3 dicembre 2014

LE CONSEGUENZE DELLA LEGGE REGIONALE “MANGIA SUOLO”


Nell’articolo pubblicato il 5 novembre avevo evidenziato alcune contraddizioni nel progetto di legge sul consumo di suolo della Giunta regionale lombarda, che rimangono anche nel testo finale. Qui avanzo alcune ipotesi sulle conseguenze di questa legge alla luce degli emendamenti introdotti in fase di approvazione:

08pompilio42FB* FINALITA’ GENERALI (articolo 1). La definizione di suolo come bene comune riprende quanto già affermato dalla LR 31/2008, ma ampliandolo anche al suolo non agricolo. Potrebbe aprirsi una strada per rimettere almeno formalmente la finalità pubblica al centro della pianificazione. Per ora il resto della legge contraddice questo principio privilegiano palesemente l’iniziativa privata e marginalizzando la finalità pubblica. Il nuovo comma 4, che richiama al traguardo di consumo zero al 2050 fissato dalla Commissione Europea, appare fuori luogo nel contesto di una norma che punta prima di tale data ad accelerare il consumo di tutto l’ “urbanizzabile” (circa 550 milioni di m2 !).

* DEFINIZIONI (articolo 2). Alcune delle definizioni sono state leggermente modificate ma nella sostanza rimangono i due punti controversi già sottolineati in precedenza:

– Il suolo urbanizzabile (ossia le previsioni dei piani non attuate) viene equiparato a quello urbanizzato e questo potrebbe fare venire meno la natura non conformativa degli ambiti di trasformazione del Documento di Piano, uno dei pilastri su cui era stata costruita la LR 12/2005, con le conseguenze che si possono immaginare, anche ai fini fiscali.

– Il meccanismo del bilancio ecologico del suolo innesca situazioni paradossali, al limite del grottesco. Per esempio: se 10 ettari oggi programmati a residenziale ma di fatto coltivati ad agricolo vengono trasferiti in altra localizzazione agricola per costruire, supponiamo, un centro commerciale di 10 ettari, “il consumo di suolo è pari a zero” (citato da art 2 c.1 lett d) della legge). Se dei 10 ettari solo 8 vengono trasferiti per altri usi e 10 ritornano ad agricolo si realizza addirittura un bilancio negativo, ossia per la legge ho recuperato terreno agricolo, anche se nei fatti ne ho consumati 8 ettari.

In questo modo si favoriscono i comuni spreconi, che nel passato hanno fatto previsioni esagerate per fini clientelari, e che oggi le possono rimettere sul mercato fregiandosi del titolo di “comune a consumo di suolo zero”, magari prendendo uno dei premi per le buone pratiche previsti all’articolo 4 comma 7. Mentre i comuni che in passato sono stati virtuosi, resistendo con sacrificio ed inventiva alle pressioni, si trovano oggi ingessati e penalizzati. I comuni che volessero in futuro percorrere una strada virtuosa sono avvertiti.

* MODIFICHE ALLA LR 12/2005 (articolo 3). Con emendamento vengono a sorpresa aggiunti i piani associati comunali che dove previsti sostituiscono i PGT dei comuni. La novità è molto rilevante ed in generale positiva. Il problema è che ancora una volta si introducono modifiche di rilievo alla LR 12/2005 con interventi episodici, collocati in altri contesti normativi. Come mostrano le esperienze di altre regioni i piani associati possono essere una soluzione molto macchinosa, poco snella e tempestiva, se non vengono accompagnati dalla definizione di apposite modalità e procedure di approvazione, e dal raccordo con gli altri livelli di pianificazione territoriale. Si continua a rinviarla, ma ormai serve una riforma complessiva della 12 dove inquadrare queste novità in modo organico.

* NORMA TRANSITORIA (articolo 5). Una nota positiva al comma 7: con emendamento sono state limitate le casistiche nelle quali il privato può chiedere alla regione la nomina del commissario ad acta in caso di inerzia del comune. Al comma 10 il contributo relativo al costo di costruzione è stato incrementato quando riferito al “suolo agricolo nello stato di fatto non ricompreso nel tessuto urbano consolidato”. Al di là del fatto che un incremento del 20-30% è un disincentivo piuttosto blando per gli imprenditori, non è chiaro se l’urbanizzabile rientri nel tessuto urbano consolidato. Per come è impostata la legge (vedi considerazioni sopra) sembrerebbe che sia incluso, e quindi il disincentivo non si applicherebbe di fatto prima della scadenza dei 30 mesi di periodo transitorio. Viceversa si presenterebbe un’evidente contraddizione con il bilancio ecologico del suolo di cui all’articolo 2.

Senza entrare troppo nel dettaglio l’elenco riporta solo alcune delle questioni più importanti. Rimangono due contraddizioni per le quali è difficile trovare una spiegazione razionale.

* Le misure di contenimento del consumo di suolo sono solo annunciate e rinviate ad un lungo e tortuoso percorso futuro. Intanto la legge si preoccupa di dotare il privato di strumenti giuridici ed economici per attuare tutto l’urbanizzabile (550 milioni di m2 ricordo !), di fatto espropriando per molti anni sindaci e consigli comunali dei loro poteri di pianificazione. Stupisce che i sindaci, quasi tutti, abbiano accolto senza protestare questa legge. Forse bisogna decidersi una buona volta a scendere in piazza, per chiedere di sganciare gli oneri di urbanizzazione dalle spese correnti.

* Come già evidenziato nell’articolo precedente rimane la perplessità di questa iniziativa normativa alla vigilia di Expo. I tempi stretti ne rendono inutilizzabili i vantaggi, ma la legge può influire molto negativamente sull’immagine dell’ evento, che è dedicato all’alimentazione, e che viene ospitato in una regione che così poco considera il proprio suolo agricolo.

Marco Pompilio



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