazione, per la piazza coperta a terra e gli attacchi all’edificato. La torre molto alta e sottile all’incrocio di Gioia con Liberazione ha un disegno raffinato, ma mi chiedo se sarà facile abitarla e utilizzare balconi tradizionali a quelle quote. Tutti edifici in vetro secondo la regola globalizzata contemporanea. Le torri di Boeri, con una conformazione semplice, hanno un valore in più per l’invenzione e la motivazione ideologica oltre a quella formale: sono delicate e speriamo che resistano.

A Londra sono autorizzati 300 nuovi grattacieli isolati, che stravolgeranno il profilo della città: ma gli inglesi, empirici e pragmatici, sembra non protestino: non so quanti a New York, dove sono ammessi ovunque o nelle città orientali.

La storia dei grattacieli in città a Milano finisce qui: qualche torre isolata mi sembra di scarso rilievo – come la nuova di via Imbonati malgrado una ricerca sulle facciate a grigliati – perché i grattacieli isolati devono avere una forte motivazione come il “torso” di Calatrava a Malmö per la forma e la struttura, il Landmark a Yokohama di Stubbins perché è il più alto antisismico in Giappone o la “scheggia” di Piano a Londra. Da noi non succede.

Alcune nuove torri si stanno costruendo nell’area Nord – Ovest oltre le autostrade, come una mini Défense, di diverso valore formale, ma soprattutto senza un contesto di coordinamento a terra per spazi, mitigazioni e infrastrutture, che mi sembra urgente.

 

Paolo Favole



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