3 dicembre 2014

I COSTI DELLA MALPRACTICE NELLA SANITÀ


Le regioni italiane hanno intrapreso con decisione la strada dell’autoassicurazione e della non assicurazione, per fronteggiare i rischi di responsabilità civile nei casi di malasanità. Gli enti locali gestiscono per proprio conto le richieste di risarcimenti con schemi regionali o affidati alle singole Asl. Se si rivolgono a un assicuratore, lo fanno ormai solo per coprire i sinistri di maggiore entità, per importi superiori ai 250-500mila euro.

09cingolani42FBIn questi frangenti il minore ricorso alle assicurazioni comporta un più debole sistema di garanzie, dando minori certezze di risarcimenti equi a chi è rimasto vittima di un episodio di malasanità e rendendo più incerta l’attività del personale sanitario, esposto a maggiori rischi professionali.

Appena due anni fa, secondo un’indagine parlamentare sugli errori medici conclusa all’inizio del 2013, il 72,2% delle Asl italiane risultava ancora coperto da una polizza. Un così rapido cambiamento è la conseguenza del continuo aumento nei costi dei risarcimenti e della crescente difficoltà a stimare i rischi, che ha spinto le principali compagnie di assicurazione italiane e straniere a essere più selettive nella copertura dei danni. Per limitare il fenomeno della malpractice, è necessario intervenire per circoscrivere la responsabilità dei medici e delle strutture sanitarie, attuare idonee misure di gestione del rischio, porre un tetto ai danni non patrimoniali con l’approvazione delle tabelle di risarcimento dei danni biologici, definire linee guida mediche, anche per contrastare il fenomeno della medicina difensiva che pesa per oltre l’11,8% sulla spesa sanitaria.

La medicina difensiva grande causa dell’aumento dei costi, consiste nella pratica di diagnostiche o di misure terapeutiche condotte principalmente, non tanto per assicurare la salute del paziente, quanto come garanzia delle responsabilità medico legale seguente alle cure mediche prestate. Evitare la possibilità di un contenzioso legale è la motivazione principale del porre in atto pratiche di medicina difensiva. Viene praticata specialmente nella medicina di emergenza, nei reparti di ostetricia e in altri interventi specialistici ad alto rischio.

Il comportamento cautelativo si esplica nel ricorso a servizi aggiuntivi non necessari (analisi, visite e trattamenti) atti a: diminuire la possibilità che si verifichino risultati negativi; dissuadere i pazienti dalla possibilità di presentare ricorsi;redigere documentazione che attesti che il medico ha operato secondo gli standard di cura previsti, in modo da cautelarsi da eventuali future azioni legali. Si manifesta nel caso in cui il medico eviti di occuparsi di determinati pazienti o dall’eseguire interventi ritenuti ad alto rischio.

La medicina difensiva è ritenuta un fenomeno da arginare nell’interesse del medico, del paziente e anche delle casse dello Stato. Tra i rimedi suggeriti, quelli di migliorare la formazione degli studenti in medicina con maggiore attenzione al rapporto medico-paziente, di rendere gli orari di lavoro meno stressanti, di favorire il ricorso alla conciliazione in caso di errori medici. Il ricorso a strumenti stragiudiziali per la risoluzione delle controversie è divenuto indispensabile anche allo scopo di evitare l’immediato ricorso al tribunale.

La fonte di questo articolo è Wikipedia, la moderna enciclopedia, di facile consultazione anche per politici locali e nazionali che potrebbero prendere spunto per le proposte di riforma della sanità, ispirata al buonsenso.

Ma perché in Italia la malpractice negli Ospedali è diventata un fenomeno ingovernabile? Con le sentenze della Corte di Cassazione succedutesi dal 1999 a oggi medici e strutture sanitarie sono stati considerati assoggettabili a una responsabilità contrattuale, ciò comporta l’inversione dell’onere della prova, posta a carico dei sanitari, la dilatazione dei tempi di prescrizione da 5 a 10 anni e anche una sorta di garanzia di risultato sulle cure prestate. Se queste non raggiungono l’effetto sperato si può essere chiamati a risponderne. Nella gran parte dei paesi europei, invece, vengono indennizzati soltanto i danni causati dagli errori medici, che il paziente deve provare di aver subito e normalmente a un medico che si attiene alle linee guida professionali non è imputabile molto.

Il decreto Balduzzi, che avrebbe dovuto razionalizzare il sistema sanitario, ma che molti definiscono “la più evanescente tra le riforme della sanità”, imponeva l’adozione delle medesime tabelle previste per i sinistri nella R.C. Auto per il danno biologico, ma il relativo decreto, mancava di chiare regole impartite alle regioni che decidono di coprire per proprio conto il rischio di malasanità. È assente, in particolate, un obbligo a costituire fondi appropriati, sul modello delle riserve assicurative. Tutto ciò espone gli enti locali, a causa del lungo iter dei sinistri prima di venire risarciti, al rischio di accumulare nel tempo impegni ingenti di ammontare pari se non superiore a quelli che negli anni passati hanno messo sotto stress i bilanci regionali.

Negli altri paesi il fenomeno della medical malpractice non rappresenta più un’emergenza, perché le varie riforme sono state presentate circa 15 anni fa. Per finire, come sempre la palla passa alla politica, che può trovare spunto da Wikipedia.

 

Massimo Cingolani



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