3 dicembre 2014

la posta dei lettori – 03.12.2014


Scrive Rosellina Archinto a Luca Beltrami Gadola sul sindaco 2016 – Gentile Luca, bello il tuo articolo sul Sindaco milanese del 2016. Hai perfettamente ragione: comunque vada l’Expo Pisapia non si potrà prendersi i meriti e i demeriti andranno tutti a suo carico. Le malefatte altrui pesano su di lui come macigni. Mi dispiace molto ma vedo il futuro molto difficile! Chiunque si presenti dovrà affrontare una città molto confusa e brontolona e dovrà guardarsi intorno con molta attenzione.

Scrive Felice C. Besostri a Luca Beltrami Gadola sul sindaco 2016 – La scelta a monte da compiere non è quella personale di Pisapia se ricandidarsi per un secondo mandato, ma se nel 2016 si voterà per un Sindaco di Milano, che faccia anche il Sindaco Metropolitano, ovvero per 2 sindaci eletti direttamente dai cittadini: il Sindaco di Milano e il Sindaco Metropolitano. Teoricamente è possibile, perché lo prevede l’art. 1.22 della L. n. 56/2014, ma a leggere bene è chiaro lo sfavore del legislatore, dell’ANCI e del suo Presidente per elezioni dirette. Un sindaco metropolitano eletto direttamente dovrebbe farlo del tutto gratuitamente perché non è prevista alcuna indennità e se andasse in porto la revisione costituzionale, approvata dal Senato, non potrebbe concorrere alla nomina a senatore. Assurdità di una legislazione che ha perso ogni professionalità, forse per l’esigenza di andare in fretta. Le Città metropolitane sono state costituzionalizzate nel 2001, eppure se ne sono dimenticati nella riforma del contenzioso elettorale del dlgs 104/2010 o nella legge sul riequilibro della rappresentanza di genere del 2012.

Dunque se ci fosse l’auspicabile sdoppiamento tra Sindaco di Milano e Sindaco Metropolitano, cosa sceglierebbe Pisapia o il PD per il suo candidato in pectore? 2 è meglio di 1 diceva una pubblicità e uno per uno non fa male a nessuno. Per il momento il disinteresse di Pisapia per la Città Metropolitana è grande. Convocati i comizi elettorali si è estraniato dal procedimento fino al 28 settembre. Dopo la proclamazione degli eletti nel Consiglio metropolitano ha nominato in gran fretta un vice Sindaco Metropolitano, ovviamente del PD. Una scelta politica o una mossa furba? La Provincia lascia in eredità un buco finanziario e non rispettando il Patto di stabilità un po’ di sanzioni. Se la Provincia non sarebbe stata in grado di far fronte alle sue competenze ordinarie, che si farà con i nuovi maggiori compiti della Città Metropolitana? Meglio tenersi lontani: l’Expo basta e avanza per non dormire bene la notte,

Scrive Giancarlo Consonni a Jacopo Muzio a proposito di Milano e grattacieli – Caro Jacopo, concordo. Mentre il corteo dei laudatores urbis disiectae si ingrossa e dilaga, sono ormai poche le voci critiche sul quel che viene avanti nel paesaggio di Milano. Con Porta Nuova e CityLife, a Milano si è avviato prepotentemente l’abbandono del principio compositivo su cui, in una storia quasi millenaria, si è fondata la bellezza delle città italiane: il principio basato sull’interazione dialogica degli edifici che eleggeva lo spazio pubblico a teatro: a luogo primario del ritrovamento/celebrazione di una misura civile nel segno dell’affabilità e della convivialità. E appunto della bellezza.

Il nuovo skyline è il risultato di voci sconnesse e sopra le righe: monologhi in un vuoto di senso e di relazioni che si approssimano alla follia (Ernst Bloch). In questo modo, da luogo di educazione intergenerazionale, silente ma potente, lo spazio pubblico cambia radicalmente di segno: insieme all’esibizione narcisistica, si afferma la regola della compresenza nell’indifferenza.

Sono argomenti su cui, lo vedo già, chi guida la città fa spallucce. L’ultima sponda è attrarre capitali, quali che siano, senza distinguere tra ciò che può servire ad attrezzare la metropoli nella sfida globale e ciò che si configura come accaparramento di rendite (frutto per lo più di un lavoro collettivo). Il nuovo paesaggio è tra i risultati nefasti del corto respiro della politica: dei suoi tempi brevi e del suo ridursi a schermaglie con l’avversario, con il risultato che viene rottamata in partenza ogni considerazione e ogni preoccupazione per ciò che fa civiltà (dove la “cultura materiale” ha un ruolo primario).

La bellezza delle città è tra i frutti mirabili dell’intelligenza, della sensibilità e del lavoro collettivo. Ma quello della bellezza degli insediamenti è ormai tra gli argomenti tabù. Chi, nella drammatica crisi che stiamo vivendo, si permette di sollevarlo passa per stravagante, o, come si diceva un tempo, per uno “spostato”. Ma quanti altri valori, assieme a quello della bellezza, sono finiti all’indice!

Scrive Valeria Molone a Jacopo Muzio a proposito di Milano e grattacieli  – Concordo anch’io.

Scrive Pierfrancesco Sacerdoti a Jacopo Muzio a proposito di Milano e grattacieli – L’articolo sui grattacieli è magnifico e pienamente condivisibile. Peccato che ormai a pensarla così siamo in pochi. Tutti, architetti e non, sembrano entusiasti dei nuovi grattacieli e della piazza Gae Aulenti (che si starà rivoltando nella tomba all’idea che un simile luogo le sia stato dedicato!).Ci penserà la prossima generazione a correggere gli errori dei padri? Chissà …

Scrive Pietro Vismara a Giulia Mattace Raso su consumo di suolo – Vorrei sommessamente fare notare a chi parla di “pagare un onere urbanistico come individuale contributo di cittadinanza” o addirittura di “onere perpetuo” che questo onere lo paghiamo già: si chiamano “tasse”. E non solo tasse sui redditi, che già i prendono oltre il 40% di quello che guadagniamo, ma anche tasse sulla casa come Imu, Tar, Tasi, ecc. .

Gli oneri di urbanizzazione hanno il vantaggio di incidere in modo equo sul profitto di chi realizza una trasformazione urbana. Proporre di spostare ulteriormente tale onere sui cittadini incolpevoli non so se derivi da improntitudine o da grande superficialità nell’affrontare la materia.

Replica Giulia Mattace Raso – Il mio contributo faceva un riepilogo ragionato degli spunti emersi nel dibattito. Spero che l’autore della proposta sull’onere di cittadinanza raccolga l’invito ad approfondire le sue considerazioni.

Scrive Vito Antonio Ayroldi a Giulia Mattace Raso su consumo di suolo – Concordo in pieno sui contenuti del suo ottimo pezzo. Sull’importanza della pianificazione di lungo periodo. Corrette e precise le domande che pone: e sappiamo dalla logica proposizionale che gli interrogativi affermano almeno quanto domandano; è uno dei limiti della dialettica socratica. E allora aggiungo alla constatazione condivisibile della vetustà “energivora” del nostro patrimonio edilizio il seguente quesito di carattere psicosociale.

Siamo disposti a riconsiderare quello stile di vita che induce nelle proprie abitazioni come nelle università, nelle biblioteche moltissima gente a stare in Gennaio in maglietta e/o shorts come se si fosse in un telefilm di Miami vice per poi coprirsi d’estate dal condizionamento “sparato a palla”? Il combinato di questi due atteggiamenti è quanti altri mai “energivoro” ancorché demenziale. Sotto questo aspetto Milano è un osservatorio sociale formidabile di abitudini sociali e private che non stenterei a definire bizzarre. Ecco una di quelle domande che afferma almeno quanto chiede, e cioè che la nostra impronta energetica dipende non solo dall’hardware leggasi abitazioni ma, e forse soprattutto, da come ci vivi in quelle abitazioni e nei luoghi pubblici. E non dipende tanto da come son fatti i muri delle case, ma da come sono costruite le prigioni in cui rinchiudiamo le nostre menti.

Scrive Gregorio Praderio a Gianni Zenoni sulle modifiche al PGT – Spiace leggere che Gianni Zenoni sia rimasto deluso dall’idea dell’Assessora De Cesaris di modificare l’attuale PGT. Non ero presente al convegno dell’Assimpredil del 5 novembre, ma ho letto l’intervista sul Corriere del 12 ottobre e mi sembrano tutte proposte ragionevoli e largamente condivisibili. Distinguere gli interventi su aree dismesse da quelli su aree libere, incentivando i primi e scoraggiando i secondi; ragionare in un’ottica metropolitana; porsi il problema di come accedere alla casa a prezzi abbordabili; semplificare le norme: cosa vogliamo di più? E se questo vuol dire modificare un PGT oggettivamente mal fatto, ben venga! Si tratta pur sempre di uno strumento, non delle tavole della legge: se non funziona, o funziona male, si cambia.

Scrive Antonella Nappi a Rita Bramante su pace e benessere e ogm – L’articolo di Rita Bramante tralascia due problemi importanti: da molti anni conosciamo la moltiplicazione esponenziale degli abitanti della terra e solo pochi si prendono la responsabilità di dire che abbiamo bisogno di controllare il nostro numero sul pianeta, che molte strategie e investimenti, molte ricerche scientifiche delle discipline umanistiche e molto denaro, dovrebbero essere spesi per questo scopo. È questa l’innovazione che dobbiamo ormai riconoscere. Il secondo è che i produttori di OGM sono accaniti politici e distribuiscono, immagino io, laute prebende agli enti che li sostengono. Sento crescere una pubblicità che manda allo sbaraglio i bambini e non si cura della prevenzione primaria della salute: vorrei si dicesse: “Niente OGM”, alla Bocconi, se vogliamo pace e benessere. Soprattutto prevenzione primaria dalle malattie. Se ci affidiamo ai contadini capaci invece che alla grande industria, io credo favoriremmo il benessere, a giustizia sociale e la possibilità di alimentarci.

 

 



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