21 settembre 2009

MILANO URBANISTICA: LA SCOMPARSA DEL GOVERNO PUBBLICO


Due avvenimenti recenti proiettano il dibattito sul governo della città in una prospettiva del tutto nuova. Dovrebbe essere più difficile per tutti far finta di non capire, perché lo scenario davanti ai nostri occhi è finalmente quello reale, ora che finalmente le nebbie si sono diradate. Interesse pubblico? Perequazione? Sinergia tra pubblico e privato? Non scherziamo per favore!

16 luglio. Presentazione della richiesta di fallimento per la società Risanamento. Non ad opera dei creditori, ma da parte dei pubblici ministeri.

16 settembre. Richiesta di commissariamento del comune di Milano inoltrata alla provincia da parte del gruppo Ligresti.

Il governo pubblico della città non c’è più. Comunque non abita nella casa comunale.

Sulla vicenda di Risanamento resta solo dire che si tratta della più evidente combinazione di impunito saccheggio di risorse, di sfrontata valorizzazione speculativa, di manifesto conflitto di interessi in un settore delicato come quello del credito. Solo le istituzioni non se ne erano accorte.

La richiesta di commissariamento del comune è un salto di qualità notevole nel processo di privatizzazione della città.

Il segnale che viene da Ligresti è un segnale forte, che va preso sul serio. Va ben oltre la solita manfrina dei promotori immobiliari che, secondo le convenienze, seducono e ricattano sindaci e assessori: è una vera e propria richiesta di arbitrato istituzionale. Ligresti sceglie la strada del lodo e decide anche l’arbitro.

“Quelle aree sono nostre, i diritti edificatori sono già nel portafoglio. Le buone maniere, il gioco delle parti, le trattative, le contropartite, la perequazione, le compensazioni, l’equilibrio ambientale? Sono un’altra storia, riguardano altri territori. Le vecchie promesse non si discutono. Quelle nuove … le faremo diventare vecchie.” Pare di sentirlo l’uomo di Paternò mentre spiega ai suoi come si fa.

Il governo pubblico stava cercando un modo onorevole per uscire di scena: le aree strategiche sono tutte in mano ai privati, che si mettano d’accordo tra loro, che facciano tutti gli affari che credono, loro e le loro banche, ma almeno che rispettino il ruolo del comune, che ci lascino almeno dire che il disegno complessivo lo abbiamo fatto noi! Niente da fare. Rien ne va plus.

Dunque, da una parte abbiamo l’attività della magistratura, e le sue indagini su Zunino, Grossi, ecc., dall’altra abbiamo il capofila degli immobiliaristi milanesi che prova a fare tutto da solo. Tanto se dovrà vedersela con la magistratura, non cambia nulla. Zunino e Gossi andavano d’amore e d’accordo con le istituzioni, ma la magistratura ci ha messo le mani comunque.

Il ciclo immobiliare dell’ultimo decennio è finito, ma gli interessi legati a quel ciclo sono ancora tutti in campo, i rapporti col credito più stretti di prima, le possibilità di ridare aria alla bolla ormai sgonfia tutt’altro che svanite.

Le reazioni politiche nella circostanza non colgono la sostanza del problema. Ci sarebbe bisogno di una reazione forte e incisiva, che non c’è e probabilmente non ci sarà. E non sembra nemmeno condivisibile l’atteggiamento di chi chiede al sindaco Moratti di tenere duro. Su che cosa? Ma davvero il piano Masseroli, quel piano su cui sono piovute valanghe di critiche, è diventato l’ultima frontiera dell’interesse pubblico? Non è condivisibile quest’atteggiamento e forse non ha nemmeno molto senso di fronte alla richiesta di commissariamento.

La città e il suo suolo, sono ormai terra di conquista. Eliminiamo tutti i fastidiosi paraventi e le inutili ipocrisie. Dovremmo ringraziare Salvatore Ligresti. Questo si chiama parlar chiaro!

Parliamo sempre di sviluppo e stiamo proprio rinunciando allo sviluppo: è la speculazione immobiliare (non confondiamola con la speculazione edilizia degli anni sessanta) che blocca la crescita della città drenando tutte le risorse, economiche, finanziarie, ideative e progettuali. Risorse che altrimenti potrebbero essere indirizzate verso altre attività, più utili alla collettività. La vicenda dell’INNSE non è ancora conclusa ma è già in grado di insegnarci qualcosa. Il fondo Aedes, proprietario dell’area, ha perso in borsa dalla crisi a oggi il 90% di capitalizzazione ed è praticamente fallito. Non diversamente hanno fatto Pirelli R.E., Risanamento e altri colossi del settore.

Se è oggi possibile salvare l’INNSE qualcosa si sarebbe potuto fare per tutta l’area, quando del resto la situazione per l’industria era forse meno difficile di oggi. Impariamo almeno la lezione.

Se l’investimento immobiliare, o meglio la valorizzazione immobiliare, grazie alle politiche pubbliche, rimane così competitivo rispetto ad altri tipi di impresa il destino di Milano non può essere che un inarrestabile declino. In effetti, la città si sta consumando in un degradante processo di auto cannibalizzazione, dove si producono valori che evaporano all’atto stesso della produzione.

Se l’opposizione cittadina e metropolitana non è in grado, o si rifiuta, di parlare di queste cose non si capisce su che cosa può pretendere di costruire un’alternativa per Milano. Pensate che basteranno un po’ di equilibrismo istituzionale, un po’ di “ragionevolezza” urbanistica, un po’ di traccheggiamento tra le diverse anime del centrodestra milanese?

Se si rifiuta, per scelta o per incapacità, di elaborare un diverso quadro di riferimento, comprensibile alla comunità milanese, saremo sempre più marginali, perché la nostra offerta politica è già tutta presente nell’offerta o nella polemica politica interna al centrodestra. Del resto, una semplice domanda, qual è la nostra politica territoriale? Un po’ di più … un po’ di meno … un po’ fuori dal Parco Sud … un po’ di alberi qui e là …? I boschi verticali? Un inceneritore ma non diciamo dove? A Milano stanno emergendo malesseri e inquietudini reali, che richiedono politiche vere.

Perché non facciamo lo sforzo, visto che siamo a Milano, la capitale economica, di fondere insieme il linguaggio dell’urbanistica e quello dell’economia? L’urbanistica milanese può parlare il linguaggio dell’economia non per urbanizzare di più, ma per urbanizzare di meno.

In Spagna, dove la finanziarizzazione immobiliare è stata devastante, si parla di ridurre il peso del settore immobiliare, arrivato quasi al 20% del PIL. In Germania e in Francia, negli ultimi anni il PIL nazionale è stato ristrutturato a beneficio delle attività industriali e a scapito delle costruzioni. In Italia stiamo facendo come la Spagna prima della crisi. Cioè stiamo facendo gli errori dai quali quel paese sta cercando di riprendersi. La disoccupazione crescente è uno degli esiti di quegli errori.

Dall’avvio dell’ultimo ciclo immobiliare il centrosinistra ha perso un sacco di comuni, come se si fosse innescato un vero e proprio effetto domino, le eccezioni sono appunto … eccezioni. Non lo abbiamo visto, questo ciclo, non abbiamo saputo governarlo, in realtà lo abbiamo cavalcato. Abbiamo gareggiato in furbizia con la destra. Ma nemmeno la crisi ci ha detto bene, ovviamente. E di questo passo non trarremo vantaggi nemmeno dalla fuoriuscita dalla crisi, se sarà all’insegna del cubo e del mattone.

Staremo a vedere. Oggi ci limitiamo ad assistere alla scomparsa del governo pubblico della città. Anche su moschea, zingari e altro c’è richiesta il lodo. Questa volta l’arbitro è il Prefetto, che tanto non deve essere rieletto.

Ci sarebbe da dire molto di più, ma c’è voglia di ascoltare, di discutere e soprattutto di fare?

Mario De Gaspari



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