26 novembre 2014

la posta dei lettori_26.11.2014


 

Scrive Luigi Santambrogio* a Edoardo Croci proposito di M4 e giunta Formentini – Egregio Direttore, nell’articolo pubblicato nel numero 40 di mercoledì 19 novembre 2014 dal titolo “M4:tutte le ragioni per farla“, l’autore, Edoardo Croci fa una ricostruzione della storia dello sviluppo della linea4 della metropolitana milanese molto personale e in alcune parti superficiale, evasiva o non veritiera.

Sicuramente non veritiera laddove afferma che con l’amministrazione Formentini “di nuove linee non se parla più”. Nel 1996 fu proprio l’amministrazione Formentini ad avviare la progettazione della Linea 4 da Linate a Lorenteggio lungo un tracciato che è sostanzialmente quello confermato sino a oggi, salvo il nodo di San Babila. Agli inizi di quel anno, in occasione del bilancio preventivo, il Consiglio Comunale approvò una nuova voce di spesa per la progettazione preliminare della linea4 che fu subito dopo affidata ad MM spa. La linea 4 rientrava all’interno di una più ampia e articolata strategia per la mobilità, che sin dall’inizio affrontò la mobilità milanese quale nodo di un più vasto sistema di reti a partire da quelle intercontinentale/continentale, attraverso quelle nazionali fino a quelle di dimensione regionale e metropolitana.

Tale affermazione è ampiamente documentata dal programma di governo del Sindaco Formentini del 1993 e da due corposi documenti di piano e precisamente: il Piano Urbano del Traffico, approvato nel giugno del 1995 dal Consiglio Comunale e dal Piano della Mobilità approvato dalla Giunta comunale nel febbraio del 1997. Nei sopracitati documenti di piano la Linea 4, che riprendeva un tracciato ipotizzato sin dai primi anni ’70 dalla amministrazione Aniasi, svolgeva e assolve molteplici funzioni di grande importanza, che si confermano sino a oggi, sia di raccordo tra i due aeroporti di Linate e Malpensa e dell’Alta Velocità, attraverso la corrispondenza con il Passante Ferroviario e le altre tre linee metropolitane, sia di miglior servizio non solo delle zone centro/sud della Città ma anche dei corrispondenti centri urbani esterni quali Milano San Felice, Pioltello, Cesano Boscone e oltre.

Qualcuno potrebbe obiettare che l’amministrazione Formentini ritardò l’avvio della progettazione di quella linea ma prima del ’96 non sarebbe stato possibile per una serie di diverse ragioni che impegnarono i primi due anni di quella amministrazione e che possono essere principalmente ricondotte: sia alla elaborazione dei sopracitati documenti di piano, che si svolse attraverso un processo partecipato, ampio e multilivello a partire dalla scala europea per scendere sino alle realtà zonali, sia agli impegni di rifinanziamento e talvolta di progettazione di altre opere quale il passante ferroviario e i prolungamenti della linea 2 e 3 (-1 novembre 1994 prolungamento MM2 Romolo/Famagosta; -16 dicembre 1995 prolungamento MM3 Sondrio/Zara; -1997 apertura del primo tratto del Passante ferroviario Bovisa-Lancetti-Porta Venezia).

Progettazioni, finanziamenti, piani di appalti e cantieri che allo scoppiare di Tangentopoli tra il 1991 e il 1993 non solo si fermarono ma costrinsero, dal giugno del 1993, la nuova amministrazione Formentini, la prima post tangentopoli ,ad assumere un approccio comprensibilmente e radicalmente diverso. Non intendo proseguire, per lo meno in questa lettera di precisazione, nella ricostruzione delle molteplici successive ragioni che dal maggio del 1997 a oggi non hanno permesso, dopo quasi vent’anni, la realizzazione di questa infrastruttura così importante per il benessere della nostra Comunità. *Assessore mobilità e ambiente del Comune di Milano 1994-97

 

Replica Edoardo Croci
– Comprendo che l’aver liquidato nel mio articolo il ruolo della giunta Formentini a mezza riga (“Nel 1993 diventa sindaco il leghista Formentini. Di nuove linee non se ne parla più.“) possa non far piacere all’allora Assessore al traffico Santambrogio, ma confermo che le cose stanno proprio così. Chi non ricorda può rileggere i giornali dell’epoca. Formentini teorizzò l’inutilità delle grandi opere costose come le metropolitane, a favore delle “metrotranvie”. Un’impostazione “ideologica” per segnare un distacco rispetto all’epoca delle tangenti che avevano caratterizzato la costruzione della linea 3. Santambrogio evidenzia che nei piani comunali la linea 4 rimase e ne proseguì l’iter di progettazione, ma riconosce che il comportamento della giunta fu visto come causa di ritardo nell’effettiva realizzazione della nuova linea. Infatti furono i successivi sindaci, Albertini e Moratti, a impegnarsi per il reperimento dei fondi necessari all’opera.

Oggi nella giunta Pisapia qualcuno esprime posizioni di avversione alle grandi opere che somigliano a quelle del leghista Formentini. Se prevalessero si fermerebbe lo sviluppo delle politiche per la mobilità sostenibile che sono state avviate con risultati importanti e che, tra l’altro, hanno visto proprio la costruzione di nuove metropolitane come principale linea di sviluppo e l’eliminazione degli ingombranti jumbo tram dal centro.

 

Scrive Sergio Brenna a Ugo Targetti su Expo e rigenerazione metropolitana – Concordo totalmente con Targetti sulle prospettive di riuso dell’area nel dopo Expo: per quanto resa molto più accessibile dall’evento Expo, l’area rimane quanto mai inadatta all’uso prevalentemente residenziale per il suo carattere autocentrico rispetto al contesto (proprio quello che la gestione ciellina di Fondazione Fiera e Regione probabilmente pensava di utilizzare per una sorta di “feudo” fidelizzato al proprio cooperativismo in campo edilizio e dei servizi urbani). Invece sarebbe utile confermarne il carattere di eccezionalità nazionale e metropolitano – regionale nella promozione e indirizzo di attività innovative e da questo punto di vista è senz’altro necessario il duraturo incentivo pubblico in campo fiscale, facendone una sorta di “porto franco”.

Tuttavia perché questo abbia effetto nel medio-lungo periodo occorre che la proprietà gestrice dell’area non sia gravata dalle ristrettezze finanziarie in cui oggi si dibattono gli Enti locali consoci di Arexpo. Infatti, mentre Fondazione Fiera vi è entrata scendendo dall’80% di proprietà delle aree acquisite a prezzo agricolo al 27,66% di quota societaria, conferendo la rimanenza ai consoci, questi hanno acquisito le proprie quote (soprattutto Regione e Comune di Milano col 34,67% ciascuno) mediante esborso di denaro a debito e valutando le aree a un prezzo edificatorio oggi non confermato dal mercato, proprio con la diserzione dal bando di vendita.

Ciò crea un’asimmetria di comportamento dei consoci tra chi è gravato da oneri finanziari oggi difficilmente sostenibili a lungo (Regione, Comuni, Provincia) e vorrebbe estinguere rapidamente il debito con la vendita e chi (Fondazione Fiera) può attendere più agevolmente che a spingere in tal senso siano i consoci, in attesa del conseguimento di una rendita fondiaria netta.

Occorre sventare il rischio che si cerchi di scaricare questa contraddizione con un incremento di edificabilità dell’area, pur di tenere fisse le quote sociali e il ricavato totale atteso, e procedere invece ad un riassetto della compagine societaria, mediante l’ingresso di investitori capaci di reggere scelte di lungo periodo.

Altrimenti l’opportunità della rigenerazione metropolitana dell’area naufragherà sugli scogli dello spezzatino speculativo

*ordinario di urbanistica, DASTU – Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

 

Scrive Edoardo Courir a Paolo Viola a proposito del libro di Paolo Isotta – Ho letto il Suo articolo sull’autobiografia di Paolo Isotta. Condivido pienamente tutto quel che Lei ha scritto su Isotta in generale e sul suo libro. Vorrei anzi complimentarmi con Lei e ringraziarLa per aver scritto un pezzo misurato e nobile davanti a un episodio letterario (letterario?) ignobile e meschino, del resto pienamente in sintonia con il suo autore.

 

Scrive Sandro Gerbi a Paolo Viola a proposito del libro di Paolo Isotta – Caro Paolo, hai fatto benissimo a scrivere quello che hai scritto su Isotta. Io il suo libro non l’ho nemmeno aperto. Mi è bastata qualche sua intervista preparatoria per uscirne disgustato. E bada che io non sono affatto un moralista o un bacchettone. Bene anche le tue sollecitazioni a Ferruccio de Bortoli e a Muti perché prendano una posizione chiara in proposito.

 

Scrive Adriana Grippolo – Bravo Paolo Viola, grazie.



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