26 novembre 2014

libri – LA PIAZZA IMBANDITA


 

LUCIA BISI

LA PIAZZA IMBANDITA

Mercati storici lombardi tra il XVIII e il XX secolo

Skirà – Expo Milano 2015

40 illustrazioni in quadricromia

160 pp, euro 29

 

Il libro verrà presentato mercoledì 26, ore 18, a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7, Milano, relatori Marco Romano e Davide Rampello, con Marilena Poletti Pasero, a cura di Unione Lettori Italiani

libri41FBNella disgregazione dell’impero carolingio nasceranno i comuni, modesti villaggi e città appena più grandi, costituiti da cittadini giuridicamente liberi e soprattutto liberi di desiderare qualsiasi cosa possa renderli più felici.

Se i desideri sono individuali nasce un confronto tra i cittadini che nelle loro scelte mostrano pubblicamente il loro carattere e il loro status, un confronto reso possibile e alimentato dal mercato, che è poi prima di tutto uno stato d’animo che pervade la consapevolezza collettiva di una società fondata sulla sua libertà, un mercato che prenderà poi corpo in un’istituzione giuridica e in uno spazio materiale, uno spiazzo libero ai margini dell’incasato.

E qui nasce il problema: perché per essere cittadino di una città dovevi avere il possesso di una casa, base della fiscalità cittadina: ma a questi mercanti ambulanti, che pure guadagnano parecchio nello spiazzo del mercato e nelle stradine della città, come faremo a far pagare le imposte?

Le città maggiori erigeranno cerchie di mura, il cui ruolo militare era irrilevante ma che costituivano efficaci cinte daziarie, mentre nelle città minori e nei villaggi controllare lo spiazzo del mercato era spesso un problema per la permeabilità dei loro margini, fino a quando, alla fine del XII secolo, verrà inventata la piazza – fino ad allora nessuno sapeva di piazze – la piazza principale al centro dell’abitato, sede dell’assemblea che eleggeva il consiglio comunale radunato nel grande salone del palazzo municipale affacciato sulla piazza – o a Milano al suo centro – nelle città lombarde con un portico al piano terreno.

Il modello della piazza – uno spazio chiuso da case – suggerirà nelle città più grandi di promuovere l’originario spiazzo del mercato a una vera e propria piazza circondata da case, dove i mercanti erano più controllabili, ma le città minori non erano in grado di possedere una piazza di mercato stabile sicché il mercato settimanale verrà ospitato nella piazza principale, di fronte al palazzo municipale.

Ora La piazza imbandita, (Skira, 2014, 29 euro) il bel libro di Lucia Bisi che presenteremo questa sera alla sala del Grechetto, di questi mercati settimanali racconta le vicende in molte città minori della Lombardia ma anche a Milano, a Cremona, a Mantova, nel periodo dal ‘600 al ‘900.

Leggiamo nelle vicende esaminate il tentativo di recuperare controllo e dazi istituzionalizzando mercati, esistenti di fatto, in un giorno prestabilito, sotto la sorveglianza dei dazieri lì a riscuotere imposte locali ma soprattutto statali, e non abbiamo neanche difficoltà a immaginare che ambulanti e bancarelle continuassero a proliferare anche nei giorni proibiti, seppure con qualche rischio: del resto, in un ghiottissimo quadro della fine del ‘600 di un Anonimo (scoperto dall’autrice in una collezione privata e riprodotto nel testo) che ritrae il Verziere di Milano in piazza Fontana, vediamo un bricconcello scortato dai gendarmi verso il tribunale – in fondo alla via che intravediamo a sinistra, ora diventato sede dei vigili urbani – e a dominare il mercato una gigantesca carrucola.

Come in tutti i documenti del tempo, i loro estensori elencavano meticolosamente tutte le fattispecie normate, una meticolosità che fa un effetto curioso quando sappiamo dal medesimo Manzoni le loro modeste conseguenze effettive, che se tali erano per la repressione dei bravi, tali saranno state anche per la repressione delle regole del mercato.

Vero è che davvero fondamentale era il mercato dei grani – delle Erbe – perché le cittadine, appena più grandi, gestivano un granaio con una riserva, di solito frumentaria, per almeno i tre anni di eventuali carestie e dunque queste cittadine erano anche il centro di raccolta delle riserve di grano, che dovevano venire rinnovate quasi ogni settimana, rivendendo le granaglie vecchie di tre anni e comperandone di nuove a prezzi calmierati.

Così il mercato delle Erbe è in un sito privilegiato, a Milano nella corte del Broletto e a Padova guardato dal palazzo municipale, a Firenze davanti al granaio, Orsammichele, e a Edimburgo sul Grass Market, mentre nelle città minori gli vedremo riservato un settore particolare, che Lucia Bisi riesce spesso a rintracciare.

Restava il problema del mercato del bestiame, e se spesso ma non sempre era possibile relegare gli animali fuori dall’abitato: come racconta Lucia Bisi, poteva capitare scappassero dalle gabbie e sciamassero dentro la cattedrale di Cremona, e in ogni caso a Siena alle pecore era vietatissimo abbeverarsi alla fonte Gaia.

Il mercato è in Europa uno stato d’animo che coinvolge tutti i ceti sociali, e mentre i notabili di una città dell’Islam mandavano al mercato i loro servitori, il Verziere di Milano lo vediamo, nel medesimo quadro, affollato di personaggi eleganti, signori nell’abito nero della moda spagnola e vispe signore in abiti più sgargianti intente a contrattare alla pari con una pescivendola.

Il reprobo, il pescivendolo, la nobildonna e i suoi corteggiatori.

Marco Romano

 

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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